Canyoning Sa Giuntura - Gorropu

Dopo aver nuotato tra gli avvincenti laghetti del rio Flumineddu, percorrendo un acquatrek di 6,4Km., arriviamo a Sa Giuntura quasi al calar del sole. Ci troviamo nel punto di confluenza tra il rio Flumineddu, il rio Orbisi ed il rio Titione innanzi ad uno spettacolare anfiteatro calcareo modellato dall’acqua che in passato giungeva copiosa in questa vallata. Scegliamo di accamparci un centinaio di metri più a nord, in uno slargo pianeggiante disseminato da bianchissimi ciottoli intervallati da granelli di sabbia. L’area risulta delimitata ad est da una ripida parete calcarea, a nord dal fiume che s’incanala verso la gola di Gorropu e ad ovest da colline che si elevano dolcemente verso alture più importanti. Dopo esserci spogliati di muta e scarpe inzuppate d’acqua, sfruttiamo le poche ore di luce rimaste catalizzando i ritempranti raggi del tramonto sdraiandoci al sole come lucertoline. Poi ricerchiamo qualche spiazzo sabbioso ove poter creare un giaciglio per la notte. Scegliamo di stare più o meno tutti vicini, eccetto Giorgio A., Nicola, Adriano Ur. e Riccardo che trovano riparo qualche decina di metri da noi alla base di alcuni grossi massi.

Ognuno si adopera nel modo più opportuno per creare la miglior sistemazione. Vittorio s’ingegna disponendo un telone su una corda tesa tra due spezzoni di tronco, creando una tenda dentro la quale stende il proprio sacco a pelo. Invece Francesco B., per cautelarsi dal levarsi del vento, edifica intorno al sacco a pelo un muretto di pietre. Anch’io, essendo accanto a Francesco, prendo spunto dalla sua opera ed accatasto una lunga fila di pietre per riparare il mio giaciglio dal vento. Poi sistemo un telo termico sopra il sacco a pelo e lo copro con un telone. A qualche passo da me ci sono Cristina, Carlo, Giorgio C., Giovanna ed Alberto che stanno ultimando di preparare la propria postazione per la notte. Ma ecco Adriano, con l’energia che lo contraddistingue, chiamar all’adunata per reclutare i compagni ed assegnargli il compito di far legna per il fuoco. L’ entusiasmo fa superare ogni fatica! All’appello ci presentiamo tutti ben volentieri facendo un passo avanti come volontari. Quindi, ci sparpagliamo simultaneamente nella piana e cominciamo a portare rami e tronchetti vicino al fuoco; inoltre adagiamo qualche tronco più grosso tra alcuni basamenti fatti accatastando qualche pietra, per creare delle panche ove sederci.

Ben presto ci ritroviamo tutti intorno al fuoco di bivacco a far discorsi tra il serio ed il faceto e cucinar qualcosa da mangiare. Alcuni col fornellino preparano un po di riso, altri riscaldano minestre, altri ancora offrono pane, formaggio e salumi. L’importante è condividere ogni cosa, non soltanto cibo, ma anche le emozioni che attimo dopo attimo assaporiamo. Questa comunione crea e rafforza le amicizie, invita al dialogo ed armonizza il gruppo fatto di tante persone, ciascuna col proprio modo di pensare e specifico carattere. Il piacere d’esser riuniti, seduti in cerchio attorno al fuoco, offre inequivocabilmente l’opportunità di conoscersi meglio. Ogni presenza non passa inosservata, anzi è ricercata! perché costituisce un tassello con proprio peso ed importanza. Tutto ciò va in netta contrapposizione alla tipologia di vita che nel quotidiano tende a fossilizzarci dietro lo schermo di un computer, o ipnotizzarci nel display d’un cellulare, con la falsa idea di restare connessi col mondo e l’utopica convinzione d’un perpetuo contatto con gli amici, mascherando la reale morte del rapporto umano.

Ma, alla fine, dov’è la libertà? Si riesce ancora a far scelte consapevoli, o si segue la scia della massa legati a catene invisibili? Invece qui a Sa Giuntura, in questo luogo magico, la notte è finalmente entrata col suo scintillante mantello stellato …e tu, nella quiete che avvolge la natura, cominci a percepire la melodia del silenzio …mentre focalizzi il chiaror della fiamma, la parete calcarea risplende diffondendo su ogni cosa i suoi caldi riflessi …la tua mente si assopisce e per qualche indefinibile istante il tuo spirito si ridesta, dissociandosi da ogni discorso, senza più assorbire alcun pensiero …e, come un semplice osservatore, il tuo sguardo vaga in questa pacifica atmosfera ritrovando, tra gli amici, anche te stesso. Tra qualche ora riprenderemo il trekking ed i nostri corpi stanchi chiedono venia. Quindi, pian piano ci scostiamo dal fuoco per andare a riposare. La notte trascorre con tranquillità ed è bellissimo ogni tanto poter aprire gli occhi e scrutare le stelle.

Ci risvegliamo al mattino carichi di energia, con l’entusiasmo d’esplorare nuovi luoghi e saggiar nuove esperienze. Lasciato il campo, riprendiamo a percorrere il letto del fiume per 300m. verso nord raggiungendo una piscina. Qui la roccia è parzialmente ferrata, ma lo stato attuale degli armi è molto precario: alcuni chiodi hanno ceduto ed il cavo d’acciaio è tranciato in diversi spezzoni che penzolano verso l’acqua. Preferiamo quindi risalire il versante di qualche metro ed ancorare le nostre corde a solidi tronchi in modo da poterle calare su un lembo di roccia piana che prelude il laghetto. Ci accorgiamo che la corda striscia su uno spuntone. Decidiamo quindi di utilizzare un tronchetto in legno da sistemare prima del punto critico, in modo tale che il nuovo angolo generato eviti lo sfregamento. E’ opportuno, quindi, che ciascuno osservi attenzione nell’oltrepassare e risistemare tale accorgimento prima di calarsi. Per tale motivo Giorgio C. offre la sua assistenza a tutti i compagni restando allongiato in prossimità del punto. Il salto non è particolarmente alto e verte su una scarpata che consente di scendere poggiando costantemente i piedi alla parete.

Raggiunto il suolo, ci spostiamo dalla verticale verso la riva e riprendiamo il percorso passando accanto ad alcuni grossi macigni apparentemente in bilico. Dopo qualche passo dobbiamo risalire qualche metro sul versante alla nostra sinistra, in quanto il nuovo scenario contempla il superamento di pozze d’acqua e grosse rocce particolarmente intricate da oltrepassare. Il percorso termina con una calata in corda su un’area rocciosa che precede un lago inglobato in una struttura rocciosa che lo racchiude a cupola. Le soluzioni che si presentano sono due: la prima è quella di attraversare il lago a nuoto e traghettare gli zaini sui canotti; la seconda è quella di arrampicarci sulle rocce, transitando al traverso con l’ausilio di un preesistente cavo in acciaio, fino a raggiungere una piattaforma sulla sponda opposta. L’acqua della piscina pare sufficientemente alta per concederci un tuffo. L’idea è alettante, tant’è che io e Cristina stiamo già pesando di indossare la muta e farci una nuotata.

Peccato che alcuni compagni non se la sentano di fare il cambio d’abito e provare l’ebrezza di immergersi nell’acqua frescolina! Quindi, dopo aver sondato l’affidabilità del cavo preesistente, si sceglie democraticamente la seconda opzione. Francesco, Giorgio e Vittorio organizzano una teleferica per passare uno zaino dopo l’altro fino all’altra sponda. Tale trasbordo, nonostante l’utilizzo di un paranco, è particolarmente faticoso; pertanto con i ragazzi ci alterniamo in tutte le operazioni di carico e scarico. Nel frattempo cominciamo uno per volta ad arrampicarci. Il passaggio concede pochi appigli per poggiare i piedi pertanto, dopo esserci allongiati, tendiamo il cavo verso il nostro petto e cerchiamo il giusto equilibrio per avanzare puntando i piedi sulla parete. L’ultimo tratto richiede un maggior sforzo di braccia in quanto prevede il passaggio delle longe oltre un chiodo in un punto della parete in cui i piedi non trovano più alcun appiglio, se non quello d’esser puntati il più in alto possibile. Quindi l’azione da perseguire dovrà essere precisa, rapida e di forza in modo da avvicinarsi il più possibile alla base rocciosa già presieduta da Giorgio e Vittorio che potranno fornire un’eventuale assistenza. 

Tale luogo è anche il medesimo in cui i ragazzi stanno ricevendo i bagagli dalla teleferica. Anch’io, dopo aver traversato fino all’altra sponda, raggiungo i ragazzi che sostano in un angusto spazio che strapiomba sul greto del torrente. Poi, percorro un breve traverso ferrato che risale la roccia e termina con una calata in corda. Raggiunto il suolo, mi adopero subito per far sicura ai compagni che mi seguono. Ed ecco che finalmente compare un po di sole che ci invita a levar la felpa ed indossare la maglietta C.I.S.S.A. Il letto del fiume nei prossimi 200m. presenta un susseguirsi di salti e spaccature. Decidiamo di costeggiarlo risalendo il versante alla nostra destra ed avanzando tra scarpata e sottobosco fino ad identificare un percorso migliore. Si evince che tale sentiero è stato seguito anche da altri escursionisti per i diversi omini in pietra disposti lungo la via. Raggiungiamo quindi un piccolo terrazzino sterrato che dal limite del bosco volge su un salto di circa 30-35m. Per poterci calare in doppia uniamo due corde con un nodo galleggiante e le assicuriamo ad alcuni alberi.

Raggiunto il suolo, do il cambio a Riccardo che mi faceva sicura, per farla a mia volta ai prossimi compagni. Quaggiù la visibilità è difficoltosa quasi come quando si sta senza occhiali sulla neve, in quanto il sole illuminando le pareti e tutte le rocce calcare intorno a me rende tutto d’un bianco accecante. Riprendiamo il percorso tra i tornanti del greto scavalcando massi ed evitando alcune pozze d’acqua, fino a trovare un angolo fresco all’ombra di una grande struttura rocciosa. Decidiamo di sostare qui per mangiar qualcosa e rilassarci un poco. Poi riprendiamo il cammino ed entriamo nel canyon di Gorropu. La morfologia dell’ambiente diventa ancor più selvaggia: il percorso s’incanala in una gola sempre più stretta, a tratti ampia solo pochi metri, e le pareti svettano a campanile fino a toccare il cielo. Il gioco dei massi calcarei diventa ancor più tortuoso fino a generare confusi passaggi che affrontiamo ad ogni passo sia arrampicandoci per scavalcarli dall’alto, che in scivolata su rocce levigate, o passando sotto grossi macigni. Ecco perché questo tratto è conosciuto come “caos”!

In mezzo a tal spettacolare altalenarsi si transita accanto ad una grotta dove sostiamo per trovar un po di refrigerio. Dalla soglia ci si addentra per qualche metro in piano fino a trovare l’oscurità. All’ombra del sotto roccia possiamo ammirare le pareti fronte a noi e quelle che in parte contornano il corso del fiume. Poi riprendiamo il percorso discendendo alcuni massi fino a raggiungere un’area pianeggiante. Quì il rotolar dei macigni ci concede tregua per accogliere una spiaggia di ciottoli. Ricompattato il gruppo, riprendiamo  la  via transitando su portali ornati da fantasiosi fregi generati dall’erosione dell’acqua e del vento, per poi valicar nuovi ambienti circoscritti da ciclopici bastioni. Il contemplare tanta maestosità gratifica la vista e ridimensiona l’uomo, impotente innanzi alle forze della natura. Dopo aver percorso 1,60Km. da Sa Giuntura, siam giunti all’uscita della gola che termina obbligatoriamente nel chioschetto della biglietteria. Infatti per poter uscire (o entrare), è richiesto un pedaggio. Da questo punto, per raggiungere le auto, dobbiamo percorrere ancora 5,8Km. di sterrato. Il percorso risale per un tratto il versante della montagna, poi prosegue costeggiando il rio Flumineddu.

Gran parte del sentiero si percorre sotto il sole ma, fortunatamente, son presenti alcune sorgenti d’acqua dolce che godono d’una rigogliosa vegetazione. Non riusciamo a camminar tutti vicino perché, causa stanchezza, ognuno preferisce seguire il proprio ritmo. Sovente capita di rallentare per aspettarci e ricompattare il gruppo. Ma, ad un certo punto, dalle remote retrovie arriva Alberto che, superando tutto il gruppo, con passo da bersagliere intende dettar un’andatura molto più allegra. Contestualmente, come se in corpo ci fosse ancor tanto fiato, Alberto comincia ad intonar alcune canzoni patriottiche, per proseguir con quelle scout …che fai? lo lasci solo? …e tutti insieme ci uniamo a lui in un sol coro! Cerchiamo di tenere il passo per quanto possiamo, ma il buon camminatore è ben determinato e sarà seguito infine solo da un piccolo drappello armato di buona volontà e gambe veloci. Finalmente raggiungiamo il parcheggio e, come un miraggio, ci appare un bar dove servono boccali di freschissima birra. Poi, mentre alcuni compagni vanno a recuperare le auto lasciate ieri vicino alla “Grande U”, altri (me compreso), cominciano a rientrare al camping di Cala Gonone.

Dopo un’attesa e rigenerante doccia calda proseguiamo la serata in una pizzeria. Durante la cena si chiacchiera e si scherza, fin quando Alberto e Giovanna catturano la nostra attenzione condividendo con noi alcuni aneddoti dei loro viaggi. Mentre con la memoria rivivono il simpatico frangente che li ha fatti conoscere, i loro sguardi s’incrociano in un sorriso. Ed ecco entrar i camerieri con vassoi di calici e qualche bottiglia d’ottimo spumante italiano: con lieta sorpresa, oggi ci ritroviamo a festeggiare l’anniversario della nostra coppia di amici. La nottata si conclude in un pub sul lungomare dove, mentre sorseggiamo un dissetante cocktail, Francesco e Vittorio sfidano alcuni giovani del posto a biliardino utilizzando le migliori strategie assimilate in anni ed anni di gioco (il risultato ovviamente è scontato!). Concludiamo la magnifica esperienza cominciata sabato 22 aprile, con rientro a casa nella mattina di oggi martedì 25 aprile.