Su Sterrigeddu (settembre 2018)

Il nostro gruppo speleo C.I.S.S.A. di Iglesias, in collaborazione con lo Speleo Club Oristanese, il Gruppo Grotte Ogliastra e la supervisione del vulcanologo Prof. Antonio Assorgia, di concerto con la comunità di Baunei rappresentata dal sindaco Salvatore Corrias, ha programmato per i giorni 29 e 30 settembre 2018 l'esplorazione della voragine Nurra de Genn'e Sarmentu, nota agli speleologi come Golghetto e più conosciuta a Baunei come “Su Sterrigeddu” (diminutivo utilizzato per distinguerla da quella più profonda di Su Sterru). Il nome del sito tradotto dal sardo significa “voragine della porta della vite selvatica”; ma se il termine “Sarmentu” viene inteso come “S'Armentu”, la traduzione cambia in “voragine della porta del gregge (o del bestiame)”. Alle 7:00 di sabato 29 ci incontriamo presso la nostra sede in loc. Ceramica ad Iglesias, per caricare sulle auto l'occorrente per la missione e partire per Baunei. Oltre me sono presenti Francesco Ballocco, Vittorio Chessa, Walter Simeone, Guido Targhetta, Adriano Urracci e Tore Medda.

Il nostro presidente C.I.S.S.A. Francesco Ballocco in un messaggio pubblico dichiara: “Oggi riprendiamo le ricerche, i campionamenti, la documentazione video e fotografica della voragine “sorella” del Golgo. Abbiamo preparato 700 metri di corde, moschettoni, cordini, trapani, tasselli, anelli, placchette e tanti altri sacchi. Non è Su Sterru, certo, ma rimane comunque quella sensazione ...quella che viene quando ci si prepara a qualcosa di grande!” Giungiamo a Baunei intorno alle 10:00 e ci rechiamo all'Infopoint dove abbiamo appuntamento con il prof. Antonio Assorgia ed i ragazzi degli altri gruppi speleo (Tore Buschettu, Cinzia Mulas e Gianni De Falco). Poi, tutti insieme ci avviamo sull'Altopiano del Golgo e raggiungiamo il Rifugio della Cooperativa Goloritzè, scelto come base logistica in quanto dista solo un centinaio di metri dalla voragine. Quindi, indossati tuta ed imbrago, cominciamo a trasportare corde ed attrezzatura al Golghetto. Lasciate le auto al Rifugio, transitiamo in un area dove son stati fedelmente riprodotti alcuni cuili e risaliamo un alto costone roccioso tramite un' originale scala (Su Scalone), magistralmente creata con rami di ginepro.

Poi, varcato un cancelletto, procediamo in piano per una trentina di metri fino ad affacciarci su uno strapiombo che volge alla vallata solcata dal Baccu Dolcolce (poco più avanti il torrente confluirà nella Codula Sisine, sfociando 11km. più a nord nella rinomata cala). Discendiamo l'alto bastione tramite un'altra spettacolare scala in ginepro disposta accanto ad una maestosa roccia chiamata “Faccia Litica”. Il tempo, nel sublime connubio tra l'opera erosiva del vento e l'artistico stillicidio della pioggia, ha scolpito questa maschera basaltica donandole sembianze antropomorfe. Camminando a fianco del prof. Assorgia si crea una preziosa occasione per soffermarci qualche istante ed avanzar qualche supposizione: probabilmente, in epoche remote, il grande incavo che unisce internamente lo spazio tra gli occhi di tale statua fungeva da riparo per pellegrini, o pastori erranti. Ripresa la via, discendiamo un sentiero che s'inoltra nel boschetto di lecci dov'è custodito il Golghetto. La voragine compare quasi all'improvviso, protetta da una staccionata in legno ormai divelta e pericolante.

Sul luogo si avverte una magica atmosfera che, seppur inconsciamente, ci conduce a contemplare pensieri che sconfinano tra realtà e leggenda, luce e tenebra, riti sacri e misticismo. Sarà forse frutto della fantasia che preludia la nostra missione, o più semplicemente mera curiosità, ma ci sentiamo immediatamente rapiti dall'arcano baratro e, per un indefinibile attimo, ci raccogliamo attorno ad esso in un reverenziale silenzio. Un istante dopo siam già attivati in modalità operativa, disponendo le corde per allongiarci, mettere in sicura l'area ed armare il pozzo. Durante le operazioni ci raggiunge il prof. Assorgia e ci spiega che quel torrente, fluendo ormai a carattere alluvionale una decina di metri più in basso, un tempo era un fiume che scorreva su un livello più alto e lambiva la voragine che, fungendo da inghiottitoio, defluiva l'acqua nel suo ventre. Per dimostrare tale ipotesi sarebbe auspicabile trovare in fondo al pozzo delle pietre bianche e affusolate, contornate dalla sabbia di fiume. Il terreno che sovrasta il sito risulta in forte pendenza ed alquanto franoso, disseminato da pietre e rami spezzati precariamente assestati.

Dopo aver tratto le dovute considerazioni, decidiamo di lasciare ogni cosa nel suo statico equilibrio, in quanto se provassimo a mettere in sicurezza tale pendio rischieremo di far precipitare all'interno del pozzo zolle di terra e pietre, precludendo la missione e, comunque, un siffatto lavoro esulerebbe dal compito per cui siam giunti. La voragine è stata rilevata per la prima volta nel 1981 da Autelitano A. e Simola M. dell' A.S.I. (Associazione Speleologica Iglesiente). Grazie al loro rilievo sappiamo di dover affrontare una calata verticale di circa 120m., per poi proseguire su una discenderia seguita da un'altra calata, fino a raggiungere una profondità complessiva di circa 135m. L'esplorazione è prevista domani mattina, 30 settembre 2018, con la discesa di quattro coppie di speleologi assistita da una squadra esterna di nove compagni del CISSA. Pertanto, il lavoro odierno verte principalmente nell'organizzare gli armi prevedendo due distinte corde di calata. Studiando il terreno appuriamo che i primi metri di scarpata che orlano il precipizio sono costituiti da pietre che s'incastonano su un terriccio friabile e fangoso.

Per evitare di calarci con i piedi puntati in parete e causare accidentali frane, decidiamo di preparare un sistema di carrucole che possa deviare la nostra discesa verso il centro del pozzo. Il privilegio d'armeggiare per primo è concesso ad Adriano Urracci che, assistito da tutto il gruppo, dovrà calarsi qualche metro e convogliare una corda su un solido tronco d' albero che sporge oltre il bordo, in modo da predisporre una deviazione sulla quale alloggiare una coppia di carrucole. Nel frattempo Walter, dal bordo del pozzo, documenta ogni fase operativa con la videocamera. A compito concluso, Adriano risale e si calano Francesco B. e Vittorio C. per controllare lo stato dei vecchi armi, prepararne nuovi e studiare opportuni frazionamenti. Bisogna considerare che negli ultimi trent'anni diversi gruppi speleo si son cimentati ad esplorare il Golghetto (l'ultima discesa del CISSA è datata 24 aprile 2000); ma quando dal pozzo risalgono i due compagni, seppur i loro volti tentino invano di celare un' emozione, ascoltiamo sorpresi alcuni loro commenti: ”mai come questa volta Su Sterriggeddu ha voluto regalare qualcosa di nuovo, incredibilmente mai osservato, qualcosa sfuggito allo sguardo ...chissà, forse aspettava proprio un occasione speciale per concedere i suoi segreti più remoti”.

Dopo alcuni attimi di riflessione riprendiamo i lavori e ci caliamo io ed Adriano col compito di prelevare alcuni campioni di roccia nell'area di congiunzione tra calcare e basalto e sistemare una coppia di scalette al primo frazionamento. Soddisfatti per il compiti svolti, concludiamo i lavori intorno alle 16:30. Rientrati al Rifugio abbiamo giusto il tempo per montare il campo e farci una doccia; poi, prendiamo le auto e ci rechiamo all'Infopoint di Baunei per partecipare alla conferenza dal titolo: “Esplorazione della Voragine di Genna Sarmentu”. All'appuntamento ci raggiungono Graziella Pic, Annalisa Murgia, Annalisa Collu e Giorgio Caddeo. Apre la conferenza Tore Buschettu (presidente dalla Federazione Speleologica Sarda) che, dopo aver dato il benvenuto ai partecipanti, cede la parola al sindaco di Baunei dott. Salvatore Corrias.

Il sindaco ringrazia i gruppi speleo per la missione che si preparano ad assolvere, i cui risultatiserviranno a completare il quadro speleogenetico e idrogeologico che si sviluppa sotto la copertura basaltica dell'altopiano di Golgo. Segue l'intervento di Cinzia Mulas (Gruppo Grotte Ogliastra), che, con l'ausilio di alcune foto proiettate su uno schermo, relaziona sulla fauna ipogea presente nella cavità di Dodovorgia. Quindi è la volta del prof. Assorgia che espone la sua tesi sulle origini del Golgo ed esorta gli speleologi a fornire una ricca documentazione fotografica del Golghetto, nonchè a raccogliere qualche campione di flora e fauna da analizzare. Infine, Tore B. cede la parola a Francesco Ballocco. Il presidente del C.I.S.S.A. ribadisce l'importanza scientifica dell'esplorazione che, oltre ad interessare indagini geologiche e ricerche bio-speleologiche, si prefigge di rimisurare la profondità della voragine e verificare se, dopo trent'anni dalle ultime ricerche faunistiche documentate dal Gruppo Speleologico Sassarese, è intervenuta qualche novità (così come rilevato dal CISSA la scorsa primavera anche a Su Sterru).

Dopo un breve rinfresco, durante il quale ci soffermiamo col prof. Assorgia per chiedergli alcune delucidazioni, rientriamo al rifugio per la cena. La sala ristorante ospita tanti gruppi di escursionisti, alcuni giunti appositamente per percorrere il sentiero del Selvaggio Blu guidati da Antonio Cabras (guida della Coop. Goloritzè). La nostra tavolata è apparecchiata per 17 coperti ed attende solo d'esser conquistata. Il menù comprende antipasti di terra, ravioli di patate, insalata e porchettone arrosto, il tutto accompagnato da brocche di vino della casa. Al termine della cena omaggiamo l'amico Antonio Cabras d'una gigantografia dell'esplorazione alla Voragine di Golgo dello scorso anno, con firma autografa dei sei speleologi che si son calati a 286m. di profondità. La commozione di Antonio contagia tutti, tant'è che vengono a complimentarsi e festeggiare anche i commensali degli altri tavoli. Da questo momento la serata prende un'altra svolta; infatti Antonio fa portare in tavola mirto, abbardente e limoncello ed ogni scusa è lecita per un brindisi. A mezzanotte inoltrata lasciamo il ristorante per accomodarci all'interno di un cuile.

Tra una battuta scherzosa e una risata, una bevuta e qualche chiacchiera, ci ritiriamo per la notte verso le tre del mattino. Nella tenda dove sono ospitato ci sono anche Francesco B., Alberto e Tore M. Il nostro presidente quasi non fa in tempo a sdraiarsi che prende subito sonno, andando ad occupare lo spazio per tre persone! Allora, senza svegliarlo, adottiamo un sistema di scivolamento materassini, sospingendolo delicatamente fino ad offrirgli un miglior giaciglio. Gli svariati suoni cacofonici che risuonano sia fuori che dentro la tenda c'inducono a tenere ancora gli occhi aperti; buona occasione per ascoltare qualche barzelletta raccontata sommessamente dalla soave voce di Tore. La mattina ci svegliamo verso le 7:00. Esternamente le tende son completamente fradicie dall'umidità. Fortunatamente abbiam sistemato gli scarponi sotto il copri tenda. La giornata si prospetta soleggiata con un bel cielo azzurro. Alle 8:00 ci ritroviamo tutti nel salone del Rifugio per un'abbondante colazione con pane fresco, cornetti caldi, miele e ricotta, caffè, latte e tè. Poi, indossati tuta ed imbrago, ci avviamo verso il Golghetto.

Nel sentiero che conduce alla voragine incrociamo una troupe di Videolina con la giornalista Daniela Usai che durante la giornata intervisterà Francesco Ballocco, Tore Buschettu, Vittorio Chessa, prof. Assorgia e Walter Simeone. Giunti sul posto ci mettiamo subito all'opera. Betty P. ed Alberto M. delimitiamo l'area con una corda, in modo che eventuali spettatori transitino fuori dal perimetro operativo. Mentre io, Tore M., Adriano, Guido, Francesco B. e Vittorio C. ultimiamo le operazioni per l'imminente missione. A documentare ogni fase, con fotocamera e videocamera, ci pensano Graziella Pic e Walter S. Alle 10:30 si cala la prima squadra composta da Vittorio C. e Francesco B. che, munita di radio per comunicare con l'esterno, ha diversi compiti tra i quali quello di realizzare filmati tridimensionali e foto d'ambiente, effettuare macrofotografie della fauna e flora cavernicola, rilevare le temperature nelle diverse aree e registrare le profondità dei vari strati di roccia basaltica e calcarea. A circa 80m. di profondità, i due ragazzi comunicano di aver rilevato delle ammoniti di 10 cm. di diametro. Si tratta di molluschi cefalopodi (fossili di animali marini muniti di conchiglia a forma di spirale), estinti circa 65milioni di anni fa. La loro presenza potrebbe costituire un buon riferimento per la datazione delle rocce.

Durante le operazioni sopraggiunge il Sindaco di Baunei che rilascia anche un messaggio pubblico dal titolo Cuore di Tenebra:"Stamane, di buonora, gli speleologi del CISSA di Iglesias, del Gruppo Speleo di Oristano e dell'Ogliastra, sono scesi nella voragine Genn'e Sarmentu. Hanno riacceso le lampade nel cuore nero di Golgo, sotto il bianco Supramonte. Noi, nel ringraziarli, certi della loro attenzione scientifica, attendiamo che ci raccontino cosa c'è in fondo al cuore". Alle 11:35 si cala la seconda squadra composta da Cinzia Mulas e Gianni De Falco col compito di effettuare indagini geologiche e classificare anch'essa fauna e flora ipogea. Ogni dettaglio delle operazioni è meticolosamente registrato in un apposito modulo, con orari, turni di calata e comunicazioni da fondo pozzo, a cura di Annalisa Collu. Alle 12:45 si calano Francesco Manca e Adriano Urracci col compito di registrare la luminosità della grotta ogni 25 m. utilizzando il luxmetro e misurare con una sagola graduata la profondità del pozzo principale.

Durante la calata cerchiamo di tenere una velocità costante e quando sostiamo per i rilievi ne approfittiamo per spruzzare acqua sul discensore in modo da dissiparne il calore. La voragine ha un diametro medio di 4,50m. e le pareti, inizialmente lisce, presentano alcune lunghe scanalature rilevabili oltre i 70m. Giungiamo in fondo al pozzo in circa 25min. trovando ad attenderci Francesco B. che comunica alla squadra esterna l'effettiva profondità raggiunta. Rispetto al precedente rilievo cartaceo riportante 120m. di profondità, oggi appuriamo che tutto ciò che è precipitato dall'esterno (pietre, terra, tronchi, etc.) ha sollevato il fondo di 3m.; pertanto la nuova profondità rilevata è 117m. Il calpestio dove ci troviamo è costituito da cumuli di pietre che franano lungo un piano fortemente inclinato. Adiacente al pozzo si trova un'ampia sala che, dopo circa 13m. d'instabile pietraia, precipita di netto su un piano inferiore.

Alle 13:40 Tore Medda, da base pozzo, comunica via radio che l' ultima squadra formata da Guido Targhetta e Tore Buschettu si accinge a calarsi. Tale avvertimento è necessario per  consentirci di metterci al riparo dalla caduta di eventuali pietre che precipitando da una notevole altezza, giungerebbero a terra come proiettili. Quindi ci spostiamo dalla verticale del pozzo e, ponendoci quasi a carponi, entriamo nella sala attigua sistemandoci sul lato destro ove è presente una breve nicchia. Sulla parete fronte a noi, Francesco e Vittorio hanno disposto un corrimano dove ci dovremo allongiare per raggiungere il frazionamento che precede il salto di 9 metri. Anche su questo lato è presente una nicchia ove potersi riparare dalle franate, ma risulta più esposta rispetto a quella dove stiamo sostando. Non appena l'ultima squadra termina la calata, Francesco B. si organizza per scattare qualche foto del salone e chiede la nostra collaborazione per illuminare l'ambiente consegnandoci dei fari portatili. Il mio compito sarà quello di illuminare la grotta dal piano inferiore del salone. Pertanto, allongiandomi al corrimano, mi avvio al frazionamento cercando di far passi leggeri come piume ma, nonostante l'attenzione, le pietre continuano a scivolarmi sotto gli scarponi, come quando in spiaggia si cammina sulla battigia e l'acqua trascina via la sabbia da sotto i piedi.

Quindi mi calo su un angolo parzialmente protetto dalla franata e, raggiunto il suolo, proseguo circa 6m. su un piano orizzontale colmo di detriti, ma più sicuro della precedente discenderia. Da questa angolazione posso osservare meglio l'ampio salone che ha un'altezza di circa 18-20m. Sul lato della parete, circa 1,50m. dal suolo, è presente una fenditura che conduce in un'altra sala. Per evitare di restare completamente esposto ad eventuali franate, accedo al nuovo ambiente incontrando Cinzia e Gianni. Ma, prima di continuare l'esplorazione, attendo istruzioni da Francesco che, con la fotocamera fissata al cavalletto, si appresta a scattare le foto. Ora il salone è completamente illuminato dalla luce e risplende nella sua totale grandezza. D'improvviso prendo consapevolezza dell'istante, quasi come se osservassi la scena da una differente angolazione, più rallentata rispetto agli schemi abituali e, ritrovandomi fra i compagni, sono compiaciuto di vivere tale esperienza insieme a loro, in questo sito unico e particolare.

Oltrepassata la fenditura, raggiungo Gianni e cominciamo ad esaminare le alte pareti dove son ben marcati i vari livelli raggiungi in passato dall'acqua. In particolare, a circa 3m. di altezza, si evidenziano chiare striature longilinee di sabbia solidificata. Un'altra prova che testimonia la copiosa presenza d'acqua è fornita dai diversi tronchetti incastrati a varie altezze tra gli interstizi delle rocce. Nel frattempo, Cinzia è completamente assorta nel suo lavoro di ricerca all'interno di una cavità, ampia circa 2x2m. Oltre al rilevamento di alcuni fossili, sono stati trovati alcuni esemplari di Trichoniscus voltai (un crostaceo terrestre), Pimoa graphitica (ragno di grotta) e qualche Hyla sarda; ma è di particolare importanza la scoperta a tale profondità di un Sardaphaenops supramontanus graffitii (un coleottero cavernicolo dal corpo rossiccio di dimensioni comprese tra i 5,5 mm. e gli 8,5 mm.).L' ampio salone prosegue su un piano superiore. Per accedervi è necessario arrampicarsi per circa 5m. su un lato di un costone ove son presenti alcune stalattiti fossili, parte delle quali precipitate al suolo.

La curiosità di Gianni è talmente forte che, senza indugiare, s'inerpica in libera e prosegue in solitaria ad esplorare la sala. Poco dopo mi raggiungono anche gli altri compagni e, predisposta una corda, scaliamo la roccia e cominciamo a nostra volta ad ispezionare l'ambiente. Il calpestio del primo tratto della sala superiore è interessato da un modesto dislivello positivo costituito da lunghe scanalature rocciose, levigate dall'acqua, che conducono ad una diaclasi. Da tale punto, la distanza tra le pareti e l'altezza della cavità sono sufficienti per farci transitare in piedi uno per volta. L'ambiente è parzialmente concrezionato e solo su alcune stalattiti è presente stillicidio. Sul calpestio son presenti alcune stalagmiti e qualche pezzo di stalattite precipitato. Mentre procedo, incrocio alcuni compagni intenti ad ispezionare delle vaschette d' acqua alla ricerca di organismi viventi. Anche Adriano, poco più avanti, esamina alcune vaschette alimentate dal frequente stillicidio generato da una serie di cannule disposte nella parte inferiore di una grande colata.

Il percorso continua e, per accedere ad un nuovo ambiente, occorre strisciare sotto una roccia. Oltrepassato tale varco mi rialzo in piedi e, voltandomi indietro, rilevo una parete riccamente concrezionata con al centro una piccola fessura che si affaccia nella sala precedente. Dopo qualche metro è presente un falsopiano che divide l'ambiente su due livelli: quello superiore risale leggermente, mentre quello inferiore prosegue orizzontalmente sotto il primo. Decido di proseguire sul piano superiore ove è presente una diaclasi che restringendosi fino a 50 cm. di larghezza consente di accedere ad una nuova sala transitando trasversalmente tra alte colonne. Quest'ultimo ambiente presenta un dislivello positivo costituito da rocce scivolose ed in parte fangose. Lasciata la sala, ritorno qualche metro indietro e, insieme a Guido, vado ad esplorare il livello inferiore. La cavità è poco concrezionata ed il calpestio è formato da fango solidificato.

L'area presenta un'altezza massimadi 150cm. e termina con una stretta fenditura orizzontale posta tra parete e pavimento che consente l'accesso ad un ulteriore sotto piano. Guido, dopo essere entrato ad ispezionarla, riferisce di aver strisciato per qualche metro fino a raggiungere una piccola apertura sul suolo oltre la quale non sembra esserci alcuna prosecuzione. Conclusa l'esplorazione di questo ramo, rientriamo tutti nel salone inferiore calandoci con la corda disposta precedentemente. Considerando il tempo trascorso e quello necessario per uscire fuori dalla voragine, decidiamo di lasciare la grotta seguendo lo stesso ordine col quale siamo scesi. Alle 15:49 cominciano a risalire Francesco B. e Vittorio che concluderanno il loro lavoro realizzando alcuni filmati tridimensionali nel pozzo principale. Alle 16:52, dopo che la squadra esterna ci segnala l'arrivo in superficie dei due compagni, possono risalire Cinzia e Gianni che raggiungono la base del pozzo in circa 35min. Alle 17:50 è il mio turno insieme ad Adriano. La risalita è l unga ed impegnativa, quasi come fare 230 gradini senza fermarsi, alti ciascuno 50cm.

Sovviene anche il pensiero d'evitare di sostare per non far troppo attendere i compagni che sostano ancora sul fondo. Adriano è ben allenato e, da buon compagno, mi supporta con consigli tecnici. Alle 17:20 raggiungiamo l'ultimo frazionamento e dopo pochi minuti siamo fuori dal pozzo, visibilmente provati dalla prestazione, ma soddisfatti per la magnifica esperienza. Ad accoglierci, oltre al caloroso saluto di tutti gli amici, ci assiste la squadra esterna del CISSA che ha offerto un costante supporto durante tutta la missione. Alle 17:34 comincia a risalire l'ultima squadra composta da Guido T. e Tore B. che, dovendo disarmare il pozzo, uscirà dalla voragine quasi due ore dopo. Ormai è calato il buio e tutto il CISSA è ancora a lavoro per ritirare corde ed attrezzi da trasportare alle auto parcheggiate al Rifugio. Concludiamo le operazioni intorno alle 21:00, pronti a prendere la via di ritorno verso casa. Lo spirito di gruppo, l'affiatamento e l'allegria dei compagni son sempre stati vivi, anche quando al rientro, con l'adrenalina ancora nelle vene, inseguivamo tutti in coda un'auto bianca che invano tentava di seminarci, convinti fosse quella di Walter.

A missione conclusa, il presidente del CISSA Francesco Ballocco fa il punto sull'esplorazione alla voragine Nurra de Genn'e Sarmentu commentando: “E così si chiude la 'trilogia dei basalti'. Due giorni intensi che per noi son finiti alle 2 del mattino ad Iglesias scaricando tutti insieme le attrezzature nel magazzino. Anche se può sembrare una normale visita ad una Grotta, questa esplorazione ha impegnato 17 speleologi di cui 8 in grotta e 9 all'esterno con un mare di attrezzature speleo da movimentare dentro e fuori la voragine. Mi sento di dire che forse abbiamo raccolto più di quanto ci aspettavamo prima di iniziare questa avventura sopratutto in considerazione delle innumerevoli esplorazioni che ci hanno preceduto (solamente per il CISSA era la quarta volta a su Sterru). Questo dovrebbe confortare tutti gli speleologi, la parola "fine" alle ricerche, alle scoperte, alle esplorazioni non è stata e non verrà mai scritta. Così, per finire in bellezza, anche "Su Sterrixeddu" ci ha regalato qualcosa di nuovo, incredibilmente mai osservato, qualcosa sfuggita allo sguardo (anche a noi stessi durante la precedente discesa del 24 aprile del 2000). Forse aspettava proprio un occasione speciale per concedere i suoi segreti più remoti... Adesso lavoreremo a tavolino per condividere al più presto ciò che non è stato ancora detto... Arrivederci Baunei!!!!"