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Grotta Gaeta (aprile 2016)
Blog di Francesco Manca - 03/04/2016
E’ una tipica mattina primaverile, soleggiata, con temperatura di 19°. L’appuntamento è fissato alle 9:00 nel piazzale sterrato antistante la sede C.I.S.S.A. Io e Francesco B. arriviamo quasi contemporaneamente e, nel frattempo che giungano anche gli altri amici, ci rechiamo in magazzino per prender visione del’eventuale attrezzatura da portar con noi. Ne approfitto per riportare due corde dinamiche che tenevo nel mio zaino dall’escursione di ieri al Nido dell’Aquila e che, a causa di forte vento e pioggia, purtroppo non si sono potute adoperare. Nell’arco di pochi minuti ecco arrivare Vittorio, Carlo, Riccardo, Giorgio e Roberto B., seguiti da Guido con alcuni amici dello Speleo Club di Nuxis: Roberto C., Morena, Luca e Manuela. Ho avuto il piacere di conoscere Morena e Roberto C. giovedì scorso, in occasione della magnifica lezione sul carsismo tenuta proprio da Roberto che, col suo spiegare in modo esaustivo ed il soffermarsi pazientemente per rispondere alle tante curiosità, ha suscitato in tutti i partecipanti un positivo interesse per la materia; tant’è che ci auguravamo quanto prima di trascorrere una giornata esplorativa insieme a lui, in modo da poter verificare direttamente sul campo alcuni concetti basilari fin ora rimuginati solo nelle nostre menti.
Dopo i consueti amichevoli saluti, riprendiamo l’auto e percorriamo la strada fino a Gutturu Xeu. Francesco B. ci informa che l’esplorazione della grotta Gaeta esula dall’utilizzo di strumenti quali imbrago, discensore e maniglia, pertanto alleggeriamo gli zaini portando solo la tuta ed il casco. Iniziamo quindi un lungo trekking che ci condurrà fino alla grotta sita quasi in cima a Corru Mannu, a 550 mt. di altitudine. Lungo il sentiero che attraversa la gola di Gutturu Xeu Roberto Curreli ci fa notare alcune fratture e cedimenti di roccia calcarea che hanno lasciato alcune pareti quasi lisce, generando delle striature di frizione che hanno conglomerato in un unico strato diversi frammenti di roccia. Sunteggiando, ci ricorda l’azione che l’acqua esercita sulla roccia calcarea, sia per corrosione chimica che per erosione meccanica, riuscendo a penetrare dalle fessure superficiali fino alla profondità del sottosuolo, dove prosegue la sua attività modellando la roccia fino alla creazione di pozzi, gallerie e grotte. Considerando che stiamo camminando lungo una vallata abitata fin da tempi arcaici, è probabile riscontrare anche angoli di interesse archeologico.
Abbandonato il greto del fiume in secco ci inoltriamo nel bosco cominciando la ripida salita verso i “Grottoni”. E’ affascinante essere al contatto con la natura, anche in qualità di semplici spettatori di episodi selvatici, come l’osservare un terreno solcato dal gioco dei cinghiali, o rilevare un cumulo di piume bianche lasciate al suolo dalla presumibile preda di una martora, che districandosi tra rami e rovi scompaiono nella macchia. Poi arriva Riccardo che, munito di cesoie, pota semplicemente qualche ramo in modo da consentire a tutti un più agevole accesso. Dopo aver percorso un breve tratto su un terrazzino completamente riparato da una galleria di fogliame, si giunge all’ingresso della grotta. Il luogo ha spazi limitati ed ognuno di noi va alla ricerca di un angolo dove indossare la tuta (io lo trovo proprio all’ingresso della grotta). Prima di iniziare l’esplorazione sostiamo qualche istante all’ombra, così da rigenerarci, recuperare le forze e gustare qualche biscottino che Guido offre con la consueta cortesia.
Già dal vestibolo si evince che la grotta è stata visitata non solo da nuragici, ma da incivili contemporanei che hanno pensato di lasciar segno del loro passaggio con bottiglie, lattine, suole di scarpa, nonché alcune scritte. Quindi, il lavoro prioritario è stato quello di recuperare tali rifiuti e sistemarli provvisoriamente in un angolo vicino all’ingresso. Roberto C. è impaziente di visitare la grotta e Guido, che ben conosce il percorso, si presta con piacere ad accompagnarlo, insieme a Morena e Manuela. Qualche minuto dopo entriamo anche io, Carlo e Luca. L’ingresso è costituito da un’apertura (2m. h x 4,5 l.), posta verticalmente sulla parete rocciosa. Nella parte superiore di tale apertura è presente un altro ingresso di piccole dimensioni (0,5m. h. x 1,5 h.), diviso in due sezioni di cui una transitabile strisciando su un basamento che costituisce il tetto dell’ambiente inferiore. Ovviamente entriamo dall’ingresso più ampio che consta di un’ampia sala che si estende in lunghezza e dopo 2/3m. si riduce di altezza, fino a consentirci di proseguire unicamente a carponi.
La volta risulta uniformemente liscia, mentre il pavimento, che in origine doveva essere molto più in basso, è ricoperto da terriccio semi compatto. La sala, quasi al termine della sua lunghezza, conduce sul lato sinistro ad un ambiente inferiore, mentre proseguendo dritti si percorrono gli ultimi metri strisciando in direzione di una roccia che presenta alcune scanalature orizzontali (disposte come mensole). In questo punto si trova una piccola base calpestabile di circa 1m.x0,5m. ed è possibile ergersi in piedi per esplorare alcune spaccature poste su un livello sovrastante il tetto della sala d’ingresso. Sul piccolo calpestio è presente un foro con un diametro sufficiente per farci transitare verticalmente al livello sottostante (circa 2m. più in basso). Carlo mi precede di qualche metro, mentre io mi soffermo a scattar qualche foto. Nel frattempo mi raggiunge Luca ed insieme procediamo a carponi lungo una sala con la volta bassa, ricca di stallatiti attive che, gocciolando sul pavimento inclinato, hanno dato origine a svariate vaschette (particolari concrezioni calcaree che contengono acqua).
Raggiunto il primo gruppo, proseguo l’esplorazione vicino a Morena e Roberto che ricercano reciprocamente particolari da studiare, come alcune stallatiti eccentriche ed alcune particolari concrezioni simili al gesso coralloide. Anche Vittorio, Carlo e Giulio richiamano la mia attenzione, perché intenti ad osservare una particolare concrezione calcarea somigliante per forma e colore ad un tipo medusa che vive nei mari (caravella portoghese in miniatura). Giulio utilizza una luce a carburo e riesce ad illuminare l’ambiente a 360°, contrariamente alle nostre torce che emanano un fascio direzionale. La grotta continua ad estendersi sia in lunghezza che in larghezza e nel punto più alto raggiunge un’altezza stimata di circa 25m. Sul pavimento del salone è presente una grande stalattite spezzata, sicuramente riversa al suolo per il cedimento del terrazzino sul quale si era formata. A causa del continuo stillicidio e dello scolo dell’acqua, parte del pavimento risulta fangoso e scivoloso. Il fondo della sala si raggiunge percorrendo una lieve salita di terriccio che termina su uno stretto piano orizzontale, oltre il quale il livello si abbassa scoprendo un limpido laghetto tra rocce e stalattiti.
Invece, sul lato destro si possono rilevare alcune colonne e cascate di stalattiti a canna d’organo. Francesco, armato di reflex montata su cavalletto, si è organizzato per realizzare qualche foto e coinvolge tutti noi in questo scenario fantastico per una buona riuscita dello scatto. Allora si creano momenti di allegria in cui, sotto la regia di Francesco, come attori siam disposti per illuminare con le torce i diversi punti della sala e poi restare immobili, quasi in apnea, per gli istanti di durata dello scatto. Mi accorgo che la luce della mia torcia si sta affievolendo e non ho portato le batterie di ricambio; decido quindi di iniziare ad avviarmi verso l’uscita. Giunto al centro del salone sono incuriosito dall’attenzione con cui Morena fotografa i particolari, tra cui un singolare tipo di muffa. Poi, insieme a Giorgio, riprendo la via verso l’uscita. Dopo aver risalito il foro passante che congiunge i due livelli della grotta, iniziamo ad intravvede la luce che filtra dall’esterno e ci dirigiamo verso essa senza renderci conto che stiamo transitando su un piano superiore rispetto a quello percorso all’andata (in pratica siamo sopra il tetto della sala d’ingresso).
Percorriamo gli ultimi metri strisciando al suolo tra foglie, rametti e lumachine, fino ad uscire fuori dalla grotta dall’angusta fessura posta sopra la soglia d’ingresso. Dopo qualche minuto, ecco Roberto C. che si appresta ad utilizzare la nostra stessa via d’uscita (dall’esterno pare quasi si stia affacciando dalla finestra di un balconcino). Fuori dalla grotta troviamo anche Luca, Manuela e Morena che ci hanno preceduto. Restiamo a chiacchierare per un tempo indefinito fin quando anche gli altri compagni iniziano ad uscire. Mi spiace non esser potuto restare insieme a loro, ma il non esser autonomo e dipendere per i miei spostamenti dalla luce degli altri, oltre che esser pericoloso, non mi avrebbe consentito di gustare tranquillamente il resto dell’esplorazione.
Per tale motivo, mi son perso il bagno di Vittorio nel laghetto (fortunatamente son state postate alcune foto nel gruppo) e l’incontro del terzo tipo con il feroce roditore, che dalle immagini pare più un morbido batuffolo bianco, perlopiù impaurito. Nella grotta è stata rilevata la presenza di un solo pipistrello (nonostante il guano presente ne giustificasse una quantità maggiore). La via del rientro da Corru Mannu a Gutturu Xeu, seppur in discesa, non risulta meno impegnativa dell’andata, ma per quanto abbiamo visto posso affermare che la fatica ne è valsa la pena. Terminiamo la giornata in sede, seduti comodamente attorno ad un tavolo a banchettare e commentare le esperienze appena vissute.