Grotta Su Fossu 'e S'Orcu



Oggi è prevista l’esplorazione della grotta Su Fossu ‘e S’ Orcu, conosciuta anche come Sa Domu ‘e S’Orcu, ubicata nel versante sud di monte Tasua, sita 1,20Km. nord da Sirri (fraz.di Carbonia). Si può arrivare comodamente anche in auto (meglio se in fuoristrada), in quanto la cavità risulta poco distante dallo sterrato. Dopo l’interpretativo appuntamento con gli amici del CSI Specus che ci aspettavano presso la stazione di servizio di Bindua (da noi invece attesi in quel di Villamassargia), riusciamo finalmente ad incontrarci a Cannas di Sopra (un quartiere di Carbonia), dove si dirama la strada per Sirri. Raggiunto il medau svoltiamo a sinistra per la chiesa campestre di S.Lucia che oltrepassiamo circa 530m. fino a trovare un bivio. Non conoscendo ancora l’esatta ubicazione della grotta decidiamo di parcheggiare le auto nel breve slargo presente lungo lo sterrato. In tutto siamo sette: Guido, Stefano, Alberto ed io (appartenenti al Centro Iglesiente Studi Speleo Archeologici) e Raimondo, Ilaria e Daniela (facenti parte del Centro Studi Ipogei Specus).

Dopo la vestizione procediamo all’equa spartizione dei carichi delle attrezzature, dedicando uno specifico zaino al materiale di pronto soccorso (in gergo: zaino sfiga). Prima di partire sostiamo ancora per un indispensabile briefing, esaminando le caratteristiche della grotta stilate da precedenti speleologi e studiando attentamente numero ed altezza dei salti in modo da memorizzare la sequenza con cui adopereremo le distinte corde. Per tale motivo redigiamo un foglio riportando l’ordine dei salti con la loro relativa lunghezza, con accanto il nome della persona che nel tubolare trasporta quella specifica corda. Alle 11:50 cominciamo l’avvicinamento, imboccando la via che volge verso monte Tasua. Lo sterrato è disposto in piano e transita soavemente tra verdi colline disegnando un’ampia curva verso sinistra. Per individuare l’ubicazione della grotta Ilaria e Raimondo tengono sempre d’occhio il GPS. Siam comunque confortati dal trovare sui nostri passi un buon uomo col mitico vespino d’ordinanza che, interpellato, senza indugi ci mostra la direzione e, come narra una speleoleggenda, per appurata consuetudine se c'è vespino c'è grotta!

Oltrepassata la curva troviamo un rettilineo delimitato sulla destra da una recinzione metallica, oltre la quale si erge il monte Tasua. Percorriamo lo sterrato ancora per un tratto fino a trovare un cartello, seminascosto dalle piante, indicante nome e direzione della grotta. Dal bivio dove abbiam lasciato le auto fino a qui abbiam percorso circa 750m. Se in futuro verremo a visitare di nuovo la grotta parcheggeremo senz’altro lungo questo sterrato, evitandoci l’avvicinamento a piedi. Troviamo, dunque, un punto ove scavalcare agevolmente la rete e cerchiamo un sentiero che ci permetta di penetrare la folta vegetazione. Dopo circa 40m. di salita identifichiamo l’ingresso che risulta quasi totalmente mimetizzato da alberi ed arbusti. Oltrepassate le piante, ci ritroviamo su un breve terrapieno esposto ad un salto di circa 6-7m. La soglia è molto ampia ed è sovrastata dalla volta sita circa 5-6m. sopra noi. Sulla parete destra è ben esposta la placchetta della grotta, registrata al n.747 del catasto speleologico regionale. Guido e Raimondo assicurano la corda ad un tronco d’albero.

Poi, uno per volta iniziamo a calarci. Diversi piccioni che hanno dimora in questa semiaperta cavità, cominciano a svolazzare intorno a noi protestando con il loro tubare la nostra intrusione. Alberto, calandosi, inaugura il suo primo accesso in grotta come speleologo e noi siam tutti felicemente partecipi di questo evento e di accogliere un nuovo fratello nella grande famiglia C.I.S.S.A. Varcato l’ingresso, la sala si allarga fino a raggiungere un’ampiezza di circa 13-14m. Il suolo risulta coperto da un soffice terriccio che si sgretola sotto i nostri passi. Al contempo è presente una sporadica franata di pietre non omogenea ed instabile ma poco pericolosa, in quanto la pendenza non risulta particolarmente accentuata. Quindi affrontiamo la discenderia senza necessità d’armare alcun corrimano fino a trovare, dopo una ventina di metri, un costone in terra battuta e roccia alto circa 2,5m. che superiamo facilmente in arrampicata libera, giungendo su uno spazio pianeggiante ampio circa 5mq. contornato da diverse aperture. Decidiamo di dedicarci più tardi a perlustrare meglio l’area e, sulla falsa riga di quanto commentato al briefing, consci che dal rilievo risultano esplorabili almeno due distinti rami, andiamo a ricercarne un primo verso l’alto.

Raimondo si arrampica in libera per circa 4m. e lega la corda a una solida clessidra, garantendo ai compagni una scalata più sicura con croll e maniglia. Quindi, ci apprestiamo a salire fino a raggiungere un piccolo terrazzino, ampio 1m.x2m. Tale spazio risulta simile ad un pozzetto ed è racchiuso tra la parete, il passaggio con la clessidra dal quale siam giunti (che funge da parapetto) ed un gradone roccioso alto circa 1,5m. A livello del pavimento è presente un cunicolo transitabile, ma prima di ispezionarlo preferiamo scalare il gradone (che rispetto al foro risulta alle nostre spalle) e risalire per 2-3m. su un piano leggermente inclinato che volge all’interno di una pianeggiante sala circolare. Quasi al centro dell’accogliente saletta rileviamo alcune stalattiti tagliate ed alcune concrezioni colonnari. A tale conformazione si può parzialmente ruotare intorno transitando prima a carponi, poi sdraiati. Ci soffermiamo ancora qualche istante per perlustrare le pareti laterali alla ricerca di eventuali passaggi, ma i cunicoli presenti non offrono prosecuzione.

Rientrati al terrazzino ci prepariamo a transitare nell’angusto passaggio. La soluzione migliore sembra esser quella di strisciare per terra in posizione supina. Il primo ad attraversarlo è Raimondo, seguito da Ilaria e Daniela. Ora è la volta di Stefano che procede con qualche difficoltà in quanto nella strettoia il discensore s’incastra tra il suo corpo e la roccia, bloccando lo scorrimento della corda. Stefano, dopo aver superato l’ostacolo, in virtù di quanto ha sperimentato mi sconsiglia l’utilizzo del discensore, anche perché, se è pur vero che il cunicolo è parzialmente esposto ad un salto, dopo la strettoia c’è sufficiente spazio per tenersi adiacenti alla parete di sinistra, evitando il pericolo. Grazie ai consigli riesco a passare agevolmente, utilizzando la corda solo come corrimano. Subito dopo affronta il passaggio Alberto che passa senza difficoltà. Chiude il gruppo Guido. Oltre la  strettoia ci ritroviamo su un piano inclinato e scivoloso. In quest’ area è presente stillicidio, tant'è che si può notare la formazione di goccioline al termine di alcune canule.

Per qualche metro procediamo strisciando seduti e, per fermarci senza scivolare, puntiamo i piedi in opposizione sulle inclinate pareti del soffitto. La sala si apre ulteriormente nella parte inferiore presentando un dislivello più accentuato e la volta s’innalza di qualche metro consentendoci di transitare in piedi uno per volta. Considerando che il calpestio è formato da tratti di roccia intervallati da spaccature e che per avanzare possiamo poggiare i piedi solo in punti stretti ed esposti ad un salto, disponiamo un corrimano fino ad un pianerottolo che verte oltre una curva orientata alla nostra sinistra e da qui continuiamo a disporlo lungo una prossima galleria lunga circa 4m. che conduce in un’ampio salone. Guido nel frattempo è passato avanti per armare insieme a Raimondo, mentre io chiudo il gruppo. La galleria è stretta, ma si può attraversare in parte quasi in piedi e nel tratto finale accovacciati. Presenta un calpestio alquanto irregolare, con gradoni e spaccature. Per transitare devo necessariamente togliermi lo zaino ed assicurarlo con un moschettone al corrimano.

Ora posso proseguire spostando con cautela lo zaino fino ad oltrepassare il tunnel. Si apre quindi un grande salone e per accedervi devo affrontare una discesa su roccia liscia per circa 3m., con pendenza non particolarmente accentuata, fino a giungere alla parete dove corre una sicura e tranquilla cengia pianeggiante. Orientandomi con le spalle poggiate alla parete, se proseguo verso destra il percorso termina dopo qualche metro in un atrio con pareti alte, senza alcun proseguo; mentre dirigendomi a sinistra la cengia si apre a terrazzino e termina su un salto di circa 7m. Predisponiamo una corda per tale salto e scendiamo a perlustrare il corridoio sottostante, ampio circa 10m. di lunghezza x 2m. di larghezza. Purtroppo le spaccature presenti sono troppo strette per consentire il nostro passaggio e l’unica via fattibile consiste in una stretta e alta risalita in verticale (quasi sicuramente, riconduce alla sala superiore dove abbiam rilevato stillicidio).Pertanto, torniamo indietro risalendo i 6-7m. che distano dalla comoda cengia e ci fermiamo a mangiar qualcosina. Poi riprendiamo il percorso a ritroso fino a ritrovarci di nuovo nella sala d’ingresso.

Non appena abbiamo ricompattato il gruppo, ci mettiamo alla ricerca del secondo ramo da esplorare trovandolo su un lato del primo salone, poco prima del gradone che conduce al breve pianoro roccioso. L’area è ben illuminata dalla luce del giorno che filtra dalla grande soglia, ma l’apertura del nuovo ramo è seminascosta da una franata di pietre. Si accede da un foro ampio circa 2m.x1m. discendendo la citata franata che volge direttamente sopra un salto. Varcato l’ingresso ci troviamo in un ambiente simile al sottotetto di una mansarda, con l’altezza del soffitto che da circa 1,50m. decresce 2-3m. dietro noi fino a congiungersi al pavimento. Il calpestio è disseminato da pietre d’ogni foggia, pertanto è necessario procedere a carponi osservando la massima attenzione agli spostamenti con gli zaini. Il salone ha una forma più o meno rettangolare, circa 8m. di larghezza per 25m. di lunghezza, ed è disposto su un piano fortemente inclinato. Predisponiamo la corda intorno ad un solido masso e ci premuniamo di non farla strisciare nelle rocce predisponendo una guaina paracorda che assicuriamo alla corda stessa con un nodo scorrevole.

Poi iniziamo a scendere con cautela, transitando poco distanti da un macigno incastrato tra il pavimento ed il soffitto e saltando un gradone alto circa 2,5m., oltre il quale la discenderia consta di meno pietre in bilico. Scegliamo di proseguire la calata sul lato non esposto alla franata, prediligendo un percorso adiacente alla parete più pulita (anche se tale via non è perfettamente perpendicolare al punto di ancoraggio della corda), fino a raggiungere un angolo con pavimento quasi pianeggiante. Mentre, nel lato più esposto alla franata la sala si restringe presentando un’apertura larga circa 3m., con un corridoio inclinato che volge ad una diaclasi presente nel nuovo grande salone. Per poter accedere nella nuova sala è necessario utilizzare la medesima corda e ripristinare la perpendicolarità del suo tiro. Pertanto assicuriamo la corda anche su una colonna presente nella calata appena effettuata e, posizionandoci uno per volta nella scivolosa discenderia, affrontiamo la diaclasi superando grosse rocce fino a raggiungere una piccola area pianeggiante. Da qui, procediamo un’altra decina di metri fino a giungere su alcune rocce piane dove possiamo sederci. Sulla parete fronte a noi troviamo fissato uno spit al quale bulloniamo un’anello. Poi caliamo la corda lungo un foro sottostante che scende quasi verticale tra le rocce. Quindi iniziamo a calarci, transitando per circa 2-3m. in una strettoia varcata la quale entriamo in una sala che termina con un salto di circa 10-12m. Per evitare di far sfregare la corda su alcune rocce, cerchiamo di effettuare gli ultimi metri di calata senza seguire la verticale della corda stessa, transitando accanto alla parete dove le rocce sono più lisce. Ma, anche se con tal maniera volevamo salvaguardare la corda, il tiro ci riporta comunque nella verticale. Raggiunto il fondo, risaliamo una semplice salita di circa 2m. fino a giungere su una comoda cengia con calpestio formato da mattoni di fango quasi secco. La sala non sembra offrire alcun proseguo. Quindi, dopo le rituali foto di gruppo, riprendiamo il percorso a ritroso fino ad uscire dalla grotta. La bella giornata si conclude a tarda sera con una grigliata nel piazzale della chiesetta campestre di S.Lucia.