Capo Sferracavallo: le 5 calate (febbraio 2020)



Alla riunione in sede di giovedì scorso regnava incertezza su quale uscita programmare questa domenica. Si dibatteva tra il fare un bel trekking alle cascate di Muru Mannu (Villacidro), o piuttosto mirare ad un'escursione con calata in corda. Solo a tarda notte, dopo amletiche trattative tra Adriano, Tore ed Alberto, vien confermata l'uscita tecnica a Capo Sferracavallo. Il luogo, ubicato a Marina di Gairo, prende nome dalla caratteristica roccia con sembianze d'un volto di cavallo che, quasi ergendosi dal mare, volge lo sguardo all'orizzonte. Tale uscita fuori mura era già stata organizzata dal CISSA il 15 settembre 2019 e l'entusiasmo profuso dai partecipanti aveva contagiato noi tutti. Considerato che la designata meta dista circa tre ore di macchina da Iglesias, concordiamo di partire alle 5:30 di domenica mattina, così da riservare le migliori ore del giorno alle calate in corda. All'appuntamento ci presentiamo in sei: Adriano Urracci, Daniela Deiana, Alberto Mura, Tore Medda, Fabrizio Pilloni e Francesco Manca.

Ci dividiamo su due auto ed alle 5:45 lasciamo la città. Il viaggio procede a velocità da crociera. Dopo una sosta caffè, procediamo sulla nuova statale 125 fino a svoltare per Marina di Gairo. Mentre ci dirigiamo verso la costa, Adriano focalizza la nostra attenzione su una pittoresca roccia che dalla cima del monte Arista domina la vallata. L'ampia rupe è nota come Cappedd'e su Pelau (cappello del prete), meta che potrebbe felicemente candidarsi per un nostro futuro abseiling. La strada termina dopo 6Km. su una grande rotatoria ove prendiamo la prima uscita a destra. Percorriamo la nuova direzione per 8,5Km. e, dopo aver transitato lungo i litorali turistici di Museddu, Perd'e Pera e Marina di Gairo, giungiamo alle porte del campeggio di Coccorrocci. Ad attenderci troviamo l'amico Olin Lino che da questo momento farà parte integrante della nostra squadra. Dal parcheggio del campeggio imbocchiamo uno sterrato che scende verso il mare e poi curva a destra, costeggiando da un lato la spiaggia e dall'altro lo stesso campeggio.

Poi, svoltiamo ancora a destra lasciando la spiaggia alle nostre spalle e proseguiamo sullo stradino che, risalendo per 300m. un lieve pendio, continua a contornare i confini del campeggio fino ad un bivio ove effettuiamo una stretta deviazione a sinistra, passando accanto al greto di un torrente. Percorriamo lo sterrato per circa 1Km. giungendo in un boschetto attrezzato con tavoli e panche e parcheggiamo le auto su un lieve rilievo che si protende sulla lunga spiaggia di Coccorrocci. A darci il benvenuto troviamo alcune vacche che, non curanti della nostra presenza, pascolano beatamente intorno a noi. La giornata è soleggiata, senza vento, con temperatura di 20°. La gioviale atmosfera carica positivamente il nostro umore rendendoci euforici come bimbi impazienti d'assaporar questa avventura. Indossati zaino e imbrago, alle 8:45 cominciamo l'avvicinamento percorrendo a ritroso una cinquantina di metri ed imboccando il sentiero segnalato da un cartello in legno indicante le diverse mete raggiungibili: Sa Perda Stampada, Punta Cartuceddu e Radar.

Il percorso si snoda tra la vegetazione raggiungendo punti suggestivi ove è possibile ammirare meravigliosi scorci marini che, più d'una volta, c'invitano a contemplare la natura immortalando attimi nel nostro cuore. Dopo aver oltrepassato i 3/4 di salita troviamo un bivio con un cartello in legno indicante: Punta Cartucceddu a destra e Sa Perda Stampada a sinistra. Procediamo a sinistra e, dopo un centinaio di metri, terminiamo la salita su una cengia che domina l'orizzonte. Giusto qualche istante per scattare foto e poi riprendiamo a camminare effettuando una dolce curva a destra, restando mediamente alla medesima quota. Segue una breve discesa che conduce, dopo circa 1,2Km. dall'inizio del trekking a Sa Perda Stampada. Qui, fermarsi è d'obbligo! Sa Perda Stampada è una roccia con un ampio ed irregolare foro rettangolare che, incorniciando un'incantevole veduta aerea sul litorale ogliastrino, spazia fino alle azzurrognole montagne del Supramonte ove spicca l'argenteo chiarore dell'abitato di Baunei. 

Riprendiamo il sentiero per altri 400m. valicando sulla collina successiva ove si notano subito alcune rocce recintate da una rete metallica. Lasciamo la via per dirigerci in quella direzione e, oltrepassata la rete, ci inoltriamo tra le rocce disarrampicando con facilità un tratto che introduce alle calate di Capo Sferracavallo. Il percorso, aperto nel giugno 2019, è stato ideato da Walter Curreli che, con meticolosa cura, ha attrezzato questo promontorio con cinque panoramiche calate (la 1° da 25m., la 2° da 40m., la 3° da 22m., la 4° da 30m. e la 5° da 30m.), offrendo agli escursionisti esperti un'adrenalinica esperienza. Al primo salto si accede discendendo una fessura tra due rocce che conduce su una cengia esposta al dirupo, delimitata da piccoli arbusti, con l'armo disposto sulla destra. Sulla cengia, allongiati l'un l'altro, possono sostare comodamente sei compagni.

Alberto, dopo aver lanciato e convogliato la corda all'armo, si cala per primo e ridispone la doppia ordinatamente nella giusta direzione, eliminando eventuali accavallamenti. Giunto a terra si prepara per far sicura ai prossimi compagni. E' il turno, dunque, di Fabrizio seguito da Olin Lino, Daniela, me e Tore.  La calata fila sulla nuda roccia con pendenze che consentono di tenere i piedi in parete. Termina in una radura, sotto gli alberi di un boschetto. Resta a disarmare Adriano, che scende per ultimo. Procediamo un breve tratto nella boscaglia per poi transitare tra gli arbusti oltre i quali si distinguono altre rocce recintate da rete metallica. Passiamo accanto alla recinzione e poco più in basso ci troviamo innanzi alla calata dei 40m. 

L'armo è assicurato ad un massiccio distante circa 2m. dal salto. Il primo a calarsi è Adriano che durante la discesa riposiziona la corda longitudinalmente all'armo. Sul ciglio del dirupo, per evitare che la corda sfreghi sulla roccia, è stata predisposta una tavoletta in legno. Una seconda tavoletta è stata fissata una decina di metri più in basso, nel punto che precede un sottostante e profondo scavernamento oltre il quale la calata prosegue sul vuoto. Pertanto, nella prima decina di metri si procede con i piedi in parete evitando di smuovere dal terreno rametti e pietrisco. Poi, giunti al termine della parete, è necessario accovacciarsi e tenere la corda staccata dalla roccia il tanto giusto per far scavalcare il discensore oltre la tavoletta. Dopo il passaggio aereo si atterra su un lastricato roccioso con pendenza accentuata, ove si trovano alcune buche che si superano agevolmente. Il salto termina su una dorsale rocciosa con un lembo di cengia alquanto esposto. 

Al mio turno monto la piastrina gigi sulla doppia e comincio la discesa. Giunto sulla verticale mi concedo d'assaporare tutte le sensazioni del salto sul vuoto. Mi sento quasi librare in volo e, con gli occhi d'un gabbiano, scruto i profili della scogliera lambita dalle onde. Più sotto, allongiato in parete, scorgo Adriano che sorridendo mi fa sicura. Quando atterro non trovo tanto spazio per manovrare e, per prima cosa, devo allongiarmi al volo al predisposto cavo in acciaio e spostarmi in sicurezza sulla cengia. Pian piano scendono anche gli altri compagni confortati da Adriano che, con la sua consueta serenità, rassicura ed offre suggerimenti per l'esecuzione di una corretta calata. Daniela e Fabrizio traspirano felicità esprimendo con lo sguardo le loro emozioni, attestando che, ancora una volta, quei sacri limiti personali si son dimostrati solo mentali. Ultimo a calarsi è Olin Lino che si preoccupa anche di disarmare.

Considerata l'ubicazione e l'ampia distanza tra il punto di partenza e quello d'atterraggio (che in questa calata di 40m. non sono a vista), per comunicare la libera si consiglia l'impiego di ricetrasmittenti, in quanto anche l'utilizzo del fischietto non viene udito. Nel terzo salto, alto 22m., il primo a calarsi è Alberto che retrocede con i piedi appoggiati in parete fino ad accedere all'interno di un modesto ed esposto scavernamento ove, dopo essersi allongiato, risale qualche metro la cengia per attendere al riparo la discesa dei compagni. Incastonata tra le rocce è ubicata una cassetta in metallo con all'interno il libro di via "Guest Book #1", che firmiamo tutti attestando il secondo passaggio del CISSA. Adriano giunge per ultimo e, dopo aver disposto le corde sul nuovo armo, prosegue per primo al 4°salto.

Anche in questa calata, alta 30m., le corde si distendono senza ostacoli lungo il pendio roccioso che presenta una pendenza quasi verticale. Ci si cala facilmente, indietreggiando con i piedi puntati in parete fino ad un grottino ove è possibile accedere sia dall'alto, che discendendo lateralmente alla soglia. Il grottino è incassato circa 5m. in parete e presenta un modesto dislivello positivo. Siam giunti all'ultimo salto che termina sulle rocce vicino al mare. Alberto e Tore scendono in coppia utilizzando una corda ciascuno, così come Adriano ed Olin Lino. Mentre Daniela e Fabrizio si calano in doppia. Io resto a disarmare e dopo l'ultimo salto di 30m. raggiungo i compagni. Ci apprestiamo quindi a rientrare percorrendo un centinaio di metri lungo la scogliera per poi arrampicarci sulle rocce e raggiungere un boschetto sovrastante ove troviamo un sentiero che, dopo circa 1Km., ci conduce alle auto.

Tore, Fabrizio ed Alberto procedono veloci e, quasi subito, staccano il gruppo. Il loro intento è quello di raggiungere la spiaggia e, sfruttando gli ultimi spiragli di sole, battezzare la splendida giornata con un tuffo in acqua, inaugurando il primo bagno al mare del 2020. Mentre li raggiungiamo, udiamo da lontano i loro giulivi gridolini che attestano una temperatura dell'acqua non certo estiva. Il tutto si corona con una splendida foto dei tre compagni in piedi sul bagnasciuga. Terminiamo la simpatica escursione nel boschetto, intorno ad una tavola imbandita con salsiccia, pecorino, olive e vino rosso.