Foresteria Monteponi



La Società Monteponi, nel 1950, volle completare la ristrutturazione della Foresteria arricchendo il salone principale con delle opere artistiche che, insieme agli arredi ed alle innovative soluzioni architettoniche ideate dall' Ing. De Carli, avrebbero ben rappresentato quella nuova fase di sviluppo e crescita economica che attraversava l'industria mineraria successivamente la fine della guerra. La più nota delle opere è l'imponente affresco "La Miniera", realizzato dall'artista di origini sarde Aligi Sassu, il quale occupa un'intera parete di 12 metri di lunghezza e 3,5 di altezza. E' invece meno rinomata la Scultura parietale “Caccia al cinghiale” di Agenore Fabbri, realizzata nel 1951, inglobata nella parete laterale del salone per 1,8 metri di larghezza e 0,90 di altezza. Come evidenziato dalla relazione storico-artistica della soprintendenza, entrambe le opere affrontano il delicato e ancora attuale tema della ‘lotta dell’uomo contro le forze della natura, la mitica ed eterna battaglia per il predominio e la sopravvivenza’. È quantomeno singolare osservare come il delicato argomento sia stato rappresentato in un luogo “simbolo” dell’antropizzazione del territorio principalmente per azione dello stesso proprietario dei locali e committente delle opere: la società Monteponi.

L’opera del Fabbri incuriosisce, affascina, sembra prender vita quando la si osserva da diverse angolazioni. Nell’essenzialità delle linee, nelle forme e nei colori, chi si ferma ad ammirare la scultura percepisce distintamente la drammaticità del messaggio dell’autore. Nel corso della realizzazione, all’interno della Foresteria, del Centro di divulgazione della cultura speleologica ad opera del CISSA di Iglesias e della Federazione Speleologica Sarda, sono stati adottati degli accorgimenti per valorizzare e proteggere queste opere (entrambi tutelate dal 2014 con distinti provvedimenti della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Cagliari e Oristano). Per entrambi sono state delimitate delle zone di rispetto per permettere ai visitatori di ammirare le opere a idonea distanza, sono state enfatizzate con apposita illuminazione a luca fredda e sono state integrate con dei pannelli illustrativi contenenti la descrizione delle opere e la storia dei rispettivi autori. La visita alla Foresteria Monteponi ha inizio proprio con l’analisi e il commento delle opere di Sassu, Fabbri e De Carli e sulla rinnovata necessità di trovare il giusto equilibrio nel rapporto tra l’uomo e la natura. 

Segue un video dove lo stesso Fabbri illustra le tecniche utilizzate anche per la realizzazione di ‘Caccia al cinghiale’.


Perchè scelsero Aligi Sassu?

La società Monteponi, nel 1950, affidò l’incarico di rinnovare i locali della Foresteria all’Architetto Carlo De Carli.  Il suo compito però, non riguardava soltanto la cura degli aspetti tecnici legati alla ristrutturazione dell’immobile, egli infatti, doveva creare il “simbolo” del rinnovamento, la rinascita attraverso la ricostruzione, quel benessere che derivava dalla ripresa economica e che nel nostro territorio era legata inesorabilmente alla ripresa delle attività minerarie. Fu proprio De Carli che propose all’Ing. Binetti (allora Direttore della miniera) il nome di Sassu per il decoro del salone della foresteria, e la scelta non fu per nulla casuale. Quindi, se vogliamo comprendere il perché della scelta di Sassu, dobbiamo obbligatoriamente conoscere la percezione che si aveva dell’artista nel 1950, ossia nel periodo tra la ricostruzione e il boom economico Italiano.

Sassu nasce nel 1912 a Milano. La madre è discendente da una famiglia dell’alta borghesia emiliana mentre suo padre, di origini sarde, è tra i fondatori del Partito Socialista Italiano a Sassari. Sin da giovanissima età manifesta interesse per la lettura e le arti, soprattutto ha una evidente propensione per la pittura e la scultura. La sua infanzia, a causa dei debiti della famiglia e della persecuzione del padre perché antifascista, è caratterizzata da ripetuti trasferimenti che lo portano a vivere tra Milano e Thiesi. Deve quindi abbandonare gli studi a 13 anni per iniziare a lavorare in un'officina litografica e come aiutante di un decoratore murale. Grazie alle conoscenze del padre riesce a frequentare assiduamente numerosi artisti, ha modo di studiare le opere dei maggiori esponenti del futurismo in Italia e quelle dei maggiori artisti internazionali. Nonostante le ristrettezze economiche, acquista il volume "Pittura scultura futuriste (dinamismo plastico)". Le sue prime realizzazioni rappresentano animali e di figure umane. All’età di 16 anni viene invitato a esporre le sue opere "Nudo plastico" e "l'Uomo che si abbevera alla sorgente" alla Biennale di Venezia e nello stesso anno firma, insieme all'amico Munari, il manifesto della pittura "Dinamismo e riforma muscolare". Durante la sua gioventù Sassu realizza un importante numero di opere che gli permettono di partecipare ad una prima mostra quando ha soli 18 anni. A 22 anni trascorre un primo periodo a Parigi dove studia i più famosi pittori Francesi e le opere dell’ottocento presenti al Louvre. 

In questo periodo nasce il "realismo" che si manifesta anche nei temi delle opere di Sassu che ora tratta principalmente la realtà nei suoi risvolti sociali. Nel 1936 scoppia la guerra civile in Spagna. Nel 1937 Sassu ha 25 anni e milita nel centro interno socialista e comunista svolgendo attività propagandistica sovversiva che lo vede coinvolto nella creazione di un manifesto inneggiante l’insurrezione verso il regime fascista. Quando gli agenti dell’OVRA (polizia segreta dell'Italia fascista) lo trovano in possesso delle bozze e del materiale per la stampa viene arrestato, e condannato a dieci anni di reclusione per il reato di cospirazione politica mediante associazione. Durante la reclusione, dopo mesi di inattività, gli viene concesso di scrivere e disegnare: realizzerà oltre 400 disegni ritraendo i compagni detenuti e sviluppando temi mitologici. Fu solo grazie alle conoscenze del padre se, dopo un anno e mezzo di prigione, riuscì ad ottenere la grazia dal Re. Sassu viene rimesso in libertà ma rimane “sorvegliato speciale”: per lui è proibito frequentare luoghi pubblici o esporre i suoi dipinti. Nonostante la minaccia del regime, Aligi Sassu continua a dipingere opere come Spagna 1937 e La morte di Cesare. 

Nel 1941 gli è permesso di allestire una mostra personale nella Bottega di Corrente (Galleria aperta da diversi pittori legati alla rivista Corrente, organo dell'intellettualità italiana antifascista), dove espone per la prima volta gli "Uomini rossi" e un gran numero di lavori prodotti negli anni precedenti. Dopo le relazioni con la Resistenza (collabora con i Partigiani del Lago d'Iseo) ed un breve soggiorno dalla famiglia a Milano, nel 1947 Sassu si trasferisce a Castel Cabiaglio per avviare (senza fortuna) un'attività artistico-artigianale. Dopo poco tempo ritorna ad Albissola dove, insieme ad altri artisti, sperimenta nuovi modi di coniugare forma e colore. Tra gli artisti dell'epoca, Aligi Sassu era quello che forse, più di altri, poteva rappresentare il sentimento antifascista del periodo. Nel settembre del 1950, dopo la realizzazione “La miniera”, l’architetto De Carli scrive a Binetti: “Sassu ci ha mostrato le fotografie dell’affresco. È molto contento e noi abbiamo fiducia che abbia fatto un’opera notevole. Il suo compenso per l’affresco, come Le dissi, è di L. 250.000 che, come pittore nullatenente, sarebbe felicissimo di ricevere...Istantaneamente.”

Nel video che segue Aligi Sassu espone alla galleria Porta d'Oro di Cagliari (07/02/1963)

Dopo aver parlato dell’innovativo ammodernamento della Foresteria Monteponi e di come, attraverso la pittura e la scultura realista, Aligi Sassu e Agenore Fabbri si siano interrogati sui diversi cambiamenti introdotti dall’attività mineraria, si è potuto osservare come i due artisti abbiano rappresentato la controversa evoluzione del rapporto tra l’uomo e il mondo sotterraneo (vedasi la rappresentazione artistica dei dualismi superfice-sottosuolo, luce-oscurità, predominio-sopravvivenza). Volendo approfondire quest’ultimo aspetto la visita nella Foresteria Monteponi (centro di diffusione della cultura speleologica) prosegue con l’illustrazione delle evidenze che attestano la presenza dell’uomo nel mondo sotterraneo di Iglesias sin da epoche remote e di come, attraverso lo studio dei reperti custoditi nel sottosuolo, sia possibile ricostruire la nostra storia.

Quindi, ci lasciamo alle spalle le opere artistiche e raggiungiamo un’area espositiva dove vengono illustrati due importanti siti archeologici ipogei ricadenti nel territorio comunale di Iglesias: La grotta della Volpe a Corongiu de Mari e la necropoli a Domus de Janas di San Benedetto. Dinnanzi ai pannelli, alle vetrine ed alle riproduzioni dei reperti archeologici rinvenuti in questi siti, possiamo immaginare di tornare indietro nel tempo per diversi millenni così da poter osservare come l’uomo preistorico sfruttava il sottosuolo naturale.

Proseguendo nel percorso troviamo un'area espositiva dedicata ad un sito archeologico risalente al periodo medioevale: il “Butto di Via Eleonora ad Iglesias”. Qui possiamo scoprire i dati e le informazioni restituite dai reperti rinvenuti nel sottosuolo durante lo scavo archeologico (effettuato dal CISSA alla fine degli anni 80).

Procedendo oltre possiamo soffermarci su un ulteriore esposizione che ci ricorda un altro utilizzo del sottosuolo in epoca recente: il rifugio antiaereo di Via Eleonora e quello del piazzale delle ferrovie. Si tratta, in entrambi i casi, di strutture ipogee artificiali utilizzate dall’uomo per proteggersi in caso di bombardamento durante la seconda guerra mondiale. A questo punto, sappiamo che l’uomo ha sempre sfruttato il sottosuolo per realizzare la propria dimora, per seppellire i defunti o per cercare protezione. Abbiamo visto inoltre, come nel sottosuolo siano custodite le informazioni e le testimonianze del nostro passaggio. Ci manca ancora un passo per raggiungere un altro mondo nascosto nel sottosuolo: la speleologia e le grotte naturali.