Grotta Monte Meana

L'appuntamento con i compagni CISSA è fissato alle 9:20 al parcheggio delle Grotte Is Zuddas. Giunto al paese, capoluogo vinicolo del Basso Sulcis, seguo le indicazioni turistiche per le grotte attraversando le frazioni di Barrua e Benatzu, quest'ultima nota negli ambienti archeologici in quanto nella sua area nel 1968 fu rinvenuta una grotta ricca di preziosi reperti (Grotta del Tesoro). Nonostante la breve distanza che ancor mi separa dagli amici, il viaggio è interrotto da greggi di pecore che si recano al pascolo invadendo pacificamente la carreggiata. Il cielo lievemente velato lascia filtrare raggi di sole che evidenziano colline erbose intervallate da poderi e fattorie. 
Ancora pochi minuti e finalmente raggiungo i compagni con cui andrò in esplorazione, accolto dal familiare sorriso di Francesco Ballocco, Adriano Urracci, Daniela Deiana, Roberto Ballocco, Vittorio Chessa e Vladimiro Inconis. Riprese le auto percorriamo la strada provinciale n.70 in direzione sud e, dopo poco più di mezzo chilometro, parcheggiamo sulla destra in uno sterrato oltre un ponticello. Indossati casco ed imbrago, da buoni amici ci dividiamo i sacchi con corde e materiale d'armo e, alle 10.15, cominciamo l'avvicinamento verso la grotta Monte Meana (scheda catastale n. 2478 SA/SU). Il percorso (circa 250 metri), seppur breve è impegnativo, in quanto si deve scalare un erto costone passando rapidamente da quota 105m.s.l.m. a 155m.s.l.m. Nell'ampio ingresso delle grotta, sfruttata un tempo come cava di onice, sono stati rinvenuti reperti archeologici e tutt'ora si trovano aree recintate che circoscrivono lavori di scavo. 
Attraversiamo il grande salone, profondo una trentina di metri circa, facendo l'ultimo breve tratto a carponi fino a trovare un'apertura sul tetto che conduce in una percorribile diaclasi. Giunti innanzi ad un ripido dislivello negativo decidiamo di attrezzare un corrimano. La squadra si attiva! Vittorio, qualche metro prima della scarpata, convoglia la corda in una clessidra bloccandola col nodo yosemite. Poco più avanti, Francesco, utilizzando un'altra clessidra, crea un nodo ad 8 infilato predisponendo la corda alla calata. Adriano va in testa al gruppo e si cala fino al terrazzino sottostante (ampio circa 2 mq.), che volge ad un salto di circa 20m. 
Da qui può comodamente armare, seguito da me che gli fornisco assistenza fornendogli piastrine e dadi. Prosegue il suo lavoro scalando ed armando la roccia fino a raggiungere i 4 metri dal suolo, ove si trova una sella rocciosa che funge da soglia per uno nuovo ambiente. Oltre la sella (sopra la quale ci si può allongiare mettendosi a cavalcioni della stessa), le pareti precipitano verticalmente per 20 metri, creando un salto quasi totalmente senza appoggio. Adriano, dopo aver disposto la corda in un frazionamento, si cala atterrando all'inizio di una discenderia. Dopo la sua "libera" comincio anch'io a calarmi. Giunto circa a metà discesa Adriano, mentre si appresta ad attrezzare un corrimano, mi chiede di portargli la sacca contenente una nuova corda. 
Quindi, effettuo al volo il cambio attrezzi e risalgo al frazionamento della sella ove Vladimiro mi passa prontamente una sacca gialla che plausibilmente dovrebbe contenere la corda richiesta. Ricomincio a calarmi e raggiunto pressoché il precedente punto, ecco Adriano sollecitarmi anche i moschettoni. Ed io: "Adriano, la sacca armo dovresti averla tu!" (effettivamente lui ha con se un sacchetto armo contenente solo piccola metalleria, come dadi, fix, placchette). Quindi risalgo alla sella un po' stranito e chiedo ai compagni di cercare la sacca con i moschettoni. Tutti controllano, ma della sacca non c'è traccia. Allora quasi all'unisono intoniamo: "Adriano, sei sicuro che la sacca ce l'hai tuuu!", e lui con tono determinato, alludente al "non sono mica scemo", risponde: "Ho detto che non ho niente, passatemi i moschettoni altrimenti da qui non si va avanti!". 
Tale situazione, seppur grottesca, al contempo si rivela abbastanza comica, soprattutto quando con i compagni facciamo colletta per racimolare moschettoni che quasi sentiamo d'estirpare al nostro imbrago. Ed eccomi di nuovo in calata con al seguito sacca personale, sacca con corda e serie di variopinti moschettoni. Posso finalmente raggiungere il sospirato frazionamento e consegnare ad Adriano quanto da lui richiesto. Poi, prendo la sacca gialla contenente la corda per sistemarla meglio e, miracolo dei miracoli, al suo posto trovo i famigerati moschettoni tutti belli ordinati e l'un l'altro concatenati. Allora mi chiedo: "Abbiam perso tempo? Forse si, ma l'iniziale sbigottimento ha poi suscitato tante belle risate che hanno sopperito egregiamente qualsiasi fraintendimento!".
Il corrimano appena creato transita circa tre metri su una parete alquanto esposta che conduce su un sicuro terrazzino. Qui sostiamo in attesa della corda che sta portando Vladimiro. Dopo aver predisposto la nuova calata, agganciando in parete anche le scalette prese dal sacco di Adriano, effettuiamo uno per volta il salto di 40 metri che accede in un ambiente molto grande, chiamato "Salone del Frigo". Nel frattempo che ci raggiungano Daniela, Vittorio e Francesco B., io e Roberto andiamo in esplorazione. Discendiamo il Salone del Frigo e, transitando nell'ampia intercapedine creata da un massiccio franato, entriamo nell'ampio Salone della Muraglia ove son presenti diverse diramazioni. 
Procediamo dritti verso il Salone del Guano che attraversiamo adagio ed in silenzio, in quanto sulla volta sonnecchia una cospicua colonia di pipistrelli. Volgendo a destra ci arrampichiamo su una scivolosa duna rocciosa, per poi proseguire a sinistra verso la Sala delle Meraviglie, la Saletta di Matteo e la Sala dell'Onice. Man mano che avanziamo l'entusiasmo dello scoprire ed il giocoso labirinto creato dai caratteristici passaggi, permettono di accedere in ambienti sempre più belli e concrezionati, arricchiti da stalattiti, stalagmiti, aragoniti, eccentriche, colonne marmoree e candide cascate calcaree. Mentre rientriamo nel Salone della Muraglia incrociamo Vladimiro ed, insieme a lui, strisciamo in un angusto passaggio che conduce al Ramo dell'Ampolla (una stretta diaclasi che poi si apre in altezza consentendo di percorrerla stando in piedi, ove son presenti particolari eccentriche che disegnano curiose forme).
Mentre decido di rientrare nel Salone del Frigo per ricongiungermi con gli altri compagni, Roberto e Vladimiro proseguono l'esplorazione visitando il Ramo del Pesce Luna. Quando giungo nel salone trovo Francesco B. già all'opera. Munito di fotocamera 360° con l'aiuto della squadra sta sistemando gli illuminatori per realizzare qualche bello scatto. Mi propongo d'aiutarlo anch'io e, preso un illuminatore, mi faccio guidare da Francesco B. che mi indicherà dove posizionarmi ed in quale direzione preferisce regolare il fascio luminoso. Invece Adriano, dopo aver scalato una franata, si è disposto con le luci quasi alla fine del salone; mentre Vittorio resta immobile sulla corda di calata. Concluso il lavoro, Adriano mi chiama per farmi osservare una pozza d'acqua con alcuni stenasellus. 
Poi ci spostiamo nei saloni attigui per documentare l'ambiente con altre immagini a 360°. Mentre Francesco B. si organizza per scattare nuove foto, Adriano e Roberto son rapiti dal desiderio d'esplorare e non desistono dall'entrare nel Ramo della Pertosse ove si trovano suggestivi laghetti. Poco dopo chiamano anche me per farmi osservare nuovi "animaletti trasparenti" che pascolano ai bordi di una piscina (scoprirò poi trattarsi, su suggerimento dell'amico Giampaolo Merella, di alcuni esemplari di Catalauniscus puddui). 
Rientrati nel Salone della Muraglia, collaboriamo tutti insieme per la buona riuscita di qualche altra foto. La grotta è molto bella e c'è ancora tanto da esplorare, ma l'ora è volata e decidiamo di cominciare a risalire. Come all'andata, anche al ritorno ognuno prende con se una sacca. Io l'aggancio al cosciale e con falcata costanze comincio la lunga risalita preceduto da Roberto. La luce del casco ora illumina gli ambienti da nuova angolazione, consentendomi di registrate nuovi fotogrammi nella mia memoria. Gli ultimi ad uscire saranno Vittorio (che si occuperà di disarmare), Vladimiro e Francesco B. Mentre Adriano e Daniela sono già alle auto, io e Roberto attendiamo che escano tutti i compagni. Un certo momento ci pare di sentir chiamare, quindi rientriamo in grotta e ci disponiamo lungo la diaclasi che conduce alla Sella, in attesa che arrivi qualche compagno ed eventualmente aiutarlo.
 
Francesco giunge quasi subito, mentre Vladimiro stenta a comparire, ma abbiam certezza che stia risalendo nel sentir sempre più nitido quel respiro affannoso ed ansimante, quasi da film a luci rosse, che echeggiando tra le pareti risuona nel silenzio della grotta. Appena conquista il frazionamento posto sulla sella, resta indefinibili istanti immobile, quasi in stato di trance. Il motivo di tanto sforzo? Due zaini stracarichi incastrati l'un l'altro addossati sulle spalle ed un altro agganciato al cosciale. Immancabile la foto ricordo che ritrae il vivace ottimismo di Francesco e l'assodata autoironia di Vladimiro. Intorno alle 18:30 ci ritroviamo tutti alle auto per celebrare l'amicizia con l'ottimo mirto di Vladimiro ed un fantastico antipasto a base di salsiccia e formaggio preparato da Roberto.