Abisso Bruno Fontanarosa (marzo 2025)
Oggi andremo ad esplorare l'Abisso Bruno Fontanarosa, registrato al n.501 SA/CA del catasto speleologico della Regione Sardegna. La grotta è stata rilevata per la prima volta nel 1967 dal Gruppo Grotte CAI Cagliari e raggiunge una profondità di 110 metri. La squadra CISSA odierna è composta da Francesco Ballocco, Adriano Urracci, Barbara Nieddu, Matteo Marras e Francesco Manca. Per l'esplorazione prepariamo i tubolari con due corde da 50 m. e due da 25 m., insieme a cordini, fettucce, due bandoliere attrezzate con moschettoni, anelli e tutto il materiale d'armo necessario. Il sito si trova nel territorio comunale di Fluminimaggiore, ubicato su un costone calcareo del Monte Conca s'Ommu, nel versante che si affaccia sul Tempio di Antas.
Per raggiungere la grotta, dalla statale 126 si svolta nella strada che conduce al parcheggio dell'area archeologica del Tempio di Antas. Si prosegue su sterrato in direzione Baueddu per circa 3,2 km, fino a individuare un sentiero sul lato sinistro. Dopo aver parcheggiato le auto, proseguiamo a piedi lungo il sentiero che, sebbene teoricamente percorribile anche in auto, è ostacolato da rovi e rami che rendono il passaggio difficile e, soprattutto, graffierebbero la carrozzeria della vettura.
Questo itinerario è perfetto per una passeggiata a piedi, ideale non solo per ammirare un magnifico panorama naturalistico, ma anche per visitare i vicini siti archeologici come il Tempio del Sardus Pater Babai, la Strada Romana, la Cava Romana e il recinto megalitico di Sa Corti de Su Estiu. Si estende quasi interamente su terreno pianeggiante, poiché il secolo scorso vi passava una ferrovia a scartamento ridotto, utilizzata per trasportare i minerali di zinco e piombo estratti dalla vicina miniera a cielo aperto di Canali Bingias verso la laveria di Baueddu. Durante il percorso, attraversiamo con passo spedito diversi tratti ombreggiati da tunnel di piante, immersi nel fresco profumo del rosmarino in fiore.
Dopo circa 3,5 km e mezz'ora di cammino arriviamo alla grotta. Barbara sarà la prima a calarsi ed armare, seguita da Matteo. Ogni operazione sarà supervisionata da Francesco Ballocco ed Adriano Urracci che interverranno solo per qualche indispensabile consiglio. Pertanto, l'armo sarà effettuato a discrezione di Barbara e Matteo.
Poiché il primo pozzo è profondo 18 metri, i due compagni hanno deciso di utilizzare una corda da 25 metri. Inizialmente, Barbara aveva intenzione di partire con un nodo coniglio, ma dato che la roccia su cui intendeva creare l'armo era troppo vicina al salto, ha deciso insieme a Matteo di spostare la partenza circa 7 metri più in alto, fissando la corda attorno a solidi tronchi con gassa d'amante e finitura Yosemite.
Ciò consentirà un avvicinamento in sicurezza fino a un 1° frazionamento che verrà realizzato sulla roccia che lambisce il salto. Successivamente, Barbara discende il pozzo per qualche metro e, per garantire una calata al centro del pozzo senza sfregamenti, allestisce un 2° frazionamento.
Nel riprendere la discesa, può constatare che il pozzo è alcuni metri più profondo rispetto al varco laterale, così come riportato anche nel rilievo, attraverso il quale dovrà passare per continuare l'esplorazione. Proprio mentre sta per raggiungere tale finestra, con le dita tocca i due nodi che segnano la fine della corda. Ed ecco salire dall'abisso una gran voce che, con colorita enfasi, ci urla contro i più fantasiosi epiteti. Ma tale evento può accadere ed è un rischio calcolato.
Ci comunica che non può neppure pendolare per accedere all'apertura, in quanto, rispetto ad essa, si trova su un livello leggermente più alto. Riflettendo... La corda da 25 metri, su un pozzo da 18 era sufficiente? Dipende! Se fosse stata fatta la giusta misurazione tra i metri usati per l'armo di partenza e quelli necessari per le gasse dei frazionamenti, forse sarebbe bastata. Ricordiamo a Barbara che nel tubolare appeso al suo imbrago (ma lei ne è già consapevole), c'è anche una seconda corda. Pertanto, la invitiamo a proseguire giuntando le corde e facendo il salto del nodo. Nel frattempo, consigliamo a Matteo di predisporre velocemente una seconda corda da 50 metri in modo da raggiungerla ed, eventualmente, farle assistenza.
Ma quando Matteo giunge in fondo al pozzo, Barbara ha già perfettamente giuntato le corde, eseguito il salto del nodo e sta proseguendo nel corridoio oltre la finestra laterale. Entrambi i compagni sono stati molto bravi, sia Barbara che ha mantenuto la concentrazione ed ha proseguito con tenacia, che Matteo per la sua rapida azione di soccorso.
Prima di calarci e raggiungere i due compagni, rimuoviamo la corda usata da Matteo e utilizziamo quella giuntata da Barbara, che prevede anche per noi il salto del nodo. Attraversato il varco laterale, ci troviamo in un breve corridoio che termina a destra con un pozzo troppo angusto per potervi accedere. Curvando a sinistra di 90°, il corridoio continua per altri 3,5 metri, con un dislivello positivo che cresce rapidamente, formando un gradone che termina con due aperture: una frontale e l'altra laterale. Entrambe conducono allo stesso pozzo. L'accesso a quella centrale è più difficoltoso, poiché è necessario strisciare attraverso un breve cunicolo che sfocia subito nel salto. Preferiamo entrare dalla cavità laterale, interessata da una piccola pozza d'acqua che cerchiamo, quasi invano, di evitare.
Attraversato il breve cunicolo, si accede a un piccolo ambiente che può ospitare due persone in piedi e una seduta. I compagni scrutano ogni rientranza rocciosa fino ad individuare una clessidra che armano con fettuccia e moschettone, assicurando con un nodo ad otto la medesima corda precedentemente giuntata. Il salto è alto circa 3,5 metri e si atterra in una strettoia, con lieve dislivello negativo, che consente la sosta di due persone in piedi.
Anche qui utilizziamo un armo naturale e su una clessidra allestiamo una nuova corda da 50 metri. Da questo terrazzino, il cui bordo si affaccia su un salto più profondo, si osserva un vasto spazio sottostante. Al centro del salone, a circa 7 metri di distanza ed a un livello 3 metri più basso, si trova un pianoro semi-rettangolare che offre spazio sufficiente per tutti. Pertanto, i due compagni allestiscono un mancorrente lungo la parete, in modo da raggiungere il terrazzo roccioso in sicurezza.
Dal pianoro si originano due distinte e profonde diaclasi. Tra compagni nasce una breve discussione amichevole su quale pozzo armare. Il pozzo frontale (visto con le spalle alla strettoia da cui siamo giunti) è il più profondo e porta a una saletta ove è posta una lapide commemorativa, ma la ferma argomentazione di Adriano prevale su tutte le altre e convince il gruppo a optare per il pozzo laterale. Matteo allestisce un nodo coniglio e cominciamo a calarci.
Atterriamo su un piano lievemente inclinato che separa un salto di qualche metro, posizionato alle nostre spalle, da una lunga discenderia frontale.
Dopo circa quindici metri di ripida discesa, è necessario predisporre una deviazione per evitare lo sfregamento della corda, poiché il percorso prosegue su un pozzo con precario appoggio su parete concrezionata.
Sono l'ultimo a scendere e raggiungo i compagni nel breve spazio alla base del pozzo, dove da anni sono sistemate due bottiglie di vetro concrezionate su un basamento roccioso che, con gli amici seduti intorno, ricorda un piccolo tavolino. Scattiamo le ultime foto di rito e riprendiamo la via verso l'uscita.
Anche questa esperienza si è dimostrata positiva, arricchendoci con nuovi insegnamenti.