Riu Linas: trekking e calate in corda

Oggi il C.I.S.S.A. ha previsto un trekking sui monti di Villacidro che coronerà con tre bellissime calate in corda nel Riu Linas, con salti da 25, 20 e 45 metri. All'appuntamento ci presentiamo in sei: Alberto Mura, Matteo Marras, Adriano Urracci, Francesco Manca, Adriano Usai e Tore Medda. Partiti da Iglesias intorno alle 7:00, in poco meno di un'oretta giungiamo a Villacidro. Ci dirigiamo subito verso la diga e raggiunto il bivio per Villascema svoltiamo a sinistra costeggiando per circa 4 Km. l'invaso del Rio Leni. Oltrepassato il ponticello che conduce sull'altra sponda svoltiamo a destra e, lasciato l'asfalto, imbocchiamo uno sterrato che ci conduce verso la foresta demaniale di Monti Mannu. Nonostante la stagione calda e le scarse piogge, la vegetazione appare lussureggiante. Dopo 2,4 Km. transitiamo accanto agli stabili del cantiere Fo.Re.STAS (ex miniera Canale Serci). Proseguendo, raggiungiamo le terrazze del vivaio Campu S'Isca, per poi dirigerci verso Cantina Ferraris. Troviamo parcheggio in uno slargo sito un centinaio di metri prima del termine dello sterrato. Poco prima delle 9:00, con gli zaini carichi di corde ed attrezzatura da calata, sostiamo giusto il tempo per la foto di gruppo e partiamo per il trekking.
Lo stretto sentiero che costeggia questo tratto del Rio Cannisoni costringe il cammino in fila indiana. Da un lato si possono ammirare le prime pozze d'acqua e dall'altro si staglia il ripido versante del omonimo monte che mostra la sua scura roccia quasi scevra da vegetazione.
Qualche passo ancora e si entra nella foresta. Il sentiero è più ampio, sovente tappezzato da soffici strati di foglie. Quasi subito raggiungiamo un cartello con frecce indicanti interessanti punti da raggiungere, come la cascata di Piscina Irgas, o quella di Muru Mannu ed anche percorsi di trekking, o di canyoning come quelli di Oridda e di Riu Linas. Per la nostra meta proseguiamo dritti sul sentiero 112, in direzione Ovile Linas. Dopo circa 150m. raggiungiamo un bivio ove, abbandonando il sentiero 112, volgiamo a sinistra imboccando il sentiero 109 che va in direzione della cascata di Muru Mannu.
Durante il nostro cammino abbiamo l'occasione d'ammirare la bellezza di questi luoghi che ci stanno accogliendo. Spesso transitiamo su ponticelli in pietra per superare il greto in secco di qualche ruscello e restiamo incantati ad osservare suggestivi laghetti popolati da piccole e giocose trote.
Un altro incantevole laghetto, sulle rive del quale sostiamo per ricompattare il gruppo, è conosciuto dai locali come piscina dei frati (o pozza del frate). Nome che riporta alla memoria un'antica leggenda raccontata in certe gelide sere invernali che narra di una maledizione lanciata dagli ultimi frati dell'ordine dei Mercedari, cacciati via dal paese d'ombre con ingiurie ed imprecazioni da parte di certe esaltate figure più propense a venerare malefici idoli.
Lungo il percorso troviamo anche il rudere di un fabbricato in pietra disposto su due ambienti, datato probabilmente fine '800 ed utilizzato dai carbonai come magazzino ove stipare la legna (o il carbone), prima dello smercio.
Dopo aver percorso circa 2,3 Km. sul sentiero 109 e circa 3 Km. dall'inizio del trekking, raggiungiamo un bivio ove su una pietra è disegnata una grande freccia bianca che indica di proseguire sempre nella medesima direzione (verso la cascata di Muru Mannu). Dopo una rapida consultazione volgiamo a destra, lasciando la via più battuta, e cominciamo a seguire una traccia fuori pista che s'inoltra nella boscaglia.
Qui l'avventura s'infittisce creando scenari straordinari. Tra rovi da cui districarci e guadi da oltrepassare, la traccia risulta alquanto labile e sovente scompare. Sappiamo che la direzione da seguire è nord e come punti di riferimento ci sono il fiume Gutturu Arrusarbus, che seguiamo meticolosamente transitando su entrambe le sue sponde, e due distinguibili vette: a sud-ovest Sa Truba e Is Murvas (826 m.s.l.m.), e ad est Punta Picciucu (716 m.s.l.m.).
Ripresa la traccia, procediamo in fila indiana affrontando una lunga salita intervallata da alcune piazzole ove possiamo affacciarci su un magnifico panorama che ricompensa la fatica impiegata. Da una di queste piazzole scorgiamo due singolari tacchi rocciosi, posti l'uno fianco all'altro, che sembrano tenere precaria stabilità.
Il percorso prosegue fino ad intercettare un sentiero più largo e, dopo circa 2Km. dal bivio con la freccia bianca, raggiungiamo Baita Porcella (718 m.s.l.m.). Si tratta di un rifugio disposto su due piani, con balconcino frontale ed un enorme tetto spiovente. Purtroppo non è gestito da nessuno e verte in stato di completo abbandono. Fronte al rifugio c'è un grande piazzale che offre una vista panoramica su tutta la vallata.
Dopo una breve sosta per rifocillarci seduti all'ombra di un grande albero, riprendiamo il trekking e, dopo circa 450m., transitiamo dapprima poco distanti da una serie di arnie per le api, poi raggiungiamo Ovile Linas.
Ovile Linas è una struttura completamente restaurata, bella e pulita. Sul muro è affissa una scultura in marmo che ritrae la sagoma della Sardegna sulla quale è incisa una poesia di Lino Concas intitolata "Amo i Monti".
Lasciato l'ovile, abbandoniamo il sentiero e tagliamo per un campo erboso in modo da intercettare il Riu Linas che dista solo 150m. Superati alcuni rovi, giungiamo sul greto del torrente. Nonostante la scarsa portata d'acqua, alcuni punti sono interessati da pozze importanti che cerchiamo di evitarle cercando vie alternative. La vegetazione ricopre quasi completamente il torrente creando intrecci di rami e tunnel spinosi. In testa al gruppo ci sono Adriano Ur. ed Alberto che, ad un certo punto, avvertono un netto fruscio e rapido scalpitio tra gli arbusti. Non fanno in tempo a dirci di non far rumore che alcuni cervi attraversano velocemente il torrente ed in pochi istanti scompaiono.
Dopo circa 750 metri percorsi aggirando le varie pozze d'acqua giungiamo alla prima calata (salto di 25 metri). Il primo armo è costituito da una grossa catena disposta intorno ad un albero che si trova alla nostra destra orografica e dista 4-5 metri dal salto. Convogliata la corda in un anello si discende una scanalatura rocciosa ove scorre un insidioso rigagnolo d'acqua fino al secondo armo.
Adriano Urracci ed Alberto, che stanno armando, si rendono subito conto che la corda termina direttamente dentro il laghetto sottostante. Allora, giusto per non bagnarci (poi verrà il bello!), Adriano propone di deviare la calata allestendo una teleferica svincolabile. L'armo di calata è composto da due placchette con due anelli che distano tra loro la misura di un rinvio e li collegano come da manuale. Poi, posizionano un otto in battuta convogliando la corda dentro entrambi gli anelli. Adriano comincia a calarsi lateralmente, assistito da Alberto che grazie all'otto in battuta può regolare velocità, gestire gli sfregamenti e, all'occorrenza, arrestare la calata.
Giunto in riva, Adriano si ferma in sicura accanto ad un albero. Con se ha portato anche l'altro capo della corda che convoglia in una carrucola e tende con un paranco in modo da utilizzarla come corda portante. Decidiamo di calare prima tutti gli zaini, poi si prepara Matteo che assicura entrambe le longe sulla corda portante e, montato il discensore Oka sull'altra corda, comincia a calarsi. Seguiamo tutti il medesimo schema, sia chi utilizza l'Oka, che il discensore otto con modalità veloce. Alberto, rimasto a presidiare l'armo e controllare tutti, si cala per ultimo.
Recuperate le corde, ci dirigiamo al prossimo salto di 20 metri che a differenza del precedente risulta meno scosceso e, in alternativa alla calata, è fattibilmente disarrampicabile sfruttando i gradoni rocciosi adiacenti alla parete sinistra. L'armo è simile al precedente e la calata termina al bordo di due pozze d'acqua. Adriano Ur. è il primo a calarsi, sempre assistito da Alberto che con l'otto in battuta controlla e gestisce gli sfregamenti, dando corda un poco alla volta.
Alberto, ultimo a scendere, manda il tubolare con la riserva della corda ed inizia anche lui a calarsi. Adriano, con la tecnica del "nodo in alto" gestisce la sua calata e, dando lentamente corda tramite discensore Oka, può controllare gli sfregamenti.
Ricompattato il gruppo, riprendiamo un breve trekking nel greto del torrente, evitando le pozze d'acqua sempre più estese, fino a giungere al 3° salto di 45 metri disposto su una grande parete verticale.
Per raggiugere l'armo (disposto a destra), è necessario arrampicarsi su un alto gradone roccioso abbastanza esposto che consente spazio per due persone. Gli altri compagni attendono in un corridoio chiuso da alte pareti che volge direttamente al salto. L'acqua continua a scorrere anche sotto i massi e nei periodi in cui il torrente è in piena genera una meravigliosa cascata. Adriano Ur. è il primo a calarsi e dopo i primi metri scompare dalla nostra prospettiva. Poco dopo sentiamo che entra in acqua ma non ci da tanti dettagli perché vuole lasciarci la sorpresa. Si calano in successione Matteo, Adriano Usai e Tore e con loro si appura che il tuffo nella piscina è certo ed inevitabile.
Giunto il mio turno mi allongio all'armo e volgendomi alla vallata resto qualche attimo a godermi uno spettacolo meraviglioso. Quarantacinque metri sotto di me c'è una grande piscina con i miei compagni che attendono in riva. Comincio a calarmi sulla parete verticale interessata da un lieve scorrimento d'acqua prendendo sempre più consapevolezza, metro dopo metro, che dovrò tuffarmi vestito. Giunto a pelo d'acqua mi fermo un istante, poi entro di schiena nel profondo laghetto. Un gelido brivido mi percorre dalla testa fino alla schiena e mentre con una mano inizio a nuotare, con l'altra afferro una corda per essere trainato velocemente a riva dai compagni. Esco completamente zuppo con gli scarponi colmi d'acqua, trovando gli altri compagni che cercano di asciugarsi come possono (qualcuno a torso nudo stende la maglietta, qualche altro, scalzo, strizza i calzini).
Dopo la mia libera, ecco che anche Alberto, ultimo del gruppo, si cala fino a tuffarsi in acqua e ci raggiunge a riva. 
Con allegria, tutti abbiamo accettato il bagnetto finale. L'euforia è alla stelle e culmina con una memorabile foto di gruppo.
Riprendere il trekking con gli indumenti completamente bagnati non è proprio il massimo. Ma, senza troppo attendere, ricominciamo a camminare giungendo in vista della cascata di Muru Mannu. Da qui percorriamo a ritroso il sentiero 109 ed i passi fatti in precedenza fino a tornare alle auto dove, finalmente, possiamo cambiarci. Concludiamo la serata dissetandoci e spuntinando su un tavolo con le panche nei pressi del vivaio della forestale.