Grotta S'Oghittu (marzo 2021)
Questo sabato uscita a sorpresa! Alle 8:30, puntuali, ci ritroviamo con alcuni soci nel parcheggio della Foresteria Monteponi (sede della nostra associazione CISSA). Sembrano li ad attenderci due autobus gran turismo, parcheggiati l'uno accanto all'altro, con rispettivi autisti seduti al posto di guida, ma presto ci accorgiamo che non sono qui per noi! Ci consola pensar che a breve arriverà Francesco, il presidente, che, visti i preamboli poco espliciti postati in chat ove raccomandava d'equipaggiarci con armamentario speleo, ci svelerà l'attività che vuol proporci per quest'ultimo giorno d'inverno. Ed eccolo comparire, col sorriso sornione, ad annunciarci il programma: ci recheremo in quel di Antas, nei territori di Fluminimaggiore, ad esplorare l'enigmatica Grotta S'Oghittu (il termine "oghittu" sta a significare il gesto dell'occhiolino fatto da chi la sa lunga; a me piace associarlo a quell'ermetica espressione che con sottigliezza intende: "entra, entra pure.. poi mi dirai!"). La squadra odierna è composta da otto compagni: FrancescoB., Daniela, Vladimiro, Vittorio, Tore, Adriano, Fabrizio e FrancescoM.
Dopo aver registrato l'uscita, comunicandola anche nella chat del CISSA, ci muoviamo verso la destinazione programmata. Giunti nel piazzale antistante il parco archeologico del Sardus Pater Babai, con cielo azzurro ed aria frescolina, cominciamo il comodo avvicinamento percorrendo a ritroso 550 metri di strada asfaltata fino a trovare una recinzione metallica con una breccia. Risaliamo, quindi, un breve sentiero che conduce fronte al cancello in ferro che protegge l'imboccatura della grotta.
Entrano per primi Vittorio, Tore ed Adriano che si occuperanno di armare la grotta. Poco dopo mi accingo anch'io a varcar l'ingresso procedendo qualche metro su un ripido dislivello negativo che termina sopra un breve terrazzino. Qui è disposta una corda intervallata da nodi che utilizzo per calarmi su un piano inferiore, cercando con i piedi appigli sulle pareti.
Atterro in uno stretto corridoio interessato nel lato sinistro da alcune esili colonne contornate da frammenti di stalattiti ed il soffitto che pian piano si abbassa fino a consentirmi di procedere a carponi. Pochi metri più avanti attendono i compagni che mi hanno preceduto per farmi osservare la spettacolare posizione di un pipistrello sospeso ad una lunga stalagmite situata centralmente al passaggio.
Transitando con le dovute precauzioni varchiamo un apertura longitudinale ed accediamo in un'altra sala che sul lato destro presenta, quasi sotto il livello di camminamento, un'ispezionabile fenditura orizzontale. Decidiamo di procedere oltre e, discendendo circa due metri, esploriamo una saletta che nel calpestio evidenzia una sorta di botola, ampia circa 45x45cm., dalla quale possiamo osservare il sottolivello semiallagato.
Più avanti, sul lato sinistro, il pavimento è costituito da una lamina rocciosa sempre più sottile. Passiamo a turno leggeri come piume per scendere in una frattura di crollo ed osservare il laborioso lavoro dell'acqua che tra distinti piani ha modellato meravigliose sculture a capitello. Sollevando lo sguardo si erge una maestosa colonna di stalattiti che sbalzando precipita a cascata. Costeggiando la colonna, mi sposto sul lato destro, rilevando concrezioni a canna d'organo tempestate da innumerevoli goccioline d'acqua che fanno luccicare le conformazioni calcaree.
Nel frattempo, alcuni compagni cominciano ad entrare nella spaccatura orizzontale notata poco prima. I primi che accedono sono Tore e Francesco che all'occorrenza dovranno continuare ad armare la grotta. Tale fenditura identifica la soglia di un cunicolo lungo una decina di metri che si snoda in pendenza. Io son l'ultimo ad accedere, preceduto da Daniela e Fabrizio. Seguendo l'esempio dei compagni procedo supino con i piedi in basso, il volto che sfiora il soffitto e le braccia che rasentano le pareti laterali, trascinando sopra la testa la sacca speleo. Dopo aver superato una leggera curva mi dispongo obliquamente per entrare in una strettoia più angusta che, trasformandosi in un scivoloso budello, sfocia dopo qualche metro in un salto.
Poco prima del ripido balzo, quasi al termine del cunicolo, i compagni hanno predisposto dei moschettoni ove allongiarci ed una corda che consente di calarci in sicurezza. Entrando nel salone, notiamo che sul lato destro il soffitto si alza notevolmente e scopre un ambiente su un piano superiore che ci prefiggiamo visitare più tardi. Continuiamo a scalare la sdrucciolevole discesa con cautela, procedendo con sacca speleo in spalla.
Ovunque c'è abbondante stillicidio che sovente riempie d'acqua vaschette calcaree, ideali habitat d'insetti cavernicoli. Riscontriamo anche feci di ratto, sovente aggredite da muffe che plasmano sculture composte da filamenti cristallini.
Il salone si collega ad un altro ambiente, anch'esso disposto in forte pendenza negativa, con superfici umide e levigate. Giunti nel punto più profondo, troviamo un'ampia spaccatura sul calpestio che, dopo una breve disarrampicata, ci conduce in un canale con sabbia e ciottoli, ad una profondità di oltre settanta metri dal cancello d'ingresso.
Continuiamo a camminare senza riscontrare evidenti pendenze e giungiamo sopra un anfratto roccioso ove il passaggio prosegue all'interno di un angusto cunicolo. Vittorio decide d'esplorarlo. Dopo essersi tolto l'imbrago si sdraia sulla sabbia e, incuneandosi nella strettoia, comincia a strisciare qualche metro in posizione prona fino ad intercettare un'area allagata.
Dopo rapide valutazioni decidiamo di non proseguire e sfruttare il tempo restante per far qualche foto ai suggestivi ambienti, nonché esplorare la grotta con più tranquillità. Pregustando il piacere di realizzare qualche bello scatto rientriamo nel salone precedente e cominciamo ad osservare gli ambienti con diversa ottica, prediligendo le aree più caratteristiche e ricche di concrezioni.
Scelta l'angolazione migliore, Francesco Ballocco fissa la Reflex sul cavalletto e, consegnandoci alcuni illuminatori, ci disloca in punti strategici per diffondere la giusta luce. Contemporaneamente qualche compagno prende posizione come soggetto dell'inquadratura, anche per ricavarne elementi di comparazione che esaltino l'ampiezza dell'ambiente.
Mentre Tore, Vladimiro, Daniela e Fabrizio cominciano ad uscire dalla grotta, pian piano risaliamo nei saloni che con enfasi abbiam disceso precedentemente. Talvolta la curiosità dell'esplorare è trainata dalla frenesia di scoprire ciò che la grotta può celare, salone dopo salone, cunicolo dopo cunicolo. Ma ora, con la dovuta tranquillità, ricerchiamo quel sacro silenzio quasi per ritrovar noi stessi. C'è un po' di tempo anche per cercare quegli esili organismi che da millenni animano il mondo ipogeo. Ecco, allora, avvicinarci con minuziosa attenzione alle vaschette d'acqua per osservare questi animaletti, col corpo semitrasparente, mentre si esibiscono in natatorie evoluzioni.
Siamo ormai giunti al principio del salone che prelude l'ultima strettoia. Mi accingo ad affrontarla per primo e, con la schiena poggiata al suolo, cerco appigli sulla roccia per risalire l'umido cunicolo, seguito da Francesco B., Vittorio ed Adriano.
Gli sforzi impiegati per contrastare l'erto e scivoloso budello fanno evaporare come fumo il nostro calore dalla tuta speleo. L'impegnativa prova di sforzo diviene anche motivo di risate e divertimento quando, nel mezzo del cunicolo, avvertiamo inconfondibili segnali uditivi ed olfattivi non propriamente appartenenti al sottosuolo. Ancora qualche metro e dopo l'arrampicata con corda siam fuori dalla grotta ritrovando i compagni ad attenderci intorno ad un fuocherello. Concludiamo la giornata con la consueta e mitica foto di squadra.