Bacu Padente: 7 magnifiche calate (gennaio 2016)



Per poter partecipare all’escursione a Bacu Padente di questa domenica mi son dovuto mettere in lista d’attesa qualche settimana fa, in quanto per questa escursione il CISSA ha stabilito un numero massimo di dieci partecipanti. Questo limite è stato calcolato in base al tempo necessario per raggiungere, armare ed effettuare ogni calata (in tutto sono sette salti), più un adeguato margine di tempo per eventuali imprevisti (considerando che nelle giornate invernali ci sono meno ore di luce e che in montagna l’oscurità cala velocemente). 

Sabato pomeriggio giungo in sede trovando ad attendermi Guido, Roberto e Maria Grazia. Ci rechiamo tutti al Roccione per far pratica. Mentre Guido e Roberto predispongono la corda di calata, arriva Giorgio che spiega un sistema di bloccaggio. In pratica, utilizzando un cordino in kevlar di almeno 150cm., si crea una treccia nella parte di corda posta inferiormente al discensore, effettuando tre incroci verso l’alto ed altri quattro/cinque verso il basso, unendo i due capi del cordino stesso al moschettone che poi si aggancia all’anello di servizio dell’imbrago. Mentre si effettua la calata si accompagna la treccia con una mano facendola scorrere verso il basso. Per fermarsi si deve semplicemente lasciare la treccia che, non scorrendo più, si strozza sulla corda stessa arrestando immediatamente la discesa.

Rientrato a casa ho giusto il tempo di rilassarmi qualche ora, poi alle 2:00 mi desto ancor prima di far suonare la sveglia! Quindi, eccomi puntuale all’appuntamento, fissato alle 3:00 in Piazza Cavallera ad Iglesias. Trovo già su posto Roberto, Adriano e Giuliano. Poco dopo arrivano anche Giorgio, Francesco, Betty, Riccardo e Tore. Quindi, ci dividiamo tra la mia auto ed il fuoristrada di Francesco e partiamo alla volta di Quartucciu ed arriviamo alle 4:00 a casa di Vittorio. La strada che dovremo percorrere da Baunei a Bacu Padente è abbastanza impervia, per tal motivo parcheggio la mia auto e, con Giorgio, Giuliano ed Adriano ci accomodiamo sul fuoristrada di Vittorio. Arriviamo a Baunei alle 6:10. Il paese pullula di cacciatori con cani al seguito. Entriamo in un bar per un caffè ed il barista ci accoglie in completa tenuta da caccia con tanto di cartucciera alla cinta. A qualche compagno balenava l'idea di chiedere se ci fossero cornetti caldi, ma gli abbiamo caldamente consigliato di astenersi.

Riprendiamo il nostro itinerario seguendo una strada che dal paese risale diversi tornanti verso il Supramonte. Seguiamo in principio le indicazioni per la chiesa campestre di San Pietro Apostolo (in località Golgo), che dista dal paese circa 9 Km. Da qui proseguiamo per altri 6 km. in direzione Cala Sisine, transitando su uno sterrato, fino ad inoltrarci su una carrareccia quasi dissestata superabile prettamente col fuoristrada. Giunti ad un bivio, proseguiamo per altri 300m. lungo il sentiero di destra, giungendo alle 7:10 in uno spiazzo sterrato poco distante da una fattoria. Ci troviamo in un area indicata nelle mappe IGM come Urele (loc. Ololbizzi), ad un altitudine di circa 280m s.l.m. Parcheggiata l’auto, ci prepariamo velocemente indossando scarponi, imbrago e quant’altro utile per l’avventura. Nel frattempo, le prime luci dell’alba cominciano a rischiarare un limpido cielo invernale.

Alle 7:40, zaini in spalla, iniziamo il trekking seguendo il sentiero per Bacu Padente in direzione est-nord-est (verso il mare). Il termine “Bacu Padente” deriva dal sardo bacu (gola, valle) e padenti (bosco), pertanto si può tradurre come “valle nel bosco”. In effetti è una gola profonda posta tra ripide falesie dove, in tempi non recenti, la copiosa acqua piovana si incanalava in torrenti, levigando il greto calcareo ed accatastando in alcuni tratti pietre e tronchi. La vallata è ricoperta da un bosco di ginepri e querce. Qui son di casa i cinghiali, ma è facile incrociare anche maiali e capre. Dopo aver percorso un lieve avvallamento, risaliamo in cima a una conca affrontando una pietraia di bianchissimi massi che rischiarati dai raggi del sole rendono luminoso il nostro cammino, destando il nostro spirito tra entusiasmo ed euforia. I ginepri, nati su impervie rocce, intrecciano rami e radici per evolversi e creare straordinarie sculture. Ciò testimonia che tutto è possibile quand’è generato dall’energia della natura ...ed anche noi, in sostanza, siamo parte di questa energia.

Sostiamo qualche istante ad ammirare i raggi del sole scintillare sul mare, poi iniziamo a scendere la vallata su una distesa di pietre calcaree, superando intricati passaggi che ci regalano scorci meravigliosi. Mentre compiaciuti gustiamo il panorama, mi sovviene un pensiero di R.Tagore che recita “non è stato un martello a rendere le rocce così perfette, ma l’acqua con la sua dolcezza, la sua danza, il suo suono; dove la forza può distruggere, la gentilezza può scolpire”. Raggiungiamo il luogo del primo salto, segnalato da un ginepro cresciuto sul ciglio della scarpata, trovando alcuni spit già fissati sulle rocce. Francesco e Giorgio prima di predisporre le corde verificano che il preesistente armo sia conforme al nostro standard di sicurezza. Per maggior precauzione assicurano le corde anche intorno ad un grande masso stabilmente poggiato in piano. Il dirupo presenta uno strapiombo di circa 35m., costringendoci da subito ad una immediata esposizione sul vuoto.

Quindi, dopo esserci allongiati, predisponiamo la corda doppia sul discensore ed iniziamo a calarci. Per fare il salto impieghiamo mediamente 12min. a testa (tempo calcolato dal momento in cui riceviamo la “libera”). La calata termina su un piano inclinato, vicino ad una franata di massi. Una volta raggiunto il suolo mi sposto subito a destra per evitare accidentali cadute di pietrisco. Poi, dopo aver disceso per circa 15m. la vicina pietraia, continuo a procedere sulla destra lungo una cengia che costeggia la parete, fino a giungere in vista di due guglie. Le due cime sono separate tra loro da una profonda fenditura che lascia intravvedere in lontananza il mare

Il sito per il secondo salto è stato già armato da Francesco e Vittorio che mi precedono, con le corde assicurate a solidi tronchi d’albero. Rispetto al salto precedente, dove la calata era adiacente alla seppur ripida parete, quello che ci accingiamo ad effettuare prevede gran parte della discesa sul vuoto, terminando quasi sopra alcuni arbusti. Raggiunto il suolo effettuiamo una breve sosta tecnica dove Tore, da un originale cofanetto, offre caramelle e cioccolatini prelevati dalla calza della Befana. Poi, proseguiamo in leggera pendenza per circa 20m., sempre tenendo la parete alla nostra destra, fino a trovare il terzo salto. La calata prevede per i primi 5m. la discesa lungo un pendio roccioso passante tra i ginepri, fino a giungere allo strapiombo. E’ importate evidenziare che, prima di affrontare il dirupo, è necessario controllare che la corda non si incastri lungo l’intercapedine di uno spuntone di roccia non saldamente ancorato alla parete.

La calata termina fronte l’ingresso della Grotta Panoramica di Bacu S’Oggiastru (accatastata col n. 0529 SA/OG). Mentre attendiamo che tutti ci raggiungano, Francesco con Vittorio entrano nell’atrio della grotta e predispongono una corda su un dislivello di circa 3m. per facilitarne la discesa. Mi introduco anch’io, preceduto da Giuliano, per iniziare ad esplorarla e far qualche foto. In quel momento ci raggiunge Roberto che con un fare tra il serio ed il faceto ci informa che lo zaino di Giorgio, con tanto di corda ed attrezzatura varia, non è voluto scendere. Purtroppo Giorgio si è reso conto che lo zaino mancava all’appello solo dopo aver sciolto e recuperato la corda. Il problema è che ci troviamo ai piedi di un canyon, con pareti pressoché verticali, apparentemente non scalabili senza i giusti attrezzi. Controllando l’orario, appuriamo che rientriamo abbondantemente nei tempi calcolati, soprattutto perché stiamo procedendo senza troppe pause.

La soluzione migliore sembrerebbe quella di terminare velocemente l’esplorazione, risalire la gola, rifare le calate fino a raggiungere il livello dell’ultimo salto ed infine recuperare lo zaino. Giorgio vuol comunque fare un tentativo seguendo un percorso alternativo. Quindi prende con se una corda ed insieme a Roberto risale una lunga pietraia alla ricerca di un passo che gli permetta di arrampicarsi sulle ripide pareti. Fortunatamente, trova uno spezzone di corda appeso ad una roccia che consente di passare ad un livello roccioso superiore. Forse questa corda è stata lasciata per coloro che vogliono visitare la grotta seguendo un percorso di trekking, anziché effettuare le calate. Giorgio e Roberto si spostano velocemente lungo le pareti, trovando una serie di percorsi che infine li conducono al recupero dello zaino smarrito. Nel frattempo, dall’ingresso della grotta ci spostiamo alla vicina pietraia dove Tore e Adriano ci offrono alcune lezioni di sci. Tecniche diverse, ma entrambe efficaci: più performante quella di Tore, più conservativa quella di Adriano.. eh si!, la pietraia ha un suo particolare fascino.

Decido di risalire la pietraia fino a giungere alla parete verticale che chiude la via. Da questa angolazione si ottiene un invidiabile punto d’osservazione: lo sguardo spazia tra le ripide pareti del canyon fino a raggiungere il mare. Svariati metri sopra me intravvedo la sagoma dei due amici che ogni tanto svaniscono mimetizzandosi nella macchia. Resta memorabile il passo del giaguaro di Roberto mentre utilizza un tronco d’albero come passerella, passato notoriamente alla storia come “passaggio della patella in parete“. Recuperato lo zaino i due amici ci raggiungono e dopo averli accolti festosamente riprendiamo il nostro percorso. L’itinerario prevede l’attraversamento interno della Grotta Panoramica di Bacu S’Oggiastru per poi continuare con nuove calate. Infatti, la grotta presenta due ingressi: il primo è ubicato all’interno del canyon dove stiamo effettuando l’accesso, mentre il secondo si raggiunge seguendo un percorso di circa 120m. che presenta un graduale dislivello negativo di circa 15m. e conduce sul versante opposto, sbucando su un terrazzino con vista mare.

L’entrata della grotta si presenta con un apertura semi rettangolare, alta circa 4m. e larga 1,5m. Sopra essa si trova un apertura circolare con un diametro di circa 3m. A pochi metri dal primo ingresso è presente anche un pozzo (da noi non ispezionato). Dall’atrio si accede al secondo ambiente tramite un passaggio da effettuare a carponi. Da qui è possibile risalire per circa 5m. e, volgendosi verso il rosone d’ingresso, si può osservare parte dell’interno del pozzo. Ritornando alla base si accede al terzo ampio ambiente quasi strisciando al suolo. Poi si prosegue lungo una breve salita che termina con un salto di circa 4m. su un quarto ambiente. Quest’ultima sala conduce, dopo una svolta a sinistra, al terrazzino della seconda uscita. Ci troviamo circa 200m. s.l.v. e fronte a noi possiamo osservare un meraviglioso scorcio marino incorniciato tra i rami di ginepro. Mentre sulla parete di sinistra è presente una grande apertura circolare che ha un diametro approssimativo di 5m. Attendiamo che tutti escano dalla grotta e riprendiamo il percorso. Dopo una lieve discesa, procediamo al salto scavalcando le radici di un grosso ginepro.

Raggiunta la cengia sottostante, discendiamo un sentiero di ghiaia e sassi, con la parete alla nostra sinistra e seguendo la naturale curvatura del costone raggiungiamo il punto per la quinta calata. Anche in questo salto, nei primi metri, si attraversa una discesa tra i ginepri ed altri arbusti mediterranei fino a raggiungere uno strapiombo di circa 9m. Il sentiero sottostante conduce ad un ampia arcata (5m. di altezza per 4m. di larghezza), che divide i due versanti della montagna. Sopra l’arco è cresciuto un caratteristico ginepro al quale tutti scattiamo numerose foto. Per raggiungere la sesta calata è necessario disporre una corda trasversalmente alla ripida parete, in modo da creare un passamano di sicurezza. Dopo esserci allongiati procediamo con cautela, uno per volta, lungo una linea che taglia orizzontalmente il dirupo, sia posando i piedi su alcune fenditure della roccia che passando sopra alcune radici, fino a giungere al frazionamento disposto alla base di un tronco d’albero.

In questo punto il salto non è più alto di 3-4 m. Son quasi tentato a scendere tenendomi alla corda semplicemente con le mani, ma Giorgio mi ferma consigliandomi di utilizzare comunque il discensore, in modo da effettuare una discesa regolare e più sicura, ricordandomi che i problemi nascono non tanto dall’altezza del salto, ma dal tipo di caduta. Il sentiero prosegue in pendenza inoltrandosi tra una vegetazione di arbusti e ginepri e conclude sul cesellato greto di un fiume in secco. Qui, la forza centrifuga dell’acqua, scorrendo tra ripidi pendii, ha levigato le pareti modellando la roccia, fino a creare alcune squadrate cavità orizzontali, alcune grandi come vasche. Dopo qualche minuto raggiungiamo il sito per il settimo ed ultimo salto, identificabile anch’esso per la presenza di un ginepro posto sul ciglio della scarpata. Siamo a circa 60m. di altezza e la calata volge proprio sul mare. L’osservazione da questa prospettiva ci regala immagini che si traducono in emozioni uniche: il connubio tra il mare e la montagna è incontrastabilmente meraviglioso. Ed anche qui i ginepri, inerpicandosi tra le rocce, dimostrano la volontà di vivere, creando con le radici le forme più fantasiose.

Dopo aver predisposto con massima attenzione le corde attorno al grosso tronco, armando il tutto con i giusti crismi, ci prepariamo psicologicamente per il salto. Il primo ad effettuare questa spettacolare calata è Francesco B., che dopo aver affettuosamente salutato tutti e scherzosamente commuovendosi inizia a calarsi. Seguono i diversi compagni che, rassicurandosi reciprocamente, si calano nel vuoto fino a raggiungere la scogliera. Fin dalla partenza siamo invitati a non terminare il salto sulle rocce vicino al mare, in quanto in tal modo ci troveremo alla base un alto dislivello dal quale non si risale facilmente. Memore del consiglio, mi preparo al salto sotto la supervisione di Giorgio, calandomi gradualmente sul vuoto. E’ un’emozione fantastica! Termino la calata su un terrazzo a circa 3-4m. dal mare, con la collaborazione di Adriano U. che mi fa sicura e, mantenendo la corda vicino alla parete, mi permette di atterrare al giusto livello. Poi raggiungo gli altri compagni che attendono poco più in alto seduti su alcune rocce. Francesco B. ci fa notare che le aperture presenti nel costone roccioso alle nostre spalle, appartengono ad una grotta da lui visitata in occasione di una precedente escursione. Decido quindi di far un sopralluogo insieme a Roberto.

L’ ingresso è abbastanza ampio e dopo aver avanzato internamente per circa 10m. è presente una curva a sinistra che porta ad un salone centrale dove son presenti alcune stallatiti. Nel frattempo ci raggiunge anche Tore e, dopo una breve discesa, raggiungiamo un secondo ingresso che si apre nel versante opposto e volge a strapiombo sul mare. Notiamo che la parete è armata con una corda disposta orizzontalmente lungo le curvature della falesia e prosegue sulla destra, in direzione della Grotta del Fico. Ritornando verso la sala centrale, rileviamo un’altra apertura che termina anch’essa sul mare. Inoltre son presenti alcune ampie fenditure che ci consentono di vedere lo spazio antistante la grotta dove sostano i nostri compagni. Mentre ci dirigiamo verso l’uscita, Roberto trova la placchetta della grotta, censita nel Catasto Speleologico Regionale della Sardegna col n. 1262 SA/OG (Grotta N.1 della Costa del Bue Marino). Quindi raggiungiamo i compagni e, dopo esserci assicurati di non dimenticare un qualsiasi zaino, iniziamo il trekking che ci condurrà sulla via del rientro.

Dopo un breve tratto lungo la scogliera, in alcuni passaggi ferrata, scendiamo fino a transitare a livello del mare. Poi, iniziamo a risalire la gola che risulta completamente ricoperta dalla vegetazione. Il sentiero è indicato dai classici omini in pietra, in verità posti sporadicamente e non proprio facilmente identificabili. Affrontiamo la ripida salita con passo moderato e costante fino giungere in cima ad un costone. Difronte a noi, possiamo osservare il costone opposto dove abbiamo effettuato le calate. Continuiamo a seguire il sentiero risalendo verso il centro della gola attraversando un bosco di querce secolari. Poi procediamo lungo una pietraia fino a giungere su uno sterrato che conduce alle auto. Terminiamo l’avventura alle 16:30, completando l’intero percorso entro i tempi stabiliti (9 ore). Prima di rientrare a casa, concludiamo la fantastica giornata nei pressi del bivio per Cala Goloritzè, banchettando su un tavolo campestre illuminato dalle luci dei nostri caschi.