Sa Crovassa de Pranu Pirastu (novembre 2015)

Dopo aver partecipato alla ferrata di sabato 21 a Gutturu Xeu, entusiasta delle emozioni provate, ho deciso di avvicinarmi alla speleologia. Pertanto giovedì sera mi son recato al Centro Iglesiente Studi Speleo Archeologici (C.I.S.S.A.), dove ho conosciuto alcuni ragazzi che hanno fattivamente contribuito a realizzare il progetto della ferrata e che, motivati da una forte passione per la speleologia, organizzano escursioni in grotta. Conversando con i nuovi amici ho espresso il desiderio di voler provare questa nuova esperienza. Quindi, questa domenica sono stato invitato a partecipare all’esercitazione nella grotta Sa Crovassa dove mi verranno spiegate alcune tecniche di progressione su corda. L’abbigliamento che mi consigliano d’indossare è principalmente una tuta (può andar bene anche una simile a quella da meccanico) e degli stivali alti in gomma (come quelli da giardinaggio o infortunistici). Inoltre è importante portare un cambio completo per quando si termina l’esplorazione (sovente capita che per l’umidità, lo stillicidio, lo strisciare al suolo e/o passare nell’acqua, si esca dalla grotta infangati e fradici).
L’appuntamento è fissato per le 9:30 alla sede del C.I.S.S.A., sita nella zona industriale di Iglesias, ubicata negli stabili del centro sportivo "Ceramica". Giunto in sede incontro Guido, Roberto e Nicola che preparano l’attrezzatura da portare in grotta. Tra loro c’è anche un altro ragazzo, Adriano Us. che, come me, verrà ad imparare alcune tecniche speleo. Dopo aver registrato su un modulo di scarico ogni singolo strumento preso dal magazzino attrezzi, carichiamo il tutto sulle auto e ci avviamo verso Domusnovas. Raggiunta una vecchia azienda avicola, sita oltre le Grotte di Domusnovas, lasciamo le auto e risaliamo un ripido pendio fino alla grotta (il cui nome esatto è Sa Crovassa de Pranu Pirastru). La prima operazione è quella d’indossare tuta, imbragatura e casco che eseguo sotto il controllo dei compagni. I ragazzi si dividono i compiti: Guido e Nicola iniziano ad armare le pareti, in modo da predisporre alcune calate in corda lungo il pozzo; mentre Roberto istruisce me ed Adriano, spiegandoci sia in teoria che in pratica alcune tecniche di discesa e risalita. Quindi, predispone una calata un dislivello di circa 2,5m. che termina su un ampio spazio pianeggiante.
La prima spiegazione concerne la discesa con l’utilizzo del discensore (un tempo, per le lunghe calate, si utilizzavano le scalette in corda con i pioli in legno). Il discensore è uno strumento in acciaio che aprendosi a croce permette di sistemare la corda in posizione ad “S” su due pulegge e chiudendosi stringe la corda stessa consentendo una discesa controllata. Quando, durante la discesa, dobbiamo fermarci (ad esempio, in occasione di un frazionamento) è necessario bloccare la corda effettuando una chiave sul discensore stesso. La spiegazione teorica è seguita subito dalla pratica. Poi, Roberto passa alla spiegazione della tecnica di risalita, illustrandoci l’uso della maniglia e del croll. La maniglia è un arnese dove la corda può scorrere solo verso il basso ed è agganciata all’imbrago tramite una longe. Nella maniglia è saldamente fissata una solida fettuccia lunga circa 1,5m. che termina con una staffa. Per effettuare la salita è necessario infilare un piede nella staffa e, mentre ci si solleva, con la mano si porta la maniglia verso l’alto, procedendo per piccoli tratti. La corda scorre anche nel croll, che è un bloccante posto sopra il delta dell’imbrago.
Sotto il controllo vigile di Roberto, con Adriano eseguiamo i vari esercizi, compresi i frazionamenti, smontando e rimontando i giusti strumenti, finché ci sentiamo pronti per fare una prova direttamente nel pozzo. Nel frattempo Guido e Nicola hanno terminato di armare la parete e ci invitano a provare l’ebrezza del primo salto. Ancor prima di avvicinarmi al pozzo aggancio le due longe su una corda disposta come corrimano lungo il terrazzo che volge alla scarpata. Procedo quindi per 6m. sganciando alternativamente una longe per volta lungo i frazionamenti, fino a giungere sul ciglio. Guido, che mi attende su una corda parallela alla mia, mi invita a scendere. Cominciamo la calata, lungo una parete verticale, puntando sulla roccia per trovare il giusto equilibrio, fino a raggiungere il primo frazionamento. I frazionamenti sono stati predisposti in modo tale che quello della corda di Guido risulti poco prima del mio, in modo tale che possa assistermi durante le manovre.
Proseguo fino all’altezza del moschettone ed aggancio la longe corta sollevandomi il tanto giusto per poter scaricare il discensore e predisporlo sulla nuova corda. Poi, riprendo la calata che continua nel vuoto per una decina di metri senza aver alcun appoggio in parete, fino a raggiungere il suolo. Dopo esserci slongiati do la “libera” ad Adriano per la sua discesa. Ci troviamo alla base di un cumulo di guano che forma una ripida e sdrucciolevole cupola. La luce tenue che filtra dall’alto illumina il grande salone che allungandosi degrada verso il basso fino a scomparire nell’oscurità.
Da qui giù si può osservare la scarpata nella sua completa integrità: nella prima metà si notano le corde che scendono accanto al costone, mentre nella parte terminale le corde pendono sul vuoto. Il salto è maestoso ed assume un fascino particolare. Appena Adriano e Roberto raggiungono il suolo, con Guido ci prepariamo alla risalita. Sistemo il discensore su un anello di servizio dell’imbrago (in quanto ora non dovrò più utilizzarlo) e prendo la longe lunga, dov’è fissata la maniglia, svolgendo anche la fettuccia per utilizzare la staffa. Aggancio la corda al croll, poi sistemo la maniglia all'altezza della testa.
Quindi, come insegnato da Roberto, mi sollevo facendo leva con il piede sulla staffa e con brevi e fluidi movimenti sollevo la maniglia verso l’alto. Si procede per piccoli tratti: come per fare un gradino per volta. Mentre si risale la corda dovrebbe scorrere fluidamente lungo il croll. Purtroppo questo non si verifica, pertanto, per potermi sollevare faccio scorrere manualmente la corda sotto il croll. Raggiunto il frazionamento, dopo essermi assicurato al moschettone con la longe corta, sposto maniglia e croll sulla nuova corda. Quando resto sospeso all’anello del frazionameno sento che l’imbrago mi stringe troppo le costole e la schiena (sicuramente è necessario far degli aggiustamenti, oppure scegliere un imbrago con la cintura che fascia la schiena più larga). Questo fastidio mi porta istintivamente a tenermi sulla corda, per trovare una postura più in verticale in modo da sorreggermi meglio, alleviando la pressione della cintura sui reni. Guido, nell’osservarmi, fraintende questo comportamento come ricerca di sicurezza, o paura del vuoto.
Al momento non riesco a smentire, anche perché non sempre è facile tradurre in parole le emozioni, soprattutto nell’attimo in cui si vivono tali esperienze; ma le sensazioni che provo son tutte positive e tra queste la paura è lungi da me! Ma la premura di Guido mi fa piacere, perché si dimostra un ottimo maestro, rassicurandomi costantemente e spiegandomi passo dopo passo le tecniche con i giusti accorgimenti per eseguirle al meglio. Risaliti sul costone, ci slongiamo dalla corda di calata assicurandoci a quella disposta trasversalmente sul terrazzino, dando il via libera alla risalita di Adriano e Roberto. Nel frattempo aiutiamo Nicola a procurare altra legna per il fuoco. Considerando che c’è ancora tempo prima di iniziare la grigliata, Guido mi propone di rifare la calata che accetto ben volentieri. Dopo di me, anche Adriano fa nuovamente la calata, assistito questa volta da Nicola. Terminiamo la bella giornata a chiacchierare amichevolmente intorno al fuoco in compagnia di ottimo cibo e buon vino..