Grotta Cea Spreni (aprile 2023)
Oggi è prevista l'esplorazione della grotta Cea Spreni, sita sul monte omonimo a 878 metri s.l.m., registrata nel catasto speleologico regionale col n.3497 SA/SU. Con i miei compagni stabiliamo d'incontrarci in sede alle 8:00. Ci presentiamo all'appuntamento in quattro: Daniela D., Vladimiro U., Adriano U e Francesco M. Dopo aver caricato in auto i tubolari con corde ed attrezzatura d'armo ci avviamo verso la nostra meta. Da Iglesias raggiungiamo l'abitato di San Benedetto e, lasciata la strada asfaltata, proseguiamo su sterrato fino al villaggio minerario di Malacalzetta. Adriano coglie l'occasione per farci visitare una meravigliosa "funtana crobetta" che ci concediamo di contemplare per qualche istante.
Tuttora nel pozzo rileviamo la presenza dell'acqua
La costruzione si conserva molto bene
A pochi passi dall'antico pozzo sono presenti i ruderi di un ampio edificio disposto su due piani. Adriano, che ci guida passo, passo, fa notare che in ogni stanza del caseggiato è presente un caminetto.
Si sofferma a spiegarci che i muri erano realizzati con pietre locali cementate a fango, poi ricoperte da intonaco grosso a fango con spessore di qualche centimetro, così da coprire le inevitabili imperfezioni. I muri, dopo esser stati così preparati, venivano rivestiti con la calce.
La tecnica utilizzata si evince dalle lunghe scanalature verticali, poste a distanze progressive, ove esistevano dei rialzi utilizzati per livellare la parete con l'ausilio di una lunga tavola.
Per lisciare il muro, eliminare il materiale in eccesso e rendere il tutto a filo a piombo, la lunga tavola veniva fatta scorrere dal basso verso l'alto. I pochi mattoni presenti furono utilizzati per perfezionare l'arco superiore delle finestre e le mensole dei caminetti.
Adriano conclude la spiegazione con la logica riflessione che, vista l'accuratezza posta nella realizzazione dell'opera, le maestranze che costruirono tale fabbricato furono sicuramente formate da operai provetti. Riprese le auto percorriamo la periferia del villaggio abbandonato ed osserviamo i tanti edifici, ormai in fatiscente stato, che invano tentano di erompere da uno scenario quasi spettrale. Alla realtà si contrappone l'immaginazione che, viaggiando indietro nel tempo, ci fa rivivere un frammento di vita quotidiana ricreando la vivacità di questo centro minerario. Allora, potresti vedere bimbi che giocano, la scuola, la cappella, alcune donne indaffarate al lavatoio, gli uffici amministrativi della miniera e l'ufficio postale ove ti potevi recare per mantenere un filo di corrispondenza con i propri cari.
Usciti da Malacalzetta cominciamo una lunga salita che ci condurrà in cima al monte Campu Spina (939 metri s.l.m). Lo sterrato diventa sempre più dissestato fino a rallentare la nostra andatura a passo d'uomo. Giunti in cima parcheggiamo qualche decina di metri da una recinzione chiusa da un cancello ove conclude la strada.
La punta di Campu Spina è occupata quasi interamente da tralicci che alloggiano ripetitori per telecomunicazioni.
In linea d'aria la grotta dista circa 300 metri in direzione nord, quasi in punta al monte Cea Spreni (916 metri s.l.m.). Il cielo è leggermente velato e gli sprazzi di sole sono decisamente smorzati da un insistente maestralino.
Ci affrettiamo ad indossar l'imbrago e, fatta qualche foto panoramica, imbocchiamo un sentiero ben marcato che discende nel bosco.
Per gli amanti delle passeggiate campestri, dal sentiero si dirama qualche bivio ove sono posti cartelli con freccia indicanti distanza e luogo da raggiungere.
Dopo circa 200 metri lasciamo il sentiero ed attraversiamo un tratto di bosco ove spiccano, qua e là, meravigliose peonie.
Proseguiamo un tratto all'aperto camminando su lastricati rocciosi per poi introdurci di nuovo nel bosco.
Avanziamo fino ad individuare un vecchio sentiero dei carbonai trovando una prima piazzola e, a poca distanza, una seconda.
Controllando le coordinate dovremo ormai essere vicinissimi al punto. Risaliamo il pendio oltre la piazzola per pochi metri e giungiamo alla meta. La grotta si apre direttamente a livello del terreno, con una spaccatura rocciosa parzialmente chiusa da alcuni tronchetti posti probabilmente per evidenziarne il pericolo.
Adiacente alla parete rocciosa si trova un più ampio ingresso a pozzo.
Con Vladimiro risalgo qualche metro per cercare un armo naturale che consenta un avvicinamento in sicurezza. Individuiamo un grosso albero distante circa 3 metri dal salto. Dopo aver assicurato la corda al tronco, Miro, che con tanta passione si sta sempre più perfezionando nelle tecniche speleo, si cala e comincia ad armare. Adriano, da supervisore, controlla che tutte le operazioni siano eseguite correttamente.
Dopo la "libera" di Miro si cala Daniela, seguita da Adriano ed io per ultimo.
Sono sufficienti solo due frazionamenti per oltrepassare la soglia ed accedere all'interno di un enorme salone. Mi calo nel vuoto per circa 20 metri, gustandomi attimo per attimo la bellezza della grotta. Roteando a 360° mi soffermo ad osservare le concrezioni illuminate dai raggi di luce che filtrano dall'esterno.
Volgendo lo sguardo alla parete noto Andriano che passeggia sopra un meraviglioso balcone incorniciato da alte colonne.
Pare quasi l'ingresso di un castello, orlato da guglie e fortificato da un bastione che domina tutto il salone.
Appena giungo a terra i compagni mi chiamano per condividere le emozioni delle proprie scoperte, offrendomi in tal modo l'opportunità di scattare qualche foto. Ecco allora che un piccolo fosso diventa uno scrigno con splendenti pisoliti. Sotto qualche masso scorgo un geotritone e, poco distante, un millepiedi nero più conosciuto come julide (anche julius), sembra aver molta fretta e scappa via.
Incuriosito dal singolare balcone visitato prima da Adriano, mi arrampico qualche metro ed entro ad esplorarlo scoprendo che al termine del breve calpestio si accede in un altro salone. Chiedo ai compagni di raggiungermi ed avanzo disarrampicando per qualche metro fino ad accedere al nuovo ambiente. Attira la mia attenzione un'alta spaccatura verticale che permette d'intravvedere una formazione calcarea che somiglia alla sagoma di una belva.
Poco più in basso è presente un lungo gradone orizzontale che marca la roccia con tonalità più scura, indice che in passato l'area era completamente allagata.
Nel frattempo i compagni mi hanno raggiunto e proseguo l'esplorazione insieme a loro. Con Adriano e Daniela osserviamo il pavimento che presenta una serie di vaschette orientate verso un inghiottitoio.
Miro s'introduce per dare un'occhiata, ma quel foro non offre soddisfacente prosecuzione.
La parete laterale è costituita da particolari formazioni calcaree mammellari.
Il salone termina qualche metro più in fondo presentando una parete tempestata da piccole aragoniti, composte da due o tre cristalli, con il vertice colorato di spruzzi giallognoli. La parete di cristalli, simile ad un prato di fiori gialli primaverili, cala verticalmente verso il basso fungendo da sfondo ad una nivea stalagmite che, risaltando in primo piano, assume le fantasiose fattezze di una madonnina.
Rientrati nel salone principale ci organizziamo per esplorare un secondo ramo chiamato Salone Clan, che prosegue oltre un ripido salto di una decina di metri. Adriano predispone la calata e si accinge a scendere per primo. Dopo averlo raggiunto proseguiamo un tratto che transita sotto un arco di roccia e sbuchiamo sotto una bianchissima stalagmite a cupola.
Risaliamo qualche metro osservando il massimo silenzio in quanto sono appesi al soffitto alcuni pipistrelli addormentati. Il percorso diventa pianeggiante e ci consente di accedere comodamente al nuovo ramo chiamato "Condotta ASI". Si tratta di un lungo tunnel con tratti di parete levigati (alcuni punti sembrano vetrificati), che si sviluppa per una quarantina di metri.
Sovente rileviamo formazioni mammellari, molto più allungate rispetto a quelle viste in precedenza, che presentano gradazioni cromatiche sia chiare che scure.
In un angolo troviamo delle ossa di qualche roditore.
Oltre la Condotta ASI non c'è prosecuzione, quindi torniamo verso la sala principale ed andiamo a visitare un salone situato su un livello più alto al quale si accede transitando su una strettoia verticale. Nel nuovo salone ci sono stalattiti con stillicidio e sulla volta penzolano lunghi fasci di sottili radici.
Il pavimento è leggermente inclinato e versa su un salto che precipita nel salone principale.
Ci sono tante vaschette, una in particolare molto ampia e ben modellata. In alcune, ove è presente acqua, scrutiamo attentamente alla ricerca di qualche forma di vita, ma rileviamo unicamente larve di zanzara.
Rientrati nel salone principale ci prepariamo ad uscire dalla grotta. Il primo è risalire è Adriano, seguito da me e Vladimiro. L'ultima a lasciare il salone è Daniela che deve anche disarmare la grotta.
E' un piacere vedere con quanto entusiasmo porta a compimento il compito e, per essere la prima volta che disarma, sta esordendo splendidamente.
Da fuori osserviamo compiaciuti il suo lavoro e tifiamo per lei.
Mentre si trova, ormai, all'ultimo frazionamento le offriamo il nostro aiuto, ma lei imperterrita va avanti fino alla fine con tanta determinazione.
Felici e soddisfatti per l'ottima prestazione della nostra compagna, tubolari in spalla facciamo rientro alle auto. Poi, cerchiamo un punto riparato per arrostire e concludiamo la bella escursione con un bicchiere di vino.