S’Istrada Longa e S’Arcada Manna (settembre 2020)


“OGGI NON POTRETE DIRE CHE SONO ARRIVATO IN RITARDO!”

Ore 05:45, il vocione di Tore tuona all’improvviso e sveglia mezzo quartiere…

Mi precipito fuori casa, frettolosamente saluto tutti; Adriano sale nella mia macchina e ci allontaniamo velocemente prima che Tore svegli l’altra metà del quartiere che vorrebbe ancora sonnecchiare.

E’ il 19 settembre del 2020: la nostra meta è S’Istrada Longa e S’Arcada Manna.

Un Trekking ad anello meraviglioso che attraversa una delle zone più selvagge del Supramonte di Baunei.

Lungo circa 11 km, con dislivelli che superano i 700 mt, si sviluppa per lo più tra altipiani di calcari e dolomie, riconducibili all’era mesozoica, che l’erosione ha trasformato in enormi bastioni posti a difesa di una natura incontaminata.

Il trek è considerato piuttosto faticoso e difficoltoso: presenta alcuni tratti di facile sentiero, ma anche ripide salite, pietraie e tratti molto esposti che lo rendono inadatto ai meno esperti e soprattutto a chi soffre di vertigini.

Nell’arco delle circa 7 ore, necessarie a portare a compimento l’intero percorso, si può godere di meraviglie ambientali uniche e di veri e propri monumenti naturali immersi in un ecosistema aspro e selvaggio.

Le emozioni?  Si, di certo non mancano nemmeno quelle…

Nel rispetto delle procedure COVID-19 ci suddividiamo in 3 macchine: Fabrizio Pilloni in compagnia della “musona” Daniela Deiana; Tore Medda e Alberto Mura che con le loro vocine tengono compagnia al terzo passeggero, Stefania Pititu ed infine il sottoscritto, Vittorio Chessa, a progettare in auto con Adriano Urraci le possibili prossime avventure.

Percorriamo in fila indiana la SS 125 Orientale Sarda fino ad arrivare a Baunei e da qui proseguiamo, sempre sulla SS 125, in direzione Dorgali. Qualche centinaio di mt dopo il km 169, in loc. Genna ‘e Salbéne, imbocchiamo a destra una stretta strada sterrata in leggera salita che conduce verso il piano di Otzio. Proseguiamo lungo la strada sterrata principale, superiamo l’ovile Carta e dopo ancora un bel tratto finalmente arriviamo alla radura Su Loriscadorgiu.

Siamo sull’altipiano del Margine vicini a punta su Contu, che, dai suoi poco meno di 1000 mt, domina il paesaggio circostante: é da qui che partiremo per la nostra escursione.

Ore 08:50, parcheggiate ben benino le auto, tra una battuta e l’altra iniziano i preparativi: ultima sistemata agli zaini e si parte. Cielo leggermente velato, temperatura piacevole, morale alle stelle e soprattutto tanta allegria.

Insomma sembrano esserci tutti gli ingredienti per una bellissima giornata.

Partiamo con passo spedito; percorriamo un tratto di radura in direzione sud seguendo uno stretto greto che ci immette alla parte alta del Bacu Addas.

Da qui iniziamo la discesa in un terreno sconnesso ma non difficoltoso che favorisce tra noi il fiorire di intensi e profondi dialoghi. Ma questa non è una giornata da affrontare cercando di spiegarci i misteri dell’umanità e così, d’improvviso, si riprende con le battute, le risate e l’osservazione attenta e compiaciuta dell’ambiente che ci circonda.  

Ci vuol poco a capire d’essere entrati nel Bacu Addas, l’ambiente cambia radicalmente, il terreno, pur senza particolari difficoltà, si fa più scosceso, ghiaioni e macigni si sostituiscono al rassicurante sentiero. La tipica vegetazione bassa mediterranea, della dolce e spianata radura, lascia spazio ai grandi Lecci e Ginepri che si propongono con la discreta prepotenza tipica dei giganti buoni.

Tassi centenari (Taxus baccata) con le loro bacche rosse, sembrano osservare il nostro passaggio, così come per secoli hanno fatto con i pastori ed i carbonai che da lì transitavano verso gli impervi luoghi di lavoro e di “quasi” vita.

Ci piace immaginare tutto ciò, e quindi con reverenza ed ammirazione ci soffermiamo ad osservare la bellezza di questi rari esemplari, retaggio di un tempo passato.

Superato il bosco, ecco che il Bacu Addas si fa più ripido e selvaggio; con inganno si restringe per poi aprirsi all’improvviso su uno scenario da capogiro. Un vuoto improvviso e vertiginoso ci coglie alla sprovvista regalandoci un vasto panorama composto da alti anfiteatri di calcarei ocra che si contrappongono allo scuro vuoto del sottostante Bacu S’Orruargiu.

Ci fermiamo, le macchine fotografiche scaldano i motori. 

Velatamente qualche piccolo dubbio, se proseguire o meno, comincia a farsi strada tra chi si trova in questi luoghi per la prima volta, ma si tratta di istanti, la forza della squadra ha già preso il sopravvento e si prosegue senza tentennamenti.

Subito a destra, un passaggio non difficile stretto e verticale, ci conduce verso una bassa spaccatura nella roccia leggermente strapiombante che richiede qualche attenzione. Solide prese assicurano il passaggio e limitano i possibili sbilanciamenti causati dallo zaino.

E’ un biglietto da visita niente male su ciò che ci aspetta, ma superato il tratto, anche i timori residui di colpo svaniscono, sostituiti prontamente da una carica di entusiasmo.

Ancora un breve tratto e raggiungiamo una bella cengia, larga ed alta, cosparsa di tronchi di ginepri contorti come fossero messi li ad affermare che solo alla natura può essere concessa la realizzazione di opere di tale perfezione.

Un sentiero agevole tra roccette e ginepri ci conduce facilmente su di un bellissimo terrazzino sospeso nel vuoto, perfetto punto panoramico per una breve sosta e foto ricordo.

Improvvisamente il gruppo rompe le righe, c’è chi ammira le bizzarre opere della natura, chi si fionda, torcia in testa, all’interno di una grotta dall’ampia apertura, chi scatta foto a ripetizione.

Richiamata al rispetto delle tempistiche, la squadra si ricompatta in breve tempo e prosegue in direzione dell’ultimo bosco che precede la cengia de S’Istrada Longa, vera ma non unica meta dell’escursione.

Il buonumore e la carica non ci abbandonano mai nemmeno per un istante e saranno una piacevole costante per tutto il tragitto.

Ci siamo: improvvisamente compare ai nostri occhi la parete a strapiombo che accoglie a mezza costa la stretta cengia de S’Istrada Longa, unico passaggio possibile per raggiungere il punto di rientro da Bacu S’Orruargiu.  

L’aver già superato, fin qui, qualche passaggio leggermente esposto, ha consentito a tutti di poter gustare il panorama che ora si è parato davanti, senza più la preoccupazione di dover affrontare lo stretto passaggio che si affaccia vertiginosamente sul vuoto.

In fila indiana superiamo con passo certo e cuore in tumulto, questa scenografica cengia che non smette di stupire e di affascinare e che viene considerata, a ragion veduta, principale attrazione di uno dei trekking più belli della Sardegna.

L’antico passaggio di pastori che da Su Contu andavano verso la Codula Sisine, se attraversato con attenzione non è mai pericoloso, ma di certo non è adatto ne consigliato a chi soffre di vertigini. 

Si attraversa, come sospesi nel cielo, una cengia ricavata tra rocce dai colori caldi ed accoglienti, lunga qualche centinaio di metri e talvolta non più larga di 40/ 50 cm, dove i nostri piedi avanzano cautamente sull’orlo di uno strapiombo profondo oltre centocinquanta metri.

La tensione è pienamente ripagata da un panorama mozzafiato, tra i più belli al mondo, fatto di immensi anfiteatri di calcare che accolgono scene di una natura ostinata e selvaggia che ha dovuto lottare strenuamente per poter sopravvivere in un ambiente così duro. 

Superato l’ultimo strettissimo tratto, ci si affaccia finalmente ad un ampio terrazzino che interrompe definitivamente l’apnea e la concentrazione del gruppo, lasciando spazio ad ampi sorrisi e caldi abbracci tra chi ha dato e ricevuto supporto.

Il pezzo forte è superato e già se ne sente la mancanza, verrebbe voglia di ripercorrerlo a ritroso ma si è fatto tardi, dobbiamo proseguire in direzione della pietraia che porta giù in prossimità dello scalone de Su Marinaru.

Le risate e le battute, con le quali affrontiamo in discesa il ripido ghiaione, credo riecheggino ancora oggi nel bacu…

Terminata la rocambolesca discesa iniziamo una ripida salita, molto impegnativa che ogni tanto incontra, piccoli terrazzamenti realizzati dai carbonai in tempi ormai perduti.

La salita, lungo il Bacu S’Orruargiu, continua sempre più irta attraverso un bosco primario composto da tassi centenari, frassini ed enormi lecci. Proseguiamo all’interno del canale tra le bianche pareti di calcare che confinano il bacu e la prepotente vegetazione dal verde intenso che fa da contrasto.

Quasi inaspettata compare all’improvviso una bianca arcata con un diametro di 40 mt. e un’altezza di circa 120 mt, risultato di fenomeni carsici che in millenni di lavoro ne hanno dato origine. E’ S’Arcada Manna che, incorniciata da un bosco di di Taxus Bacata ed una distesa di bellissime fioriture, chiede solo di essere ammirata.

Approfittiamo del momento magico per fare una breve sosta utile a tirare il fiato e riempire gli occhi di tanta bellezza.

L’infinita salita riprende ancora fino ad incontrare tracce di antichi ovili e di vita pastorale passata, che comparendo all’improvviso ci indicano che il trekking volge al termine.

Proseguiamo imperterriti, incoraggiati da un fantomatico altopiano più volte prospettato illusoriamente da Adriano, fino ad entrare, attraverso uno scalone, nel Bacu Urussò che percorreremo fino al suo termine.

Stanchi ma appagati arriviamo finalmente a su Loriscadorgiu, meta finale di questo meraviglioso trekking.

L’affiatamento del gruppo CISSA ha permesso ancora una volta di assaporare appieno tutti i momenti di una giornata che di certo non scorderemo, sia per le meraviglie incontrate che per i momenti di serenità vissuti.

Alla prossima

Vittorio Chessa