S’Istrada Longa e S’Arcada Manna (settembre 2020)
Ore 05:45, il vocione di Tore tuona all’improvviso e sveglia mezzo quartiere…
Mi precipito fuori casa, frettolosamente saluto tutti; Adriano sale nella mia macchina e ci allontaniamo velocemente prima che Tore svegli l’altra metà del quartiere che vorrebbe ancora sonnecchiare.
E’ il 19 settembre del 2020: la nostra meta è S’Istrada Longa e S’Arcada Manna.
Un Trekking ad anello meraviglioso che attraversa una delle zone più selvagge del Supramonte di Baunei.
Lungo circa 11 km, con dislivelli che superano i 700 mt, si sviluppa per lo più tra altipiani di calcari e dolomie, riconducibili all’era mesozoica, che l’erosione ha trasformato in enormi bastioni posti a difesa di una natura incontaminata.
Il trek è considerato piuttosto faticoso e difficoltoso: presenta alcuni tratti di facile sentiero, ma anche ripide salite, pietraie e tratti molto esposti che lo rendono inadatto ai meno esperti e soprattutto a chi soffre di vertigini.
Nell’arco delle circa 7 ore, necessarie a portare a compimento l’intero percorso, si può godere di meraviglie ambientali uniche e di veri e propri monumenti naturali immersi in un ecosistema aspro e selvaggio.
Le emozioni? Si, di certo non mancano nemmeno quelle…
Da qui iniziamo la discesa in un terreno sconnesso ma non difficoltoso che favorisce tra noi il fiorire di intensi e profondi dialoghi. Ma questa non è una giornata da affrontare cercando di spiegarci i misteri dell’umanità e così, d’improvviso, si riprende con le battute, le risate e l’osservazione attenta e compiaciuta dell’ambiente che ci circonda.
Ci vuol poco a capire d’essere entrati nel Bacu Addas, l’ambiente cambia radicalmente, il terreno, pur senza particolari difficoltà, si fa più scosceso, ghiaioni e macigni si sostituiscono al rassicurante sentiero. La tipica vegetazione bassa mediterranea, della dolce e spianata radura, lascia spazio ai grandi Lecci e Ginepri che si propongono con la discreta prepotenza tipica dei giganti buoni.
Tassi centenari (Taxus baccata) con le loro bacche rosse, sembrano osservare il nostro passaggio, così come per secoli hanno fatto con i pastori ed i carbonai che da lì transitavano verso gli impervi luoghi di lavoro e di “quasi” vita.
Ci piace immaginare tutto ciò, e quindi con reverenza ed ammirazione ci soffermiamo ad osservare la bellezza di questi rari esemplari, retaggio di un tempo passato.
Superato il bosco, ecco che il Bacu Addas si fa più ripido e selvaggio; con inganno si restringe per poi aprirsi all’improvviso su uno scenario da capogiro. Un vuoto improvviso e vertiginoso ci coglie alla sprovvista regalandoci un vasto panorama composto da alti anfiteatri di calcarei ocra che si contrappongono allo scuro vuoto del sottostante Bacu S’Orruargiu.
Ci fermiamo, le macchine fotografiche scaldano i motori.
Velatamente qualche piccolo dubbio, se proseguire o meno, comincia a farsi strada tra chi si trova in questi luoghi per la prima volta, ma si tratta di istanti, la forza della squadra ha già preso il sopravvento e si prosegue senza tentennamenti.
Subito a destra, un passaggio non difficile stretto e verticale, ci conduce verso una bassa spaccatura nella roccia leggermente strapiombante che richiede qualche attenzione. Solide prese assicurano il passaggio e limitano i possibili sbilanciamenti causati dallo zaino.
E’ un biglietto da visita niente male su ciò che ci aspetta, ma superato il tratto, anche i timori residui di colpo svaniscono, sostituiti prontamente da una carica di entusiasmo.
Ancora un breve tratto e raggiungiamo una bella cengia, larga ed alta, cosparsa di tronchi di ginepri contorti come fossero messi li ad affermare che solo alla natura può essere concessa la realizzazione di opere di tale perfezione.
Un sentiero agevole tra roccette e ginepri ci conduce facilmente su di un bellissimo terrazzino sospeso nel vuoto, perfetto punto panoramico per una breve sosta e foto ricordo.
Improvvisamente il gruppo rompe le righe, c’è chi ammira le bizzarre opere della natura, chi si fionda, torcia in testa, all’interno di una grotta dall’ampia apertura, chi scatta foto a ripetizione.
Richiamata al rispetto delle tempistiche, la squadra si ricompatta in breve tempo e prosegue in direzione dell’ultimo bosco che precede la cengia de S’Istrada Longa, vera ma non unica meta dell’escursione.
Il buonumore e la carica non ci abbandonano mai nemmeno per un istante e saranno una piacevole costante per tutto il tragitto.
Ci siamo: improvvisamente compare ai nostri occhi la parete a strapiombo che accoglie a mezza costa la stretta cengia de S’Istrada Longa, unico passaggio possibile per raggiungere il punto di rientro da Bacu S’Orruargiu.
L’aver già superato, fin qui, qualche passaggio leggermente esposto, ha consentito a tutti di poter gustare il panorama che ora si è parato davanti, senza più la preoccupazione di dover affrontare lo stretto passaggio che si affaccia vertiginosamente sul vuoto.
In fila indiana superiamo con passo certo e cuore in tumulto, questa scenografica cengia che non smette di stupire e di affascinare e che viene considerata, a ragion veduta, principale attrazione di uno dei trekking più belli della Sardegna.
L’antico passaggio di pastori che da Su Contu andavano verso la Codula Sisine, se attraversato con attenzione non è mai pericoloso, ma di certo non è adatto ne consigliato a chi soffre di vertigini.
Si attraversa, come sospesi nel cielo, una cengia ricavata tra rocce dai colori caldi ed accoglienti, lunga qualche centinaio di metri e talvolta non più larga di 40/ 50 cm, dove i nostri piedi avanzano cautamente sull’orlo di uno strapiombo profondo oltre centocinquanta metri.
Superato l’ultimo strettissimo tratto, ci si affaccia finalmente ad un ampio terrazzino che interrompe definitivamente l’apnea e la concentrazione del gruppo, lasciando spazio ad ampi sorrisi e caldi abbracci tra chi ha dato e ricevuto supporto.
Terminata la rocambolesca discesa iniziamo una ripida salita, molto impegnativa che ogni tanto incontra, piccoli terrazzamenti realizzati dai carbonai in tempi ormai perduti.
La salita, lungo il Bacu S’Orruargiu, continua sempre più irta attraverso un bosco primario composto da tassi centenari, frassini ed enormi lecci. Proseguiamo all’interno del canale tra le bianche pareti di calcare che confinano il bacu e la prepotente vegetazione dal verde intenso che fa da contrasto.
Quasi inaspettata compare all’improvviso una bianca arcata con un diametro di 40 mt. e un’altezza di circa 120 mt, risultato di fenomeni carsici che in millenni di lavoro ne hanno dato origine. E’ S’Arcada Manna che, incorniciata da un bosco di di Taxus Bacata ed una distesa di bellissime fioriture, chiede solo di essere ammirata.
Approfittiamo del momento magico per fare una breve sosta utile a tirare il fiato e riempire gli occhi di tanta bellezza.
Proseguiamo imperterriti, incoraggiati da un fantomatico altopiano più volte prospettato illusoriamente da Adriano, fino ad entrare, attraverso uno scalone, nel Bacu Urussò che percorreremo fino al suo termine.
Stanchi ma appagati arriviamo finalmente a su Loriscadorgiu, meta finale di questo meraviglioso trekking.
L’affiatamento del gruppo CISSA ha permesso ancora una volta di assaporare appieno tutti i momenti di una giornata che di certo non scorderemo, sia per le meraviglie incontrate che per i momenti di serenità vissuti.
Alla prossima