Canyoning Flumineddu - Sa Giuntura

Finalmente è arrivata la tanto attesa partenza per il trekking acquatico “Flumineddu-Gorroppu”. Alle 9:30 c’incontriamo in sede con tutti i compagni del C.I.S.S.A. per prendere dal magazzino l’attrezzatura idonea all’escursione, compresi due canotti e diversi barattoli a chiusura stagna. Oltre me son presenti Francesco B, Riccardo M, Giorgio C, Adriano Ur, Cristina B e Carlo T. Lungo la strada per Cala Gonone, ci raggiunge Vittorio da Quartucciu. Giungiamo nella rinomata località turistica in tarda mattinata e ci rechiamo al bar “La Pineta” dove abbiamo appuntamento con quattro amici del CAI di Forlì (Giorgio A., Nicola, Giovanna ed Alberto). Mentre sorseggiamo una fresca bionda nei soleggiati tavolini del giardino, ridefiniamo il programma che vorremmo seguire che consiste nel pernottare stanotte in tenda al locale Camping Sardinia, per poi recarci domattina presto all’attacco del trekking per Flumineddu, così d’attraversare durante la giornata domenicale i diversi laghetti del rio fino a Sa Giuntura dove ci accamperemo per la notte; quindi, la mattina successiva (lunedì), riprenderemo il sentiero attraversando la gola di Gorropu.

Considerando che il percorso parte da un punto conosciuto come “la Grande U” e terminerà a Gorropu transitando su uno splendido scenario di 6,4Km., si pensava di portare questa sera alcune auto ai parcheggi di Gorropu, in modo da poterle utilizzarle lunedì sera per andare a riprendere quelle che dovremo lasciare domani mattina vicino alla Grande U. Mentre c’intratteniamo amichevolmente a chiacchierare non facciamo alcun caso all’ora che scorre. Seppur il nostro spirito non si nutra di solo cibo, sarà forse il respirare aria di vacanza, o gli aneddoti scherzosi tra amici, sta di fatto che un certo languorino cominciamo ad avvertirlo. Considerato che questo bar non è ancora attrezzato con cibarie pronte, i dodici baldi giovini balzano dalle comode seggiole per andare a cercar un più consono luogo di ristoro. Mentre ci muoviamo sguinzagliati tra le vie della marina fiutiamo, oltre al sapor di salsedine, un intenso, insistente e trascinante aroma di pietanze. Ed ecco come un miraggio appare un locale “Garden Bar”, con diversi tavoli disposti sotto gli alberi che mirano un suggestivo scorcio tra porto e spiaggia.

Rifocillati da un gustoso panino e completamente spettinati dalla fresca brezzolina, ci dirigiamo al camping per montar le tende. Troviamo un ampio spiazzo sotto gli alberi, poco distante dall’ingresso, e montiamo un semplice accampamento di sette tende. Poi, come concordato, Carlo T., Giorgio A. ed Alberto, portano le loro auto al parcheggio di Gorropu, seguiti da Francesco B. col quale rientreranno al campeggio. Per la cena ci organizziamo con panini, salumi, formaggi e, che non manchi, qualche bicchierozzo di vino, sistemandoci nell’area illuminata dietro la reception, attrezzata con tavoli, panche, angoli cottura e rubinetti d’acqua. Accanto alla nostra tavolata troviamo a disposizione un fantastico tavolo da ping pong con tanto di racchette e pallina. Non riusciamo a resistere alla tentazione; pertanto, tra un panino ed una bevuta, ci scateniamo nel gioco ripescando tra reminiscenze scolastiche d’ora di ginnastica, tecniche e trucchi impegnandoci come fossimo professionisti. Il nuovo giorno comincia ancor prima del’alba. Il tempo di un caffè preparato con il fornellino da campo ed alle 6:00 siam pronti alla partenza.

Da Cala Gonone ci muoviamo in auto verso Urzulei raggiungendo, dopo circa 30km. di Orientale Sarda (tempo stimato 25min.), l’incrocio con lo sterrato che conduce al ponte sul Rio Orbisi (distante da qui 6,5km.). Mentre percorriamo questa stradina di montagna, con una temperatura esterna che rasenta -1°, assistiamo brucare tra la brina un folto gregge di mufloni che notandoci si dilegua velocemente. Oltrepassato il ponte, procediamo per ulteriori 3,5km. trovando il punto dove lasciar le auto a poca distanza dall’attacco del trekking. Zaini in spalla, scavalchiamo una lunga rete metallica e ci avviamo verso nord attraversando un tratto di bosco che ci separa dal Rio Flumineddu. Dopo aver disceso una sdrucciolevole franata ghiaiosa ci troviamo esattamente al centro della “Grande U”. L’entusiasmo è alle stelle! Cominciamo ad avanzare in ordine sparso, percorrendo la distesa di massi bianchi ed osservando come in passato la forza delle piene abbia modellato le pareti levigando la roccia calcarea in perfette scanalature concave.

Sovente sui lati troviamo alberi precariamente abbarbicati, cresciuti su zolle tra le rocce, con parte delle radici che penetrando l’esiguo lembo di terra si avventurano allo scoperto per ricercar l’acqua del torrente. Altre radici particolarmente aggrovigliate son disposte trasversalmente al greto e scavalcarle diventa un’opportunità per mettere alla prova la nostra destrezza. La gola diventa sempre più stretta ed il percorso, snodandosi tra stretti tornanti, diviene ancor più impervio. Iniziamo anche a trovare sporadiche pozze d’acqua che, per ora, possiamo tranquillamente aggirare. Arriviamo in un punto ostruito da enormi macigni. Sulla sommità si trovano gli armi della prima calata. Il salto è alto circa 18-20m. e la discesa non è perfettamente perpendicolare. I primi 3-4m. si affrontano puntando i piedi su una parete verticale. Subito dopo è presente un’intercapedine longitudinale che si allarga verso il basso, fino a creare una vera e propria camera tra le rocce. Si atterra ancora all’asciutto e si prosegue per qualche tornante. Finalmente raggiungiamo una piattaforma di rocce piatte oltre la quale il percorso termina su un salto di circa 8-10m. volgendo in una lunga piscina naturale.

Qui si cambia d’abito! Ci spogliamo letteralmente per indossare muta ed imbrago. Mentre alcuni compagni si prodigano a gonfiare a fiato i due canotti, altri premuniscono gli zaini da eventuali scivolate in acqua proteggendoli dentro ampie buste in plastica. Francesco e Vittorio predispongono la corda e cominciano a calarsi. Dall’ euforico grido dei due amici apprendiamo che l’acqua è piacevolmente frescolina! Contestualmente caliamo anche i due canotti che servono per traghettare gli zaini fino alla sponda opposta. Cominciamo quindi a prepararci psicologicamente e, uno per volta, affrontiamo la calata che termina in una completa immersione dentro acqua ghiacciata, in un punto in cui con i piedi non si tocca il fondo. Pertanto, appena sganciato il discensore dalla corda, nuotiamo velocemente verso le rocce senza troppo tergiversare. Nonostante s’indossi la muta il freddo è persistente. Pertanto lungo il percorso, sovente affrontato con l’acqua alla vita, ricerchiamo tra gli imponenti bastioni della gola i rari angoli dove filtra qualche labile raggio di sole.

La forra si restringe ulteriormente creando un vorticoso scenario di grandi massi accatastati, fino a generare un cospicuo tappo calcareo oltrepassabile esclusivamente in arrampicata. Superato l’ostacolo è presente un piano inclinato fortemente scivoloso che termina con un salto verticale di circa 10m. dentro una lunga piscina. Come nel precedente salto, decidiamo anzitutto di calare gli zaini ma, contrariamente a prima dove nel punto in cui terminava la calata erano presenti alcune rocce piatte, ora la corda fila quasi al centro del lago. Non sapendo l’effettiva profondità della piscina, Vittorio propone di calarsi per primo per sondare le reali circostanze direttamente in situ e cominciare l’operazione di trasbordo zaini. Pertanto si cala fino all’acqua rilevando che la profondità è notevole, quindi effettua una chiave sul discensore in modo da poter restare immerso fino alla vita e, nonostante la posizione scomoda, poter più agevolmente caricare gli zaini sui canotti. Quindi iniziamo a passare gli zaini a Francesco e Giorgio che con un sistema di paranchi li calano fino a Vittorio per essere infine traghettati all’asciutto.

Nel cunicolo, in cui nel frattempo attendiamo, la distanza tra le pareti è ampia non più di 2m. e ci concede scarsa possibilità di movimento. L’attesa si protrae a lungo ed iniziamo a sentir freddo fin quasi a tremare anche perché, oltre ad esser bagnati, tra le strette pareti s’incanala una corrente fresca. Quindi, per riscaldarci, con Adriano, Cristina e Riccardo iniziamo a massaggiarci i muscoli percuotendoci reciprocamente braccia, schiena e gambe. A mali estremi, tal sistema sembra funzionare! Pian piano i compagni che mi precedono si stanno calando, ma prima che giunga il mio turno volgo d’istinto lo sguardo verso l’alto notando uno spiraglio di cielo soleggiato scevro da nubi. Ora, mentre mi calo, la luce del giorno diventa sempre più fievole e le plumbee pareti creano sull’acqua una sfumatura cupa. Complice l’oscurità che rende poco vividi i colori delineando un’atmosfera opaca. Liberato il discensore dalla corda nuoto per circa 15m. fino a raggiungere la sponda dove tra il sorriso dei compagni ritrovo un po di sole. Qualche minuto per ritemprarmi e poi riprendo il cammino.

L’obbiettivo è raggiungere Sa Giuntura prima dell’imbrunire, altrimenti dovremo bivaccare dentro la forra. Affrontiamo altri tornanti con una serie di laghetti con l’acqua che ci lambisce poco più su della vita, ma senza particolari necessità di utilizzare la corda. Giungiamo quindi all’interno di una grande conformazione rocciosa che, similmente ad una grotta, racchiude al suo interno un altro lago. Seguendo l’esempio di Francesco B. che dalle rocce si tuffa letteralmente in acqua, seguiamo a ruota io, Adriano Ur. e tutti i compagni al seguito, raggiungendo la riva a nuoto dopo una ventina di metri. Ora la gola si apre ridimensionando notevolmente l’altezza delle sue pareti ed il percorso diventa più pianeggiante e meno accidentato. Continuiamo il cammino e, dopo qualche centinaio di metri, compare innanzi a noi l’imponente anfiteatro di Sa Giuntura. Un meraviglioso monumento naturale, creato dalla confluenza di tre fiumi (rio Flumineddu, rio Orbisi e rio Titione), che hanno completamente modellato il territorio.

Ci fermiamo qualche istante ad ammirare la straordinaria bellezza di questo luogo, contemplando anche il bosco che dalle alture circonda questo capolavoro creato dall’acqua. Poco più avanti c’è una piscina con l’acqua bassa e tiepida, dove sostiamo per immortalare questo istante con una foto. Dopo aver percorso 4,2Km. dalla Grande U, stanchi, provati, ma felicissimi d’aver intrapreso quest’avventura, passiamo accanto ad un massiccio calcareo a forma di cubo, posto straordinariamente quasi al centro di una piazzale piastrellato contornato da conformazioni simili a lunghe panchine. Continuiamo ancora qualche decina di metri fino a giungere alla grande spiaggia di ciottoli dove ci accamperemo per la notte.