Trekking Creste di Monte Arcuentu



Il limpido chiarore dell’alba sembra preludere una giornata soleggiata. Anche il maestrale che soffiava i giorni scorsi ormai si è assopito. Oggi con alcuni amici del gruppo C.I.S.S.A. abbiamo organizzato un’escursione alle creste di Monte Arcuentu. Raggiungo Iglesias alle 7:15 ed incontro all’appuntamento Tonella, Cristina e Carlo. Per viaggiar tutti insieme, Tonella propone di utilizzare la propria auto; pertanto carichiamo i nostri zaini nel bagagliaio e partiamo verso S’Acqua Cotta (località tra Villamar, Vallermosa e Villacidro), dove incontriamo Valeria e Vittorio che giungono da Cagliari. Da qui proseguiamo il viaggio transitando per Gonnos e Guspini, fino a giungere a Montevecchio dove ci balza l’idea di cercare un chiosco per poter fare colazione. Ovviamente, in questa stagione è più facile trovar funghi che bar aperti! Ma il nostro umore non muta per tali inezie e, lasciato il paesino minerario, proseguiamo con entusiasmo il nostro viaggio imboccando la strada per Marina di Arbus.

Dopo qualche chilometro ci fermiamo presso un cartello turistico indicante uno dei tanti sentieri per l’Arcuentu. In particolare, il cartello segnala il percorso n.2: “Pardu Atzei – Case Frongia”. Da questo punto si gusta un fantastico panorama: sulla sinistra le colline degradano offrendo alla nostra vista uno splendido litorale che spazia fino alle Dune di Piscinas, mentre a destra domina imponente il torrione di Monte Arcuentu. Sostiamo qualche istante per consultarci e cercar d’identificare sulla nostra mappa determinate caratteristiche morfologiche che notiamo nel paesaggio. Vorremmo individuare, tra i vari sentieri, quello che alcuni amici ci hanno raccomandano d’intraprendere in quanto, attraversando le diverse creste, conduce alle caratteristiche rupi dell’Arcuenteddu (642 m.) e, dopo aver attraversato una foresta di lecci, culmina sulla chioma rocciosa dell’Arcuentu (784 m.), dove visiteremo il rudere di un castello medioevale. Coscienti d’esser ancora lontani dal luogo da cui partiremo, indicato sulla mappa precisamente 11Km. da Montevecchio, riprendiamo l’auto e proseguiamo fino a giungere allo sbocco in strada del sentiero in cui terminerà la nostra escursione (distante 8,3Km. dal paese). Si tratta di un pista che risale verso il monte e presenta un passaggio chiuso da un tunnel di rami.

Decidiamo di parcheggiare qui l’auto di Tonella in modo da poterla utilizzare come navetta al termine del percorso, evitando di fare a piedi l’inutile tratto d’asfalto (circa 5Km.), che riconduce al punto in cui dovremo lasciare l’auto di Vittorio per iniziare il trekking. Quindi sistemiamo tutti gli zaini sul fuoristrada e riprendiamo il viaggio. Dopo aver affrontato una serie di curve, troviamo sul lato destro della carreggiata un bivio da cui comincia una salita sterrata che percorriamo per circa 200m. La stradina, larga una corsia e delimitata da rete metallica su entrambi i lati, termina su uno slargo dove possiamo parcheggiare. Circa 100m. da noi si trova l’agriturismo di Sergio Sanna; mentre, proseguendo ancora sulla stessa stradina per altri 1,5Km. si arriva all’agriturismo “Marina di Arbus”. Lasciamo lo sterrato ed iniziamo l’escursione nel sentiero che si apre davanti a noi. Dopo una decina di metri troviamo una porta in rete metallica (classico sbarramento creato dai pastori per evitare che il bestiame esca dal proprio terreno).

Oltrepassato il cancelletto proseguiamo su una mulattiera che sovente presenta biforcazioni. Nella scelta ci atteniamo sempre alle vie che volgono a sinistra, spesso chiuse da reti metalliche che puntualmente scavalchiamo (la regola da seguire è quella di richiudere sempre il passaggio). Il sentiero risale un’altura (Cuccuru Abis), e conduce fino ad uno spiazzo erboso dove stanno pascolando indisturbate alcune mucche. Da qui possiamo osservare le lontane crespe disposte a schiera che dalla cima di Bruncu is Burras protendono verso destra, in direzione di Genna Limpia. Le opinioni sul procedere ancora sul medesimo sentiero sono un po discordanti in quanto tale pista, dopo una breve discesa, curva decisamente verso destra. Pare quindi orientarsi in direzione opposta rispetto a quanto intuitivamente potrebbe sembrare più logico. Infatti, le prime creste che vorremmo visitare si trovano sul lato opposto. Quindi ci fermiamo a consultare la nostra mappa cercando di orientarci meglio ed individuare la nostra attuale posizione.

Circa 200m. alla nostra sinistra, un livello inferiore rispetto al punto in cui stazioniamo, notiamo una collinetta dove potremo avere sicuramente una visuale migliore. Decidiamo di raggiungerla e giunti sulla sua sommità riusciamo ad identificare sulla cartina il nostro punto preciso. Da qui sono nettamente visibili anche una fila di muraglioni vulcanici, orientati verticalmente verso le crespe, accanto ai quali dovremo transitare. Quindi, discendiamo la valle portandoci verso il canalone di un torrente in secco che oltrepassiamo. Il sentiero verte ora in salita e dopo alcuni metri presenta una nuova rete metallica che ci accingiamo a superare. Dopo una ventina di metri transitiamo accanto ad un tubo nero in polietilene collegato ad una vasca d’acqua che troviamo poco più in alto. Le tracce da seguire pian piano svaniscono e procediamo su un terreno più impervio che per alcuni metri ci obbliga quasi ad arrampicarci, fino a trovar fronte a noi un fitto boschetto di arbusti e rovi. Ci apprestiamo ad attraversarlo, anche se non sempre è facile identificare la giusta via, in quanto quelle che paiono tracce transitabili spesso risultano impraticabili passaggi creati da animali e sovente terminano in tunnel rasenti al suolo.

Procediamo in fila indiana zigzagando tra i rovi fino a trovare l’uscita dalla macchia, circa 200m. più in basso dai muraglioni vulcanici. Nel frattempo il vento sta trasportando dal mare biancastre nuvole cariche di umidità decise a velare il sole. Raggiungiamo finalmente gli imponenti muraglioni, testimoni dell’ultima attività vulcanica manifestatasi 16 milioni di anni fa. Tali dicchi sono frutto della forza esercitata dal magma sulla roccia. In pratica i fluidi lavici andarono ad interporsi tra le fratture presenti nelle rocce, amalgamandosi col minerale. Di conseguenza alcune strutture meno resistenti all’azione lavica le troviamo incastonate sulle rocce stesse (disposte in lunghi avvallamenti), mentre altre, che risultarono maggiormente solidificate, furono sollevate da pressioni sismiche creando tali muraglie.

Restiamo incantati nel constatare come drastici eventi della natura possano creare monumenti architettonici di tale portata. Sembrano rievocare medievali baluardi eretti a difesa di un antico maniero, edificati ad arte per delimitare il perimetro da proteggere. Hanno una larghezza media di 1,70m. ed un’altezza che in certi punti misura oltre 4m. La loro sommità presenta tratti quasi livellati intervallati da pinnacoli che terminano a guglia. Sovente presentano fenditure laterali che, trapassando la roccia, lasciano intravedere il lato nascosto della vallata …ed è fantastico poter associare tali finestre a meravigliosi dipinti ove scrutare angoli boschivi magicamente celati. Non riusciamo a trattenerci dal poggiar le mani su queste pietre, connettendoci all’arcaica energia che emanano. Riprendiamo il cammino cercando un varco per scavalcare il muraglione e sposarci verso sud, in modo da raggiungere le cime. Dopo una breve discesa, cominciamo a risalire il versante superando ripidi e scivolosi lastricati, spesso esponendoci al dirupo sottostante. Per tal motivo ci teniamo il più possibile aderenti alla parete e, con l’ausilio delle braccia, ci arrampichiamo sui gradoni di roccia fino a giungere in uno spiazzo erboso ai piedi delle creste. I grandi macigni che contornano le sommità creano fantasiose forme, dalle più astruse a quelle che scolpiscono volti umani, tra le quali spicca il profilo di Napoleone.

In alcune aree l’erosione ha scavato la roccia creando delle cavità quasi concave, mettendo in risalto gli strati di minerale. Conquistiamo gli ultimi metri che ci separano dalla cima camminando sopra un lastricato roccioso, fino a raggiungere un valico posto tra due creste cinto a terrazzo da un cornicione. Innanzi a noi si apre una fantastica visuale che domina le campagne del Campidano. Mentre, osservando alle nostre spalle, l’orizzonte trascende le colline sfociando sul mare. Il sentiero sembra terminare qui (infatti il belvedere è sito sul ciglio del precipizio). Mentre consultiamo le carte per verificare il percorso, siamo assistiti da una telefonata di Adriano Ur. che ci conforta sulla correttezza dell’itinerario fin’ora osservato, offrendoci alcuni consigli sulla direzione da lui seguita in passato. Troviamo, quindi, un passaggio che prosegue discendendo il versante sud e, addentrandosi nella vegetazione, ci impegna a superare alcuni tunnel di frasche. Mentre risaliamo troviamo sul prato uno strano organismo che, per condivisa inclinazione subacquea, associamo ad un nudibranco.

Riacquistiamo quota e transitiamo accanto ad una recinzione in rete metallica (predisposta probabilmente per delimitare l’area di pascolo), sostituita poco più avanti da un muretto a secco che si congiunge ad una prossima cresta. Il sentiero discende ripidamente il costone transitando in un angusto corridoio scavato sulla roccia dall’acqua piovana, intervallato da lievi salti facilmente affrontabili. Dopo aver attraversato un passaggio tra gli arbusti, giungiamo difronte ad una cresta che presenta una grande roccia con un ampio incavo piramidale (base 3m., altezza 4m.), rientrante circa 1m., rivelando una superficie omogenea di pietrisco sferico. Si ha la netta impressione d’osservare un esclusivo bassorilievo! Orientiamo il nostro percorso di nuovo a sud, transitando a sinistra di tale conformazione e discendendo la parete rocciosa per raggiungere un terreno pianeggiante sormontato da un grandioso monolite che si erge verso il cielo. Proseguiamo su un comodo sentiero, passando a destra di una lunga recinzione metallica fino a trovarci fronte ad un fantastico promontorio, ideale per far qualche scatto fotografico.

Da qui la vista spazia libera fino alle Dune di Piscinas. Si raggiunge tramite uno stretto lembo di terra, delimitato su ambo i lati da un ripido scoscendimento. Riprendiamo il sentiero che verte in pendenza, transitando ai margini di una folta vegetazione, per poi risalire ripidamente verso le creste. Carlo e Vittorio cercano un agevole passaggio che ci permetta di passare sul versante opposto e procedere verso l’Arcuentu, ma l’unica soluzione per avanzare consiste nell’affrontare le rocce in arrampicata libera. Dopo aver scalato un tratto di costone roccioso giungiamo in un punto dove la pendenza della parete non consente di procedere oltre. Mentre sostiamo qualche attimo per fare il punto della situazione riusciamo ad individuare, una decina di metri sotto di noi, una probabile pista. Discendiamo alcuni gradoni fino alla traccia intravvista e procediamo a per circa 300m. nella vegetazione fino a raggiungere la base di nuovi rilievi. Carlo va in avanscoperta risalendo un ripido pendio in modo da raggiungere la cima ed orientare meglio il nostro cammino ma, a metà tragitto, ci avverte che il percorso risulta più impegnativo del previsto.

Pertanto la soluzione migliore è seguire la via che discende il versante transitando sotto un alto passaggio sotto roccia. Nel frattempo è iniziato a piovigginare, ma imperterriti indossiamo giubbino con cappuccio e continuiamo a camminare. Proseguiamo accostati alla parete fino a raggiungere un varco che curva su un tratto di boscaglia fino a risalire un’altura ove si apre la vallata sovrastata dall’Arcuenteddu. Quindi, discendiamo il terreno erboso che conduce alle pendici del roccione, ammirandone la maestosità e le caratteristiche tacche che lo cingono. Prima di riprendere la marcia cerchiamo un angolo riparato per consumare un frugale spuntino. Nel frattempo il maestrale sta rinforzando la sua intensità con l’intento di rallentare i nostri passi. Ma riprendiamo determinati il cammino perché contiamo d’aver ancora qualche ora di luce sufficiente per visitare l’Arcuentu. Purtroppo, mentre ci accingiamo a transitare ad ovest dell’Arcuenteddu, la nostra marcia è interrotta da una battuta di caccia grossa che si sta svolgendo proprio lungo la vallata.

Ci dobbiam soffermare molto più di qualche istante ad osservare le manovre e ad ascoltare i battitori (giubbotto giallo), che gridano a gran voce in modo da far scappare il cinghiale più a valle verso i cacciatori (giubbotto rosso). Interpelliamo i vicini cacciatori chiedendo cortesemente di poter passare ai limiti dell’area operativa. Fortunatamente la battuta sta volgendo al termine. Pertanto, ci è consentito transitare al patto di fare il minimo rumore. Mentre oltrepassiamo la zona di caccia ci rendiamo conto che l’Arcuentu è svanito in una fitta coltre di nubi. Inoltre, i tempi di luce che avevamo a disposizione sono ormai compromessi dal cielo coperto. Decidiamo quindi di non avventurarci e terminare qui l’esplorazione che comunque ci ha regalato tante emozioni. Pertanto intercettiamo il sentiero di rientro che, come previsto questa mattina, ci conduce esattamente all’auto di Tonella. Salutiamo l’Arcuentu con un arrivederci, perché val proprio la pena tornare a visitarlo.