Grotta delle Cinque Colonne


La Grotta delle Cinque Colonne, censita nel catasto speleologico della Regione Sardegna col n. 1381 Sa/Su, è ubicata sul monte Onixeddu e dista una ventina di minuti d'auto da Gonnesa. All'escursione speleo aderiamo in sette: Francesco Ballocco, Daniela Deiana, Vladimiro Inconis, Francesco Manca, Elisabetta Pititu, Michela Sanna e Adriano Urracci. Con i compagni del CISSA fissiamo l'appuntamento alle 9:00 a Gonnesa presso la locanda S'Anninnia. Dopo una celere colazione con cornetti appena sfornati ed un buon caffè, ripartiamo seguendo le indicazioni per Monte Onixeddu. Transitiamo dapprima nel boschetto dell'area mineraria, per poi proseguire tra i ruderi del villaggio dei minatori e costeggiare l'impianto di una discarica fino ai cancelli d'entrata. Fronte a tale ingresso volgiamo al monte imboccando uno sterrato contornato da pittoreschi precipizi che, inerpicandosi per mille metri, ci conduce rapidamente a quota 300 mslm. La strada termina su una breve radura ove possiamo parcheggiare le auto.
Una decina di metri più a nord è presente una parete con gallerie e saggi minerari segnalati da opportuni cartelli di pericolo. La grotta che dobbiamo esplorare si trova una trentina di metri ad ovest mimetizzata tra alcune rocce esposte al dirupo. Da quassù, mentre ci attrezziamo per l'esplorazione, possiamo gustare un invidiabile vista che spazia dal litorale di Plagemesu (oggi col mare increspato), alle colline antistanti Portoscuso disseminate da pale eoliche ...e si spinge ancor più in là, abbozzando l'azzurrognola altura di Monte Sirai ...per poi focalizzar lo sguardo sui limitrofi abitati di Gonnesa e Bacu Abis e la sinuosa morfologia delle verdi vallate ove alcuni ruderi son stati riconvertiti ad ovili.
Nonostante il sole estivo, la fresca brezza del maestrale ci consente d'indossare la tuta speleo senza grandi sacrifici. Tubolari in spalla, in qualche minuto raggiungiamo il punto d'accesso alla grotta che presenta un ingresso a pozzo. Per poter fare un po' di progressione didattica, incluso qualche frazionamento, decidiamo d'attrezzare due calate parallele utilizzando una coppia di corde da 50 metri.
Vladimiro si offre volontario per armare la prima calata. Senza alcun indugio gli consegniamo la cintura con tutti i moschettoni ed, a corredo, la sacchetta con dadi, anelli, placchette e quant'altro, nonché la sacca con la corda. Lui per un istante resta immobile con lo sguardo dubbioso, poi guardandoci ci chiede: "chi di voi si occuperà di attrezzare la seconda calata?". La domanda precipita nel vuoto perché stranamente siamo tutti distratti a guardare il paesaggio. Vista la sua insistenza cerchiamo di persuaderlo incoraggiandolo ad armare le due calate da solo. Cominciavano già a far tifo per lui quando Adriano, mosso da compassione, gli viene incontro offrendosi d'armare la seconda calata. Tutto ciò rientra nel goliardico humor di squadra che sta sempre in agguato, ma quando entriamo nel vivo delle attività la serietà è d'obbligo.
Vladimiro, assistito all'esterno da Michela, si accinge ad armare partendo con un nodo coniglio, per poi convogliare la corda (ove ci allongeremo) fino all'ingresso. Dopo qualche metro dall'attacco giunge all'imboccatura del pozzo e realizza il primo frazionamento. Poi si cala circa 2,5 metri e raggiunge un breve terrazzino scosceso, con calpestio in terriccio, ove allestisce il secondo frazionamento. Dopo un ulteriore tratto di circa 14 metri, che può percorrere con i piedi sempre poggiati in parete, crea il terzo frazionamento armandolo con un altro nodo coniglio. La calata prosegue sul vuoto con un salto di circa 6 metri e termina su un cumulo di terriccio solidificato a poca distanza da una piccola stalagmite. Nel frattempo Adriano si è calato fino al primo pianerottolo e sta armando la seconda calata che risulterà senza frazionamenti.
Dopo la "libera" mi accingo ad entrare nel pozzo. L'ingresso verticale ha spazi ridotti e non consente di tenere il tubolare in spalla, quindi lo aggancio al cosciale dell'imbrago e scendo sino al piano inferiore ove l'ambiente è un po' più ampio. Superato il frazionamento proseguo utilizzando la corda predisposta da Vladimiro e dopo un ulteriore frazionamento raggiungo il fondo. Mi trovo quasi al centro di un vasto salone ove fronte a me son disposte, una accanto all'altra, le cinque colonne oltre le quali è presente un andito che consente di osservarle a 360° in tutta la loro interezza. Alcune si elevano raggiugendo l'alto soffitto, altre son nettamente più basse.
Alla mia destra si nota un altro ambiente semichiuso con la volta nettamente bassa rispetto al salone principale. Invece, a sinistra è ben marcato un lungo livello che segna orizzontalmente la parete, prova evidente che in passato l'ambiente era sommerso dall'acqua.
Sceso dal cumulo di terriccio ove sono atterrato, raggiungo Vladimiro che mi mostra alcune ossa di animale. Nella stessa area, incastonati in terra e tra le pareti, rilevo con Daniela svariati gusci di lumaca solidificati e muffe con fantasiose forme. Tra i sassi son di casa i geotritoni e qualche julius. Son presenti anche grandi stalattiti a forma di orecchie d'elefante, sovente interessate da stillicidio. Con i compagni, ormai tutti in grotta, ci chiamiamo reciprocamente per condividere l'oggetto delle nostre personali esplorazioni.
Betty ed Adriano mi chiamano per farmi osservare delle particolari concrezioni. Mi dirigo verso loro transitando vicino al cumulo sul quale sono atterrato e rilevo un'area delimitata da sassi ove centralmente sono presenti altre ossa. Poi risalgo una scivolosa salitina e li raggiungo in un punto ove la volta è alta circa 2,5m. ed è ricca di piccole stalattiti e cannule. Mi fanno notare anche una meravigliosa aragonite che presenta un piccolo nucleo più scuro contornato da bianchissime piccole sfere, quasi fossero particelle che ruotano intorno all'atomo.
Nel frattempo Francesco Ballocco ha fissato la fotocamera sopra il treppiede ed è pronto per far qualche bella foto. Armati di luci le posizioniamo in punti strategici, regolando direzione ed intensità luminosa, fintanto che l'obiettivo della macchina non riesca ad immortalare lo scenario migliore. Giunta l'ora di andar via, c'è ancora il tempo per scattare qualche foto a 360°.