Ferrata Cabirol (giugno 2016)


Questa mattina è in programma l’escursione alla via ferrata Cabirol di Alghero. Ho l’appuntamento alle 6:00 ad Iglesias con Guido, col quale faremo il viaggio insieme. Verso le 7:30 alla stazione di servizio di Tramatza ci incontriamo con Valeria, Benedetta ed Annalisa che giungono da Cagliari. Subito dopo colazione riprendiamo il viaggio, concretizzando sono il strada che, essendo solo in cinque, avremmo potuto lasciare un auto al parcheggio del bar e viaggiare tutti insieme su un unica vettura. Procediamo ad una velocità moderata fino a giungere intorno alle 9:00 a Capo Caccia. Poco dopo giungono all’appuntamento anche Bea, Nicola e Roberto che hanno pernottato ad Alghero. Le condizioni meteo sono ottime e fino a tarda mattinata saremo riparati dal sole, in quanto la ferrata è disposta lungo alte pareti esposte ad ovest. Al parcheggio del belvedere, che volge fronte l’isola Foradada, ci son già tanti escursionisti che si preparano. Ci apprestiamo anche noi a metter casco ed imbrago e, carichi di energia, iniziamo a risalire lo spettacolare sentiero lungo il costone a strapiombo sul mare che conduce alla ferrata.

Noi tutti indossiamo fieramente le magliette con lo stemma del C.I.S.S.A., con la volontà di promuovere anche in terra algherese ed attestare l’appartenenza alla storica associazione speleo archeologica iglesiente. Siamo stra felici di fare questa esperienza ed affrontiamo con giusto spirito d’avventura il sentiero che conduce all’ingresso, indicato da sporadici omini in pietra. Verso la sommità del costone è presente una grande grotta (ben visibile anche dal parcheggio), oltrepassata la quale si trova un cartello con freccia indicante l’attacco della ferrata. La distanza percorsa fin qua è poco più di 200m. Da uno stretto passaggio tra le rocce giungiamo dentro una cavità rocciosa semicoperta dove è stato predisposto il cavo in acciaio che da inizio alla ferrata. Qui troviamo un cartello con la mappa indicante il punto esatto dove attualmente ci troviamo. Sul cartello, inoltre, son presenti quattro sezioni indicanti: 1) “attrezzatura”: il corretto equipaggiamento di cui dotarsi per affrontare la ferrata; 2) “assicurazione”: l’indicazione di progressione sulla via con l’utilizzo delle longe; 3) “alcune regole”: norme di sicurezza e comportamentali; 4) “l’ambiente”: il rispetto per la natura ed i luoghi che ci si appresta a visitare.

Il cartello termina informando che la ferrata è stata realizzata con fondi volontari dell’Associazione Segnavia; seguono la declinazione di responsabilità per danni personali, o verso terzi, derivanti da imperizia ed, infine, è stato evidenziato il numero di soccorso 118. Dalla mappa si osserva come la via si estenda a sud-est lungo la parete che conduce verso le Grotte di Nettuno, per poi salire in quota e percorrere un tragitto parallelo, verso nord-ovest, che conduce all’uscita. I primi ad aprire la pista siamo io e Valeria, seguiti da Roberto ed Annalisa, anche se durante la ferrata la sequenza dei posti sarà sempre diversa. Si comincia col scendere un dislivello tra le rocce, per giungere su una cengia dove, tra i rami di pini e di ginepri, si intravvede l’isola Foradada. Il sentiero prosegue costeggiando la parete costituita da scanalature orizzontali più o meno profonde. In alcuni tratti son presenti delle cavità più ampie, ispezionabili alcune in piedi, ed altre accovacciati, che comunque non hanno alcun proseguo.

Il panorama è spettacolare, proprio per il contrasto tra le pareti rocciose ed il mare. Mentre procediamo sulla via, s’imprimono tanti magici fotogrammi per le tante emozioni condivise con i compagni e viviamo istanti di sana allegria e felicità. Giunti in vista della scalinata del Cabirol che conduce alle grotte di Nettuno, la via prosegue con un’arrampicata verticale sulla nuda roccia. Diversi metri sotto noi, transitano battelli con turisti e gommoni con gruppi di subacquei. Anche se, considerata l’altezza, non siamo tanto identificabili, quando le gente che transita sul mare riesce a scorgerci nasce spontanea una reciproca sbracciata di saluto. La scalata offre passaggi mozzafiato ed il panorama che si gode è stupendo. Siamo così in alto che i gabbiani volteggiano diversi metri sotto noi. Più a sud si erge il promontorio dominato dal faro di Capo Caccia che, per l’altezza della scogliera (186m.), è il faro più alto d’Italia.

Terminiamo la scalata su un terrazzino dove approfittiamo per fare una breve sosta e per far passare un gruppo di ragazzi che ci seguiva a breve distanza. Da questo punto la via diventa un po più impegnativa ed i traversi son quasi tutti esposti in parete. Dopo circa tre ore raggiungiamo il luogo dov’è conservato il diario di ferrata. Poi, ripreso il cammino, discendiamo una decina di metri su una cengia sottostante dove troviamo un ampia cavità e scattiamo una fantastica foto con gli amici seduti sul ciglio del precipizio mentre alzano i moschettoni delle longe verso il cielo. Terminiamo la ferrata complessivamente in quattro ore.