Blog di Francesco Manca - 03/11/2019
Lo scorso mercoledì 30 ottobre, presso la nostra sede CISSA, si è svolto l'ultimo incontro didattico del corso speleo. Durante la lezione sono state spiegate le caratteristiche dei diversi materiali utilizzati nelle attrezzature speleologiche. Oggi, domenica 3 novembre, è in programma l'ultima uscita tecnico-formativa alla grotta Sa Crovassa de Pranu Pirastu (nota anche come Grotta Corovau, o Grotta San Michele), ove i corsisti avranno modo di mettere in pratica tutte le abilità acquisite durante le tre escursioni precedenti e gli allenamenti nella palestra di sede. Come di consueto, l'appuntamento al C.I.S.S.A. è fissato alle 8:30. All'escursione aderiamo in diciotto: Adriano U., Alberto M., Antonella P., Catia S., Betty P., Daniela D., Daniele L., Fabio D., Fabrizio P., Francesco B., Francesco M., Laura Z., Michela S., Riccardo M., Roberto M., Stefania P., Tore M., Vladimiro I. E' una classica mattinata autunnale, con cielo nuvoloso tendente a pioggia e temperatura abbordabile indossando un felpa.
Dopo aver preso dal magazzino corde, moschettoni e l'attrezzatura per i compagni, ci avviamo verso Musei per poi imboccare la strada che conduce all'uscita nord della Grotta di San Giovanni. Raggiunto il bivio della vecchia azienda avicola svoltiamo a destra e, dopo qualche centinaio di metri, troviam parcheggio lungo strada. Indossati tuta ed imbrago, volgiamo al monte col tubolare in spalla seguendo una labile traccia tra gli alberi fino a giungere, dopo 50m. d'erta e scivolosa salita, al pianoro che prelude la grotta. Sa Crovassa, identificata nel catasto speleologico regionale col n. 0084 Sa/Ci, è stata utilizzata fino alla metà del secolo scorso dalla Società Monteponi come miniera per l'estrazione di calamina e galena argentifera. L'accesso è molto ampio (5m. di larghezza x 9m. di altezza). All'entrata la nostra attenzione è catturata dai diversi moschettoni, cordini e rinvii sparsi sulla grande volta, lasciati appesi da chi pratica arrampicata libera.
Qualche metro oltre l'ingresso ci raduniamo nel breve spiazzo centrale dal quale diramano tre direzioni: 4m. sulla destra si apre una voragine con un salto di 19m.; mentre sulla sinistra, dopo una salita con dislivello di circa 3m., si giunge in un ambiente col calpestio quasi pianeggiante; infine, frontalmente si costeggia un lungo macigno squadrato, alto mediamente 1,70m., che termina con alcune rocce facilmente scavalcabili. L'obiettivo odierno non è tanto l'esplorazione della grotta, quanto il far pratica e familiarizzare con le attrezzature speleo. Pertanto, senza oltrepassare l'area limitrofa all'ingresso, restiamo focalizzati sugli specifici propositi per i quali siam giunti. Quindi, senza indugiare, ci mettiam subito all'opera. Francesco B. ed Adriano preparano un passamano assicurandolo ad un blocco di roccia levigata sita vicino all'ingresso e lo dispongono lungo il ciglio del dirupo fino ad un impervio piano roccioso addossato alla parete (ove poi ci caleremo).
Invece Riccardo, per far esercitare i corsisti con gli attrezzi speleo e testar le loro abilità prima della reale calata, predispone una corda su una ripida discenderia, con dislivello negativo di 3m. circa, che dalle rocce site nella sala superiore termina nel corridoio sottostante. Una seconda corda vien fissata poco più avanti, a 3,5m. d'altezza, sulla parete dello stesso corridoio. Nel frattempo, insieme a Tore, Alberto, Betty ed Antonella, ricontrolliamo gli imbraghi ai ragazzi ed offriamo suggerimenti per sistemare ed utilizzar meglio croll, maniglia e discensore, per poi adoperarci in differenti compiti. Io, dopo essermi allongiato all'armo che volge alla discenderia, assisto i nuovi compagni mentre si calano e risalgono con gli attrezzi speleo. Qualche metro da me, Betty offre medesima assistenza ai corsisti appesi sulla seconda corda, che implica un cambio attrezzi quasi sul vuoto. Nel frattempo, Francesco B., Adriano e Riccardo hanno terminato di predisporre sul pozzo due distinte corde, intermezzate da una terza dedicata a chi fornirà assistenza nel punto più esposto (sito poco più in alto di metà scarpata).
Prima di cominciare la calata, ognuno raggiunge la propria postazione operativa: Francesco, allongiato al primo armo, offrirà assistenza ai compagni che si predispongono al salto; Riccardo li attenderà al primo frazionamento ove, d'ausilio, son state fissate due scalette; Adriano è allongiato all'ultimo frazionamento (circa 4m. da terra), sul quale è agganciata la daisy chain; infine, Alberto garantirà sicura sul fondo. Per raggiungere l'armo di calata è necessario allongiarsi al corrimano e transitare qualche metro su una stretta cengia che, sul lato sinistro, risulta esposta al precipizio, mentre, sul lato destro, è bordata da una solida e lunga roccia, alta circa 1,90m. Si giunge, quindi, su un sicuro terrazzino contornato dalle rocce, ampio circa 2mq., ove possono sostare anche 3-4 persone. Poi, sempre con le longe sul corrimano, si transita su un breve passaggio aderente alla parete, avanzando su un liscio lembo roccioso, fino ad allongiarsi ai preposti moschettoni.
I primi ad affrontare il salto sono Roberto e Daniela, seguiti poco dopo da Daniele e Fabrizio e, pian piano, da tutti gli altri. Le calate procedono scorrevolmente in quanto tutti i compagni, utilizzando gli attrezzi correttamente, ricordano perfettamente ogni manovra. Nel frattempo, Betty sta fornendo assistenza a Tore che, utilizzando una corda assicurata alle rocce del corridoio, si sta calando su una solida colata prospiciente al pozzo per verificare lo stato di un anello e vagliare se utilizzarlo per un frazionamento o, per sicurezza, rimuoverlo. Invece, io faccio spola dalla roccia ove parte il corrimano, fino all'armo di calata, per controllare (anche se tutti sono bravi), che i ragazzi transitino sempre con entrambe le longe sul corrimano (con apertura del moschettone a vista) e, passando da una corda all'altra, sgancino e riaggancino una longe per volta.
Da quassù, affacciato sul ciglio del dirupo, posso notare minuscole e scintillanti luci muoversi in ordine sparso ...paiono quasi lucerne che, nel loro vagare, riescono sempre a rischiarar penombra... Sono i ragazzi che, in attesa di radunarci tutti insieme, perlustrano con le torce il vasto salone inferiore. Quando Francesco B. e Riccardo si danno il cambio alle postazioni, approfitto di una corda libera per calarmi. Dopo il primo frazionamento, al quale si arriva discendendo un tratto inclinato, la calata precipita a pozzo, consentendo di puntare quasi sempre i piedi in parete. Atterro a valle di un cumulo di sdrucciolevole terriccio in cima al quale son seduti i compagni. Pochi metri sopra me, Adriano controlla con la sua familiare quiete che le operazioni atte a superare l'ultimo frazionamento siano eseguite seguendo la corretta procedura.
Mentre Adriano assiste Laura (ultima a calarsi), ecco atterrar velocemente Ricardo che ha promesso di condurci in visita alla grotta. Quindi ci avviamo sul lato opposto a quello di calata, oltrepassando cumuli di terriccio e scalando una franata che rapidamente risale 3-4m. di dislivello. Giusto il tempo che Laura ci raggiunga e possiam cominciare l'avvincente esplorazione. Allegri e giulivi ci arrampichiamo su viscidi massi caoticamente disposti, transitando ai limiti di insidiosi anfratti e scansando profonde buche. Non è per nulla definito il sentiero da percorrere e si acquisisce consapevolezza che tutti possono cercar la corretta via. Siam, comunque, confortati dai raggi di luce che, filtrando dall'alto, riescono ad illuminare fin quaggiù i nostri passi. Eppur è così particolare questo quadro che risalta il contrasto tra luce e tenebra, tra il broccato verde della vegetazione e l'oscurità della grotta che cela i suoi meravigliosi colori fin quando non s'illumini.
Dopo aver disarrampicato alcune rocce, giungo in un atrio sbarrato da una colonna franata obliquamente. Daniela, Stefania e Michela richiamano la mia attenzione per farmi notare, sotto una nicchia, un ragno albino, o meglio, un bianchissimo ragno completamente congelato. Discendendo ancora qualche metro il percorso prosegue lungo una profonda fenditura ove, per transitare, è necessario impostarsi in acrobatiche posizioni, allungando le gambe sopra le rocce ed aggrappandosi alle fessure con la forza delle braccia. Riescono tutti ad esibirsi in esclusive performance, supportati dal tifo degli amici ed assistiti da Riccardo che si è posizionato nel punto più critico da superare. Procediamo, quindi, lungo una diaclasi che affianca l'imponente parete della grotta. Dopo una breve e scivolosa salita, transitiamo tra alcune strette rocce ed entriamo in una cavità oltre la quale si decide di far marcia indietro. Anziché riprendere il percorso a ritroso, ci arrampichiamo su un erto pendio che intercetta il tragitto precedente.
Da qui disarrampichiamo fino a giungere sul fondo dell'ampio salone ove terminiamo l'esplorazione. Mentre i compagni si avviano verso le corde di calata, volgo la mia attenzione verso un'altra colonna inclinata sorretta da un tronco di legno con le estremità a forcella. Nel frattempo Adriano ha ripreso ad assistere i ragazzi ed offre consigli sulle tecniche di risalita. Nel gruppo cresce spontaneo l'aiuto reciproco: mentre il compagno risale, viene assistito dall'amico che da terra tiene la corda tesa, in modo che la stessa possa scorrere fluidamente nel croll. Dopo che tutti son risaliti, io ed Adriano ci occupiamo di disarmare i frazionamenti. Poi, con Tore e Francesco B. recuperiamo le corde di calata e sciogliamo il corrimano riponendo il tutto nei tubolari. Ora possiam raggiungere i compagni che ci attendono per spuntinare. Stavolta non si può arrostire, perché fuori piove, ma riusciamo comunque a difenderci egregiamente con salumi, formaggi ed altre prelibatezze, il tutto condito con buon vino ed ultimato con i graditissimi amari di Roberto M.
Al termine della serata il nostro presidente Francesco Ballocco chiude lo stage speleo comunicando a tutti i compagni: "Bene, da oggi non vi chiameremo più "stagisti" ma soci a tutti gli effetti. Dal punto di vista del CISSA è andato tutto secondo piani ed obiettivi che ci eravamo prefissati, ossia avvicinare nuove persone alla nostra disciplina. Spero sia andato tutto anche secondo i vostri piani, che le aspettative siano state soddisfatte, almeno un poco...almeno. Cosa cambia adesso? Cambia che ancora dovremo "buttare uno sguardo" mentre passate i frazionamenti, o quando dovrete indossare le attrezzature, tre uscite in corda non bastano certo per diventare autonomi a tutti gli effetti....non offendetevi se ognuno dei "vecchi" vi "squadra" da testa a piedi. Cambia che la squadra lavorerà ancora per voi, ma anche voi inizierete a lavorare per la squadra, inizialmente con semplici cose per poi, pian piano, andare sempre oltre.... Probabilmente servirà un anno intero prima di riuscire ad andare per grotte in modo autonomo, ma non spaventatevi..... L'anno speleo corre velocissimo! Ci saranno anche alcune uscite dove qualcuno vi dirà che per quella volta non potrete partecipare. Anche in questo caso non dovete prenderla male, magari è un uscita dove nessuno può seguirvi, o magari è troppo rischiosa per il vostro livello di preparazione e potreste rischiare di farvi male, o far male a qualcuno. In ogni caso il programma di escursioni sarà talmente vario che c'è n'è per tutti i gusti e per tutte le difficoltà. Sfruttate la palestra e i soci che la frequentano. Si possono simulare tutte le situazioni.... Utilissima! Uscite più che potete, qualunque sia l'attività in programma: speleo, trek, ferrate, torrentismo ecc... Conoscerete meglio gli altri soci e loro conosceranno voi. Questo è un cardine fondamentale per fare una Squadra (S maiuscola) dove ognuno si fida del compagno."