Fossa de is Tres' Ogus (aprile 2024)

La "Fossa de is Tres' Ogus" è ubicata nell'area di Punta Genna Ruxitta (conglobata nel complesso di Punta Arbona), poco distante dall'area picnic Mamenga (San Benedetto - Iglesias). La grotta, censita col n. 1451 SA/SU nel catasto speleologico della Regione Sardegna, presenta uno sviluppo spaziale di 68m., ha un dislivello totale di 48 m. ed il fondo si raggiunge affrontando due salti, il primo da 22m. circa ed il secondo da 24m. circa. Domenica 7 aprile 2024, la nostra squadra speleo formata da Michela S., Vladimiro I., Francesco M., Tore M. e Nicola P., raggiunge l'area limitrofa alla grotta parcheggiando le auto nei pressi di una baracca diroccata. E' una giornata soleggiata con clima prettamente estivo (è consigliabile lasciare le auto in luogo ombreggiato per non ritrovarle, al rientro, calde come forni).
Dopo la vestizione e la foto di rito imbocchiamo un sentiero che transita accanto ad alcuni ruderi e risale una traccia nel bosco solcata dal passaggio di cinghiali. Proseguiamo un centinaio di metri e raggiungiamo la recinzione della Grotta n. 11 di Punta Arbona che sta nel percorso.
Andiamo avanti un'altra quarantina di metri e volgiamo verso destra per un breve tratto, aprendoci la via tra rami intrecciati, fino a giungere fronte l'ingresso.
Il luogo è tappezzato da muschio, rigogliose felci e tanti ciclamini primaverili, nonché qualche asparago. La grotta è stata, con probabilità, battezzata col nome "Tres' Ogus" in quanto sono presenti tre aperture più o meno tondeggianti, una accanto all'altra, che fanno pensare a tre occhi.
Dopo aver attentamente esaminato la conformazione dei tre fori, decidiamo di entrare in grotta optando per l'apertura di destra in quanto la corda sembra calare dritta senza ostacoli. Il foro posto a sinistra, invece, sempre facendo una stima e senza accedere, dopo un saltino di circa tre metri verte su un piccolo terrazzino con fogliame, rametti e pietrisco, però, per raggiungere il pozzo, bisognerebbe spostasi comunque a destra col pericolo di far precipitare qualche pietra. Infine, osserviamo l'apertura centrale che scartiamo a priori in quanto presenta un accesso difficoltoso e semicoperto da una roccia.
Ci prepariamo ad accedere convogliando la corda su alcuni tronchi d'albero e garantendo la sicurezza per la discesa con gli opportuni e canonici sistemi. Michela, designata ad armare, è la prima ad entrare portando con sé la bandoliera con i moschettoni ed il tubolare con la corda stessa. L'ingresso ha un diametro irregolare di circa 80cm. Dopo aver varcato la soglia, si può evitare di stare appesi subito sul vuoto sfruttando un piccolo spuntone roccioso, ubicato circa 1m. sotto l'ingresso, che permette di sostare in piedi.
La calata procede fluida, a centro pozzo, senza aderenze in parete. Dopo circa 6-7m., si intercetta una sala con apertura che si affaccia direttamente sul pozzo. L'antro risulta facilmente ispezionabile in quanto la corda, in questo tratto, fila ad una distanza di circa 50 cm. dall'imbocco. La saletta è interessata da una pozza d'acqua probabilmente a carattere alluvionale, considerata la breve profondità che intercorre con l'esterno.
Ripresa la calata, il diametro del pozzo si restringe per poi, quasi subito, allargarsi ampiamente a cono rovesciato. Senza aver predisposto ancora nessun frazionamento, si atterra su un fondo pietroso, disposto longitudinalmente, dal quale si può accedere a due differenti ambienti.
Il primo ambiente conduce alla calata del prossimo pozzo, mentre il secondo ambiente consta di un terrazzino sito ad un'altezza di circa 3m. che si raggiunge con una brevissima arrampicata sfruttando incavi e spuntoni presenti nel costone. Per scendere in sicurezza dal terrazzino è consigliabile predisporre una corda, ma, in alternativa, si può semplicemente disarrampicare.
Cominciamo subito ad ispezionare l'ambiente alla ricerca di fauna cavernicola. Alcuni compagni notano svolazzare un pipistrello senza, però, riuscire a fotografarlo. Munito di fotocamera raggiungo Michela che nel frattempo si è arrampicata sul terrazzino e sta ispezionando una pozza d'acqua contornata da bordi nerastri. Nella pozza rileviamo alcuni minuscoli stenasellus. Lungo la parete, dove son di casa le classiche grandi zanzare, son disposte altre pozze ed una serie di vaschette.
Lasciato il terrazzino ci spostiamo sull'altro lato del pozzo, nella parte che volge al secondo salto, ove rileviamo qualche geotritone. Come pianificato in precedenza, visto anche l'orario, decidiamo di interrompere l'esplorazione e continuarla la settimana successiva.
Oggi, sabato 13 aprile 2024, a distanza di una settimana, siamo tornati a "Tres' Ogus". La squadra CISSA odierna è composta da Adriano U., Michela S., Vladimiro I. e Francesco M.
Dopo essere scesi nel primo pozzo, ci arrampichiamo sul terrazzino per controllare la pozza con gli stenasellus. Quassù il tutto è contornato da particolari concrezioni: dalle orecchie di elefante che terminano a spirale, alle colate sospese a forma di cono gelato.
In un cantuccio, artistici speleotemi creano sculture che fanno volare la fantasia. Sul pavimento sono presenti delle bianchissime vaschette in formazione che precipitano a cascata sul fondo. Poco più in alto, sulla parete, rileviamo un bel grillo.
Ritornando sul fondo, Adriano mentre ispeziona tra le pietre rileva una tana di formiche rosse accanto ai resti di un roditore. Sotto altre pietre rileviamo diversi julius.
Nel frattempo, Miro predispone un corrimano sul quale allongiarci che ci accompagnerà in sicurezza dalla base del pozzo fino all'armo del salto di 24m. Infatti in questo ambiente alcune rocce, oltre ad essere scivolose, sono esposte al precipizio; inoltre per transitare è necessario scalare un gradone. La parete che sovrasta l'armo è impreziosita da una bellissima colata. Miro, dopo aver armato due distinti ancoraggi con nodo coniglio, comincia a calarsi. La corda fila centralmente al pozzo e risulta molto più vicina alla parete rispetto al salto precedente.
Giunti sul fondo riprendiamo l'esplorazione. Ci arrampichiamo su un ampio costone che conduce ad una nicchia ricca di stalattiti eccentriche e luccicanti aragoniti. In una pozza rileviamo un minuscolo stenasellus.
Nella parte opposta, ove è presente una ripida colata, rileviamo un coleottero.
Adriano attira la nostra attenzione verso un pavimento particolarmente inclinato, interessato precedentemente da una colata e poi sovrastato da un conglomerato di pietrisco bianco. Osservando con più attenzione notiamo ben delineate le due sezioni sovrapposte, la prima bianchissima, priva di asperità e la seconda più increspata, spessa circa 20cm., levigata grossolanamente con pietre d'acqua dolce. Par quasi che in un passato remoto un fiume abbia invaso il lato della grotta e, conseguentemente, il lungo ristagno delle acque, seguito poi dal lento defluire delle stesse, concluse l'opera in siffatta concrezione.
Continuiamo ad esplorare e rileviamo un teschio di una probabile capra
Mentre ci organizziamo per risalire cade l'occhio, quasi per caso, su alcune pietre che paiono dipinte a mano. Ne esaminiamo una in particolare sulla quale identifichiamo piantine di felci. Nel lasso di tempo di migliaia di anni, i colori e le sagome di queste piantine sono stati fissati sulla superficie della pietra. Tali preziose decorazioni, con tonalità che varia dal blu notte al verde scuro, esaltano l'esclusiva eleganza di questa pietra.
Pian piano risaliamo i due pozzi ed usciamo dalla grotta, per ritrovarci a condividere festosamente la vissuta esperienza al parco di Mamenga.

Altre foto delle due giornate esplorative a Tres'Ogus