Canyoning Codula Fuili


L’escursione a Codula Fuili, suggerita con particolare enfasi da Peppe alla nostra associazione C.I.S.S.A., è stata accolta con entusiasmo da tutti i compagni. Nonostante la ricca pianificazione presente in agenda, riusciamo a programmare l’uscita per questo fine settimana. L’escursione prevede la partenza odierna per Dorgali, con pernottamento al Cuile Mula, sito poco distante dal Canyon Gorropu; mentre il trekking con calata in corda lo faremo domani, attraversando una codula che sfocia nella meravigliosa Cala Fuili. Concordiamo di partire questo primo pomeriggio dal parcheggio di un supermercato di Iglesias. Giungo all’appuntamento alle 14:20 insieme a Stefania A. (nuova socia C.I.S.S.A., proveniente da S.Anna Arresi). Sul posto ci son già Guido, Alberto, Peppe, Roberto e Lisa. Poco dopo arrivano Francesco B., Betty, Alessandra, Riccardo, Tore, Roby B., Marta, Bea e Nicola. Mentre il gruppo di amici si accinge alla partenza, io ed Alberto passiamo a prendere Annalisa che ci aspetta ad Assemini. Dopo aver stracaricato l’auto di zaini, borse frigo, tende, caschi ed imbraghi, ci avviamo verso Abbasanta dove i compagni ci attendono presso una stazione di servizio.

Il sol fatto di rincontrarci, fuori dai luoghi canonici, scaturisce un reciproco scambio di sorrisi e fa trasparire una condivisa felicità. Anche i piccoli, grandi problemi del quotidiano sembrano appartenere ad un’altra dimensione, lungi dalle nostre menti, distanti chilometri da questo allegro stato d’animo. Dopo una pausa caffè, riprendiamo il viaggio tutti insieme, percorrendo i 100km. che ci separano da Dorgali. Facendo il punto sulla posizione delle nostre auto, troviamo in testa Peppe (che viaggia con Roberto e Lisa), seguito a poca distanza dalla festosa brigata capeggiata dal nostro presidente. Raggiungiamo Dorgali in circa 2:30 ore e ci dirigiamo verso la nostra meta odierna: il Cuile Mula. Quindi, imbocchiamo l’Orientale Sarda in direzione sud e, transitando accanto al bivio con la galleria per Cala Gonone, proseguiamo ancora 1Km. fino a trovare una deviazione a destra. La nuova strada, non più larga di una corsia e mezzo, si snoda tra alcuni tornanti entrando nella splendida vallata di Oddoene.

Per un buon tratto attraversiamo i bellissimi poderi dorgalesi ammirando gli ordinati filari di viti, dove il grappolo d’uva cresce ottimamente vicino al terreno, assorbendone carattere ed energia, confermando pienamente che un buon calice di Cannonau nasce con orgoglio da questa terra. Dopo aver percorso circa 10Km. di strada asfaltata, raggiungiamo un bivio con una freccia in legno indicante “Gorropu”. Proseguiamo in tale direzione percorrendo uno stretto sterrato dove il transito diventa difficoltoso, soprattutto incrociando vetture in senso contrario. Dopo circa 600m. raggiungiamo un chiosco con un ampio parcheggio dove, generalmente, si lascia l’auto per cominciare il trekking verso Gorropu. Da qui percorriamo 100m. di discesa fino al Rio Flumineddu che oltrepassiamo transitando sul ponte Sa Barva. Dopo 50m. troviamo un’altro bivio: a sinistra si va al Canyon Gorropu, mentre a destra, costeggiando il fiume 1Km. in direzione nord, si arriva alla nostra meta. Il Cuile Mula è ubicato 600m. a sud-est da monte Tundu (497 mslm) e 100m. ad ovest dal Rio Flumineddu. Si estende su un’area di 3.600m² sulla quale sono state edificate alcune strutture.

Vicino al cancelletto d’ingresso si trova un modesto stabile in muratura che funge da cambusa per appendere i prosciutti e conservare il vino. Tale locale, nei due lati prospicienti la strada, presenta un patio col tetto chiuso da travi in legno, tappezzato dalle foto dei tanti visitatori, sotto il quale ci sono panche e lunghi tavoli in legno dove vien servito il tradizionale “pranzo del pastore”. Adiacente alla struttura, disposto sempre fronte strada, si trova un bellissimo cuile, ampio circa 30m² ed alto 5m., utilizzato non solo per desinare, ma anche e soprattutto per pernottare. Dietro il cuile è stata predisposta un’area per arrostire, confinante con una piccola struttura col tetto in canne, sotto la quale è sistemato uno dei tanti tavoli presenti nell’area. Al fresco degli alberi è ubicato un grande frigo a pozzetto, con ante scorrevoli in vetro, che conserva in fresco bibite e vino. Qualche decina di metri verso sud pascolano cavalli ed asinelli. Mentre, volgendo alla montagna, c'è una struttura creata con tronchi fittamente incrociati e disposti in cerchio, adibita ad ovile per le capre.

Salendo ancora più in alto, si trova un’altro cuile, di dimensioni inferiori rispetto al primo citato, allestito internamente per ospitare eventuali escursionisti. Al nostro arrivo ci viene incontro Angelo(proprietario del Cuile Mula), che ci accoglie offrendoci un bel bicchiere di vino rosso e qualche acino d’uva lasciato macerare nel fil’e ferru. Sul posto troviamo anche altre persone, alcune sedute ai tavoli, altre in piedi che, salutandoci convivialmente, condividono il corposo buon vino. Poi, Angelo ci porge un tagliere con pecorino stagionato, che sempre col buon vino si accompagna! Inebriati dal piacere del palato e supportati da un’euforica allegria, alcuni dorgalesi si riuniscono in cerchio intonando “a tenore” alcuni mottetti. Peppe, affascinato dall’iniziativa, si unisce al gruppo integrando amichevolmente la folcloristica immagine. Nel frattempo, i compagni si sparpagliano nel podere per scoprire meglio questo luogo caratteristico. Ancor prima dell'ora a noi consueta comincia ad imbrunire. Infatti, ci troviamo ai piedi degli altopiani calcarei del Supramonte. Inoltre, questa vallata, confinata tra i monti è interessata da una notevole escursione termica.

Pertanto, mentre cerchiamo negli zaini qualche indumento da indossare sopra la maglietta sociale, cominciamo ad identificare il luogo ove dormire. Alcuni scelgono di montar la tenda, mentre io, insieme a Francesco B., Betty, Alessandra, Riccardo, Annalisa, Tore, Bea, Nicola, Roby B. e Marta, desideriamo passar la notte “in cricca” dentro il cuile. Allora, facciamo un sopralluogo per vedere come sistemarci. Per accedere al cuile dobbiamo abbassar la testa e varcare una piccola soglia, ampia circa 1,50m. d’altezza x 1,20m. di larghezza, oltre la quale troviamo alcune panche ed un tavolo che, per recuperare spazio, portiamo all’esterno. Nel frattempo, Tore allestisce l’impianto luci, sistemando cavi e lampadine sopra alcune mensole che scendono dall’alto soffitto. Ora che l’ambiente è ben illuminato, possiamo adagiare teli e stuoie, creando una base isolante su cui sistemare a raggiera i sacchi a pelo. I più organizzati sono Roby e Marta che gonfiano un grande e morbido materasso. Terminata la sistemazione della zona notte, cominciamo ad avvertire un certo languorino.

Pertanto, prendiamo dalle auto le borse frigo contenenti il cibo con l’idea di metterci ad arrostire. Però Angelo, in alternativa, ci propone una cena a base d’arrosto di maiale e pecora in cappotto. Non potendo rifiutare l’invito del padrone di casa, acconsentiamo. Quindi, ci rechiamo nel patio per accomodarci al tavolo, sedendoci accanto ad alcuni dorgalesi ed una coppia di simpatici savoiesi: Nicola e Caterina. Prima di mangiare, Angelo si assicura che ognuno abbia un bicchier di vino in mano, in modo da poter cominciare la cena brindando all’amicizia. Poi, si mangia, si beve, si ride, si scherza e si ride, si beve, si scherza, si mangia, ripetendo tali azioni in un euforico circolo vizioso. Fatto sta che, dopo che i francesi ci fanno sorseggiare il loro Genepì e, in tutta risposta, rispondiamo con mirto, limoncello ed abbardente, siam finiti a cantare la Marsigliese miscelata con Dimonios! Al termine della cena, gli amici dorgalesi rientrano alle loro case ed i savoiardi, dopo la bonne nuit, si ritirano nel loro camper. Resta ancora Angelo per salutarci ed avvertirci che la luce elettrica, alimentata col generatore a gasolio, a breve si spegnerà e dovremo utilizzare la torce.

Ma per noi speleo la notte è ancora giovane! Allora, perché non arrostire qualcosina? Nico e Roby si adoperano all’istante per riattizzare il fuoco e creare un po di brace. Poco dopo stiamo già arrostendo salsiccia e bistecche, il tutto accompagnato da pecorino e vino. Ci ripariamo dall’umidità notturna sotto il pergolato in canne, fianco al quale, salendo due gradini, si accede ad una struttura aperta che parrebbe una cucina esterna; l’ipotesi è avallata da una pentola ancora tiepida contenente patate bollite, utilizzate per cucinare la pecora in capotto. Dopo esserci saziati a sufficienza, ognuno si avvia verso il proprio giaciglio. Entrati nel cuile, ci sistemiamo al calduccio del sacco a pelo. Poi, spenta l’ultima torcia, ci assopiamo, conferendo ai sogni le belle emozioni della giornata. La sveglia squilla alle 7:30, facendoci subito destare per riorganizzare gli zaini e controllare l’attrezzatura per l’imminente trekking. Dopo colazione lasciamo il Cuile Mula e ci avviamo verso Fuili. Percorriamo a ritroso la medesima strada di ieri, dirigendoci verso Cala Gonone.

Attraversata la galleria, dopo 3,6Km. voltiamo a destra sulla strada per Nuraghe Mannu, Ghivine, Buchi Arta. In questo punto il gruppo si divide: Francesco B, Alessandra, Riccardo, Roby B., Marta e Lisa, andranno direttamente in spiaggia a godersi una giornata di sole; mentre io, Betty, Annalisa, Alberto, Bea, Nicola, Tore, Peppe, Roberto, Guido e Stefania, proseguiremo verso il punto della codula in cui partiremo per il trekking. Quindi, proseguiamo lungo la strada panoramica che contempla verdi vallate intervallate dal bianco delle rocce calcaree. Ma il nostro sguardo volge fino all’orizzonte per conquistar anche l’azzurro del mare. Dopo 4,5Km., giunti ad una biforcazione, imbocchiamo la strada di sinistra, in direzione Buchi Arta (mentre, continuando dritti, si andrebbe verso Ghivine). Procediamo per altri 400m. percorrendo una discesa alberata che conduce ad un ponte, ma prima di varcarlo cerchiamo parcheggio, in quanto siam giunti al punto d’attacco prescelto. Codula Fuili è un canyon fossile; pertanto, in qualsiasi periodo dell’ anno, non troveremo scorrimento d’acqua.

Si snoda per 3Km. in un magnifico scenario di rocce calcaree, presentando diversi salti, quattro dei quali superabili con calata in corda (il più importante è alto 22m.), e si conclude in una meravigliosa caletta di ciottoli che sfocia nel mare. Considerando che la nostra squadra odierna si compone di undici persone, prevediamo d’attraversare la codula in circa quattro ore. Scavalcato il guard rail, scendiamo dal ponte sul greto del torrente in secca e cominciamo a percorrere il chilometro d’avvicinamento che porta al 1°salto. Procediamo verso nord-est, seguendo il naturale solco creato in passato dall’acqua, camminando con passo agevole su ciottoli e ghiaia e scavalcando qualche radice tra sporadici massi. Più avanti le pietre diventano sempre più grosse, fino a diventare macigni che ostacolano la via e, per oltrepassarli, è necessario aggirarli, o scendere a scivolo su rocce levigate. Stefania, con ritmo sostenuto, si pone subito in testa seguita da Peppe, Alberto, Tore e Guido. Il resto del gruppo osserva un’andatura più tranquilla, ideale per far foto ed ammirare la rigogliosa natura circostante.

Giunti al 1°salto, indossati casco ed imbrago, predisponiamo longe e discensore per la calata. Peppe, prima di andare avanti, col ricordo di un recente incidente occorso ad un compagno, promulga la totale abolizione delle fettucce, promuovendo esclusivamente l’utilizzo di longe fatte in corda. Sulla roccia troviamo fissati alcuni anelli in acciaio sui quali assicurare la corda. Per avvicinarci all’area esposta al salto è stato predisposto un pezzo di catena a cui allongiarci. Inaugura la calata Peppe che, dopo 6m. di discesa verticale, raggiunge un terrazzino ampio circa 4x5m., con piano uniforme di ciottoli, che volge ad un prossimo salto. Mentre si prepara per effettuare anche il successivo salto, Peppe decide di fermarsi per controllare che tutti possano calarsi senza problemi. Pertanto, si offre per far sicura agli amici. Guido, come di consueto, controlla che ogni compagno, anche se esperto, prima di esporsi sia già allongiato ed abbia correttamente montato la corda sul discensore. L’ultimo a scendere è Tore che ci propone una delle sue brillanti calate. Poi, lasciando la corda ancorata ai medesimi anelli, riprendiamo a calarci nel salto successivo.

Per velocizzare l’andatura decidiamo di scendere, anziché singolarmente in corda doppia, in coppia su corda singola. Proseguiamo lungo la codula che pian piano inizia a restringersi, offrendo passaggi non più larghi di 2-3m. Nei tratti in cui la discesa risulta impegnativa, ma non particolarmente ardua, troviamo ancorati sulla roccia degli spezzoni di corda sufficientemente lunghi per oltrepassare il salto ed intervallati da alcuni nodi per poterci mantenere agevolmente. Poi, transitiamo in un corridoio in cui le alte pareti fanno filtrare poca luce, rendendo l’ambiente quasi in penombra. Qui troviamo il salto più spettacolare. Per poterci avvicinare partiamo da un sicuro terrazzino e camminiamo per circa 5m. sopra un lembo di roccia che orla il precipizio. Mentre avanziamo, ci allongiamo ad un cavo in acciaio fissato sulla roccia, disposto orizzontalmente fino alla corda di calata. Peppe si propone d’assistere ai compagni, restando allongiato sulla roccia più prossima alla calata. Invece, Betty offre utili consigli su come disporsi al salto, rinfrancando coloro che, con animo sensibile, più si emozionano innanzi all’attraente fascino della spettacolare verticale.

Il salto termina in un ambiente semichiuso tra alte pareti, con un piano uniformemente pietroso, ampio circa 15x6m. E’ permesso proseguire solo scavalcando alcuni massi accatastati che creano un varco tra le rocce. Transitiamo il tratto in semioscurità effettuando una lieve curva a sinistra, giungendo su un terrazzino aperto che volge ad un nuovo salto. Ci accingiamo, quindi, ad effettuare la nuova ed ultima calata, facendo passare con priorità alcuni compagni che, senza attenderci, termineranno il trekking ed andranno a recuperare le auto lasciate a monte. A chiudere il gruppo restiamo io, Betty, Tore, Annalisa, Peppe e Stefania. Il salto, alto circa 6m., termina in piano e conduce in un tratto dove le pareti laterali son tra loro così vicine da poterle toccare contemporaneamente allargando le braccia. Poco più avanti, sospeso circa un metro dal suolo, troviamo un macigno incastrato tra le rocce che superiamo strisciando nell’angusta intercapedine. Procediamo ancora qualche metro ed usciamo dalle alte strettoie rocciose.

Quindi proseguiamo all’aperto su un sentiero contornato da oleandri che, col i loro intricati rami, ci obbligano spesso a seguire un percorso tortuoso. Ormai la cala non dista più di 500m. Mentre ci avviciniamo, notiamo tantissimi climber che si arrampicano sulle pareti. Si tratta soprattutto di ragazzi stranieri che, per tale sport, nutrono una grande passione, spesso coinvolgendo tutta la famiglia, bimbi compresi. Nel sentiero ci accompagnano anche tante caprette che, saltando in ogni dove, si arrampicano tra rocce e cespugli. Finalmente arriviamo nella magnifica cala che vanta una spiaggia di ciottoli finemente levigati. Incontriamo per prima Lisa, seduta all’ombra, vicino agli zaini dei compagni; poi Bea, che prende il sole sul bagnasciuga. Quindi, ci spogliamo velocemente dell’attrezzatura e, indossato il costume, ci tuffiamo in mare per una nuotata rigenerante. Poco dopo ci raggiungono anche i nostri compagni che, nel frattempo, hanno portato le auto vicino alla cala. Prima di andar via, restiamo ancora un poco insieme, seduti in cerchio a sgranocchiare le ultime cibarie e ricordare qualche simpatico episodio vissuto in questi giorni. Concludiamo la giornata soddisfatti per la bella esperienza condivisa con tutti gli amici di questo meraviglioso gruppo.